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La Stampa - Il Foglio Rassegna Stampa
03.02.2017 Berkeley: libertà di parola impedita
Cronaca di Paolo Mastrolilli, commento del Foglio

Testata:La Stampa - Il Foglio
Autore: Paolo Mastrolilli - la redazione del Foglio
Titolo: «Berkeley torna ribelle, scontri e proteste. Trump: vi tolgo i fondi - Le barricate contro il gay trumpiano»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 03/02/2017, a pag. 15, con il titolo "Berkeley torna ribelle, scontri e proteste. Trump: vi tolgo i fondi", la cronaca di Paolo Mastrolilli; dal FOGLIO, a pag. 3, l'editoriale "Le barricate contro il gay trumpiano".

I fatti di Berkeley sono un esempio di libertà di parola impedita con la violenza da parte di chi non tollera la libertà di parola, espressione di una mentalità dittatoriale. Bene ha fatto Trump a minacciare di bloccare i fondi a una università dove non c'è confronto e libertà di espressione.

A destra: Milo Yiannopoulos

Ecco gli articoli:

LA STAMPA - Paolo Mastrolilli: "Berkeley torna ribelle, scontri e proteste. Trump: vi tolgo i fondi"

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Paolo Mastrolilli

Vetri rotti, incendi, lanci di pietre e gas lacrimogeni. Le scene delle proteste esplose mercoledì sera all’università di Berkeley sembrano prese dagli anni Sessanta, ma forse anticipano quello che ci aspetta negli Stati Uniti durante l’era del presidente Trump.

Mike Wright, responsabile del gruppo Berkeley College Republicans, aveva invitato a parlare Milo Yiannopoulos, direttore digitale del sito Breitbart, da cui viene Steve Bannon, principale consigliere del nuovo capo della Casa Bianca. Milo si descrive come un «provocatore libertario, gay, sostenitore di Trump», e stava tenendo una serie di conferenze nelle università americane intitolata il «Dangerous Faggot Tour», cioè il tour del «finocchio pericoloso». Durante la campagna presidenziale Yiannopoulos era stato uno degli alleati più agguerriti del candidato repubblicano, al punto che Twitter lo aveva bandito per la campagna di odio scatenata contro l’attrice del film «Ghostbusters» Leslie Jones. Un centinaio di studenti e professori avevano scritto una lettera al chancellor di Berkeley, Nicholas Dirks, chiedendo di annullare il suo evento perché «nonostante siamo strenuamente contrari ai suoi punti di vista, cioè il sostegno della supremazia bianca, la fobia dei transgender e la misoginia, è la sua condotta che mettiamo in discussione». Dirks però aveva risposto che «la Costituzione proibisce a Berkeley, come istituzione pubblica, di vietare la libera espressione sulla base dei suoi contenuti, anche quando questi punti di vista sono odiosi e discriminatori».

Due ore prima che l’evento cominciasse, gli studenti hanno iniziato a protestare. In breve, le manifestazioni sono diventate violente. Le strade intorno all’università hanno preso fuoco, letteralmente, e la polizia ha evacuato Milo, annullando così il suo discorso nel campus di Mario Savio e del Free Speech Movement. Yiannopoulos ne ha subito approfittato, per accusare i liberal di essere intolleranti: «Una cosa è certa: la sinistra è assolutamente terrorizzata dalla libertà di espressione, e farà letteralmente qualunque cosa per zittirla». Quindi ha aggiunto che Berkeley è «un campus liberal, dove odiano i libertari e i conservatori che si azzardano ad esprimere le loro opinioni. Io non gli piaccio in maniera particolare. Alcune persone non erano d’accordo con me, ma erano venute per ascoltarmi. Non hanno potuto farlo per la violenza della sinistra».

Il giorno dopo, lo stesso presidente Trump è corso a sostenerlo, via Twitter: «Se Berkeley non consente la libertà di espressione e pratica la violenza contro persone innocenti che hanno un punto di vista differente, niente fondi federali?». In sostanza, il capo della Casa Bianca ha minacciato di togliere i finanziamenti statali, che pagano oltre la metà delle spese dell’università vicina a San Francisco.

Nei mesi scorsi, anche Obama aveva criticato l’eccesso di correttezza politica nei college, che finiva per tappare la bocca al dissenso e alle opinioni diverse da quelle dominanti dei liberal. L’ex presidente aveva detto che questo fenomeno è dannoso, perché mette a rischio la libertà di espressione, mentre gli studenti dovrebbero imparare a contrastare le idee sbagliate con argomenti solidi, non con il bavaglio. Nel caso di Milo l’accusa è quella di sfidare la correttezza politica solo per provocare e diffondere l’odio, ma gli scontri di Berkeley vanno anche oltre questo aspetto specifico. Qualche giorno fa, lo scrittore Paul Auster ci ha detto che le proteste modello anni Sessanta torneranno, come forma di resistenza a Trump, e questo forse è solo il simbolico inizio in un luogo che aveva fatto la storia della contestazione americana.

IL FOGLIO: "Le barricate contro il gay trumpiano"

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Violenze a Berkeley

Se l’Università di Berkeley non permette l’esercizio della libertà di parola e usa la violenza contro persone innocenti che hanno punti di vista differenti – NO FONDI FEDERALI?”. Questo è il tweet che ha postato ieri il presidente americano, Donald Trump, intervenendo con i suoi modi molto spicci nella vicenda che coinvolge Milo Yiannopoulos, uno degli editor più noti, irriverenti, controversi e riconoscibili della galassia legata al sito Breitbart. Milo era stato invitato dai Berkeley College Republicans a parlare mercoledì nell’ateneo californiano, all’interno del suo “Faggot Tour”, il “tour del frocio pericoloso” (Milo è gay), ma sono montate le proteste, al punto che l’università, via Twitter, ha annunciato la cancellazione dell’evento. Un episodio simile – l’invito e poi la cancellazione dell’evento – era accaduto un mese fa all’Università della California Davis.

Mentre interveniva la polizia antisommossa, Milo ha scritto su Facebook di essere stato fatto uscire dal campus in seguito “alle barricate di manifestanti violenti di sinistra, che hanno acceso fuochi, tirato pietre e petardi alle finestre sfondando i pavimenti di alcune stanze”. Le proteste, secondo Milo, dimostrano che “la sinistra è assolutamente terrorizzata dalla libertà di parola ed è disposta letteralmente a tutto pur di sopprimerla”. Trump insinua la possibilità di rivedere i fondi federali all’università (nel 2015-2016 sono stati pari a 370 milioni di dollari) per fare emergere una questione culturale rilevante. L’ateneo più liberal del pianeta vieta a un omosessuale di parlare, perché è un omosessuale trumpiano: nessuno protesta, senza accorgersi che è proprio questa contraddizione che Milo vuole fare emergere, e infatti poi ieri è esplosa.

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