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Informazione Corretta Rassegna Stampa
04.02.2017 Perché il mondo arabo non sostiene gli arabi palestinesi
Analisi di Mordechai Kedar

Testata: Informazione Corretta
Data: 04 febbraio 2017
Pagina: 1
Autore: Mordechai Kedar
Titolo: «Perché il mondo arabo non sostiene gli arabi palestinesi»

Perché il mondo arabo non sostiene gli arabi palestinesi
Analisi di Mordechai Kedar

(Traduzione dall’ebraico di Rochel Sylvetsky, versione italiana di Yehudit Weisz)

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Vorrei iniziare questo articolo con alcune domande precise:
- Perché il mondo arabo non compie uno sforzo decisivo per liberare la “Palestina”dagli ebrei e darla agli arabi palestinesi?
- Come mai la maggior parte del mondo arabo non ha riconosciuto il diritto di Israele a esistere, si fa gli affari suoi, nonostante il fatto che due grandi Paesi, Egitto e Giordania, abbiano fatto la pace con Israele?
- Perché non boicotta questi due Paesi, fatta eccezione per il breve periodo durante il quale l'Egitto è stato estromesso dalla Lega Araba?
- Perché il mondo arabo non ha intrapreso una guerra totale contro Israele negli ultimi 44 anni a partire dal 1973?
- Perché gli iracheni hanno espulso i palestinesi dall’Iraq dopo la caduta di Saddam Hussein nel 2003?
- Perché il governo egiziano non ha mai sostenuto i palestinesi di Gaza? E’ solo una lotta politica contro Hamas o c’è qualcosa di più profondo?
- Perché tutte le parti in conflitto, in Siria - Assad, Hezbollah, i ribelli, lo Stato Islamico – si comportano con tanta crudeltà nei confronti dei palestinesi che vivono nei campi profughi in Siria?
- Perché gli arabi continuano a costringere i palestinesi a vivere nei campi profughi?
- Perché, nel corso degli ultimi 68 anni, i Paesi arabi, ad eccezione della Giordania, non hanno concesso la cittadinanza ai profughi che vivono all’interno dei loro confini ?

Queste sono solo alcune delle numerose domande che si potrebbero formulare riguardo all’avversione dei Paesi arabi e del popolo arabo in genere nei confronti dei cosiddetti “palestinesi”, nonostante i soliti slogan di “unità araba” e “solidarietà araba”. L
’unica spiegazione esaustiva è che l’atteggiamento del mondo arabo verso i “palestinesi” è il risultato di alcuni sentimenti negativi profondamente radicati, che nessuno è disposto a rivelare, e ancor meno discuterne.

In primis è assolutamente proibito dire che gli stessi palestinesi sono i responsabili di tutte le sofferenze imputate a Israele. La realtà è che non erano riusciti a vincere le guerre che avrebbero potuto liberarli dai sionisti ben prima del 14 maggio 1948 (quando Israele ha annunciato la nascita dello Stato ebraico). Perché? Perché non sono stati uniti, perché erano disorganizzati, perché alcuni di loro non parteciparono alla lotta e altri avevano persino collaborato con i sionisti.

Il secondo sentimento negativo si basa sul fatto ben noto, che molti arabi palestinesi avevano venduto terre agli ebrei già prima del 1948 e hanno continuato a farlo in seguito, compresi i terreni in Giudea e Samaria, dopo che Israele aveva “occupato” quelle aree con la Guerra dei Sei Giorni del 1967. Gli arabi palestinesi avevano venduto terreni agli ebrei per miliardi, portato i soldi fuori dal Paese, alcuni di loro avevano depositato le loro ricchezze in conti bancari svizzeri numerati, ed ora, piagnucolando, chiedono al mondo arabo di liberare le loro “terre rubate”. Questo è particolarmente evidente a Gerusalemme, la città in cui i residenti arabi avevano venduto terreni, case e appartamenti agli ebrei e ora si lamentano della “giudeizzazione di Gerusalemme”.

Un altro motivo delle ire del mondo arabo è la figura di Arafat. Il suo sostegno all’invasione irachena del Kuwait sotto il regime di Saddam Hussein del 1990, causò l’espulsione di molte migliaia di lavoratori palestinesi dall’industria petrolifera del Kuwait. Tutti poi sapevano bene che Arafat portava sempre la divisa militare perché le sue numerose tasche contenevano foglietti con i nomi di coloro nelle cui mani aveva riposto le ricevute dei milioni prelevati dal denaro destinato agli aiuti. Il giorno in cui Arafat morì, tutti divennero istantaneamente milionari, anche se nessuno è a conoscenza dell’ammontare totale.

Una terza spiacevole sensazione deriva dal fatto che questi stessi palestinesi hanno guadagnato ingenti somme di denaro lavorando per costruire case nelle comunità ebraiche fin dal 1948, sia all’interno della ”linea verde” (linee armistiziali del 1949) che nei cosiddetti “territori occupati” post-1967. Sono stati loro ad aver letteralmente costruito lo Stato di Israele. Arabi palestinesi lavorano nelle industrie fondate dagli ebrei, acquistano i prodotti fabbricati da loro stessi, contribuendo all’espansione dell’ economica israeliana nei “territori occupati”.

 Una quarta sensazione negativa nei confronti dei palestinesi è la consapevolezza da parte del mondo arabo che l’ONU ha sempre aiutato fin dal 1948, per lo più attraverso l’UNRWA, i “profughi palestinesi” concedendo loro fondi assai più generosamente di quanto veniva stato dato a tutti gli altri rifugiati - in Siria, Sudan, Giordania, Iraq e Turchia – messi assieme. Molti arabi ritengono che i palestinesi usino l’estorsione per ricattare le coscienze a livello internazionale e ottenere enormi finanziamenti con la scusa che le loro risorse finanziarie non sono sufficienti, per cui non rimane abbastanza denaro per i veri rifugiati, quelli dalla Siria o dall’Iraq, per esempio, che hanno un disperato bisogno di aiuti dalle Nazioni Unite .

La quinta sensazione di disagio nei confronti dei palestinesi è emersa a inizio del 2011, quando è scoppiata la “Primavera araba” che ha deposto i regimi di Mubarak in Egitto, Gheddafi in Libia, Saleh nello Yemen e fa ancora traballare il governo di Assad. Molti arabi prevedevano che i palestinesi avrebbero approfittato di questi eventi per iniziare una vera e propria rivolta che si sarebbe sbarazzata dell’ “occupazione” israeliana. Ma questo non si è verificato. I palestinesi hanno placidamente guardato i loro fratelli arabi che fluivano nelle strade, riempivano le piazze, dimostravano pubblicamente e abbattevano poteri stabilizzati. Hanno guardato tranquillamente gli eventi sui teleschermi sgranocchiando semi di girasole, l’equivalente del pop corn in Medio Oriente, ma non hanno mosso un dito.

L’uomo arabo della strada si chiede: cosa stanno aspettando i Palestinesi? Che Israele diventi più forte? Che il mondo arabo diventi più debole e ancora più conflittuale? E, peggio ancora, nel mondo arabo c'è la sensazione che i palestinesi preferiscano andare avanti con l’“occupazione” da parte di Israele, perché se continua ad esistere, hanno tanto da guadagnarci, soprattutto economicamente.
In conclusione, l’immagine dei palestinesi nei media arabi si è screditata a un livello incredibile e senza precedenti. Oggi non c’è un solo Paese arabo che voglia correre dei rischi combattendo per loro. E non mi stupirei se altri Paesi arabi (Marocco, Tunisia e gli Emirati, per esempio) in un prossimo futuro, riconoscessero Israele, anche in assenza di un accordo negoziato tra Israele e i palestinesi.

Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
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