La libertà di Israele
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Cari amici,
voglio darvi oggi una notizia senza dubbio per voi non nuova: Israele è la sola democrazia del Medio Oriente. E’ una cosa evidente, ma il punto è che non lo dico io, non lo diciamo noi, ma lo attesta di nuovo nel suo ultimo rapporto un istituto americano dedicato da settant’anni al monitoraggio della democrazia, la Freedom House, che si vanta di essere bipartisan (trovate qui la sua storia: https://freedomhouse.org/content/our-history )
ma da quel che dice su Trunp e il “pericolo del populismo” ha senza dubbio una matrice piuttosto di sinistra.
Come racconta il Jerusalem Post, “Israele rimane l'unico paese “libero” nel Medio Oriente, ottenendo 80 punti su una scala da 0 a 100.
Si confronta favorevolmente con i paesi “parzialmente liberi” nella regione come la Turchia (38), la Giordania (37) e Kuwait (36), e con i paesi ritenuti "non liberi" dall’organizzazione: Iraq (27), Iran (17), Arabia Saudita (10) e Siria (-1).”
Per confronto, l’Italia ottiene 89 punti, come la Polonia e gli Usa; la Gran Bretagna 95 , come la Germania, il Brasile 79 e l’Argentina 82. La Russia ha 20 punti, la Cina 15, il Venezuela 30. Il 45% della popolazione mondiale vive in stati “liberi”, il 30% in stati “parzialmente liberi”, il 25 in stati “non liberi” Trovate tutti questi dati e i relativi commenti qui: https://freedomhouse.org/report/freedom-world/freedom-world-2017 . Se cliccate sul territorio di un paese in questa carta geografica trovate i dati relativi.
Vi invito guardare con attenzione questa carta geografica. Vi è un’evidente asimmetria: I paesi liberi occupano soprattutto l’Europa, le Americhe e l’Australia; L’immenso spazio centrale del mondo, la massa continentale afroasiatica è costituita quasi esclusivamente da paesi non liberi o parzialmente liberi.
Guardate la linea immaginaria lunga poco meno di 20 mila chilometri che congiunge Dakar, all’estremo occidente dell’Africa, allo Stretto di Bering, il punto più orientale della Asia.
Intorno, su quella massa continentale, ci sono poco meno di un centinaio di stati. Di questi sono classificati “liberi” il Senegal (78) il Benin (82), la Tunisia (78), Namimbia (77), Botswana (72), Sud Africa (78), India (77), Mongolia (85), Giappone (96). E Israele, naturalmente.
Ignorando l’Europa, che comunque è distante (Roma è a 2000 chilometri a Nordovest), lo stato libero più vicino a Israele è la non molto rilevante Tunisia, 2000 chilometri più a Ovest. Ignorando altri stati africani che certo mancano di peso politico internazionale, il prossimo altro stato libero importante è l’India a 3000 km a Sudest (ma sul piano dei trasporti la distanza è molto più grande per l’impossibilità per gli aerei israeliani di sorvolare buona parte dei paesi musulmani).
Questo piccolo sguardo alla carta geografica permette due considerazioni, una strategica e una politica. Sul piano strategico, Israele è permanentemente in pericolo, quali che siano le sue politiche, fino che i suoi vicini sono oppressi da dittature. E’ un fatto empirico che i regimi non liberi sono più propensi alle guerre degli stati democratici, per la semplice ragione che queste guerre in uno stato democratico devono essere approvate dai cittadini che poi ne pagheranno i costi e anche perché l’indicazione di un nemico esterno è spesso necessaria per distrarre l’attenzione popolare dall’oppressione interna. Se a queste ragioni generale si aggiunge l’ideologia islamista, intollerante di altre religioni e di popoli autonomi, e la piccolezza di Israele rispetto ai suoi vicini nemici è facile capire il perché dell’aggressione continua che esso subisce dalla sua nascita.
Sul piano politico si vede la solitudine di Israele, che per regime politico, stile di vita (innanzitututto libertà delle donne), attitudine alla scienza, alla tecnologia, all’industria, creatività artistica e letteraria, si lega molto meglio allo spazio europeo e americano, diciamo occidentale e atlantico, che a quello autoritario oppressivo e poco propenso all’innovazione che mette insieme l’Islam e i paesi comunisti ed ex (siano influenzati da una cultura tribale, dal confucianesimo, dal cesaropapismo bizantino), con cui si trova a condividere il suo grande spazio geopolitico.
La sfortuna ha voluto che almeno negli ultimi dieci o vent’anni, per antisemitismo, terzomondismo, interesse o semplicemente per pulsione suicida, l’Europa e gli Stati Uniti hanno respinto il fratello Israele, spesso più intraprendente e di successo di loro stessi, e abbracciato i nemici islamici e dittatoriali.
Gli storici del futuro se ne chiederanno certamente la ragione.
Per ora noi possiamo consolarci col fatto che questa tendenza sembra oggi arrestarsi e perfino tornare indietro. Grazie a Trump e al “populismo” vituperati dai “progressisti” nemici di Israele e della libertà.
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