Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 02/02/2017, a pag. 11, con il titolo "Israele smantella Amona: ' E' un insediamento illegale' ", la cronaca di Ariel David; dalla REPUBBLICA, a pag. 26, con il titolo "L'ultima battaglia dei Giovani delle Colline", il commento di Alberto Stabile.
A destra: Amona
Israele, a differenza di tutti i Paesi arabi e musulmani circostanti, è uno Stato di diritto in cui la legge è uguale per tutti e vige la separazione dei poteri. Per questo il potere politico deve rispettare le decisioni della Corte Suprema in ogni caso, anche quando si tratta di uno sgombero come quello di Amona.
La cronaca di Ariel David è equilibrata mentre il commento di Alberto Stabile utilizza un tono fazioso, e soprattutto ritiene che la posizione di coloro che, tra gli israeliani, si oppongono a ogni costo agli sgomberi, sia decisiva per lo stallo del processo di pace. Questo è falso: se la pace non viene raggiunta è per via dell'educazione all'odio, dell'indottrinamento di massa e dell'estremismo della parte palestinese. Alberto Stabile lo ignora, come sempre.
Nessuno dei due riporta la dichiarazione di Netanyahu " ricostruiremo Amona da un'altra parte". Una omissione che impedisce al lettore di conoscere appieno la decisione del governo.
Ecco gli articoli:
LA STAMPA - Ariel David: "Israele smantella Amona: ' E' un insediamento illegale' "
Ariel David
Circa 3000 tra poliziotti e militari israeliani hanno sgomberato l’insediamento illegale di Amona, una cinquantina di prefabbricati e container sparsi su questa collina della Cisgiordania, ma sono stati costretti a scontrarsi con la dura resistenza delle 42 famiglie di residenti, sostenute da centinaia di giovani militanti dell’ultradestra religiosa giunti da tutta Israele. Alcuni hanno bloccato le strade con barricate e cassonetti incendiati e lanciato pietre contro le forze dell’ordine, tra cui si contano 20 feriti lievi. Almeno tredici gli arresti tra i contestatori. La maggior parte dei dimoranti ha però scelto la via della resistenza passiva, incatenandosi l’uno all’altro all’interno delle abitazioni, tra preghiere, canti e inviti ai poliziotti a disobbedire agli ordini perché «gli ebrei non espellono altri ebrei». I poliziotti hanno usato le tenaglie per slegare i residenti, per poi trascinarli di peso, uno ad uno, verso gli autobus in attesa fuori dall’insediamento.
Il lento sgombero è stato seguito in diretta da tutte le principali televisioni e ha fatto rivivere a Israele il trauma collettivo dell’evacuazione degli insediamenti nella Striscia di Gaza nel 2005. La polizia ha voluto evitare il ripetersi delle violenze del 2006, quando la demolizione di alcune case di Amona provocò duri scontri e circa 300 feriti. Questa volta, le forze dell’ordine si sono presentate disarmate, indossando giacche a vento e cappellini invece di caschi e tenute antisommossa.
Costruito dal 1995 su terreni agricoli appartenenti a privati palestinesi, Amona è un avamposto del vicino insediamento di Ofra, nel cuore della Cisgiordania, a pochi chilometri da Ramallah. Lo sgombero arriva a più di 2 anni dalla decisione della Corte Suprema che ne ha sancito l’illegittimità malgrado diversi tentativi da parte del governo di ritardare ancora l’evacuazione o trasferire gli abitanti su terreni vicini. «Sono 20 anni che aspetto questo momento», dice Ibrahim Yacoub, abitante del villaggio palestinese di Ein Yabrud e proprietario di uno dei terreni. «Quel terreno appartiene alla mia famiglia da un secolo, non vedo l’ora di tornare a coltivarlo». Tra i manifestanti ancora asserragliati ad Amona ci sono diversi esponenti della maggioranza di governo. Betzalel Smotrich, parlamentare di Habayit Hayehudi (La Casa Ebraica), ha paragonato lo sgombero a uno «stupro», suscitando lo sdegno dell’opposizione. E mentre il ministro della Difesa Avigdor Lieberman invitava a «rispettare le regole del gioco» ed evitare violenze, il ministro dell’Istruzione Naftali Bennett, leader di Habayit Hayehudi, definiva «eroi» gli abitanti di Amona e prometteva che la loro resistenza avrebbe portato all’annessione di tutta la Cisgiordania.
Il «movimento dei coloni» il cui appoggio è fondamentale per il governo Netanyahu, può infatti consolarsi della sconfitta con l’autorizzazione, annunciata alla vigilia dell’evacuazione di Amona, alla costruzione di 3.000 nuove abitazioni in vari insediamenti della Cisgiordania. Il governo sta anche lavorando per l’approvazione in Parlamento di una legge che permetterebbe allo Stato di espropriare i terreni su cui sono stati costruiti almeno 16 insediamenti illegali, che sarebbero così regolarizzati retroattivamente.
LA REPUBBLICA - Alberto Stabile: "L'ultima battaglia dei Giovani delle Colline"
Alberto Stabile
Forze di sicurezza israeliane al lavoro per lo sgombero di Amona
ADOLESCENTI con sulla testa la kippà colorata degli ebrei ultra-nazionalisti che gettano pietre e liquidi irritanti contro i poliziotti israeliani che li affrontano a mani nude; altri giovani, abbracciati l’uno all’altro, per non farsi trascinare via, che urlano insulti feroci alle forze dell’ordine, «criminali», e scandiscono slogan che non si sentivano urlare da quando Sharon, nel 2005 ordinò il ritiro dagli insediamenti del Gush Katif, nella Striscia di Gaza: «Un ebreo non caccia un altro ebreo dalla sua casa». Neanche se si tratta di far rispettare una decisione dell’Alta Corte. E neanche se la causa che ha provocato la decisione dei giudici si trascina da vent’anni. Niente da fare, per i “Giovani delle Colline”, come vengono chiamate queste avanguardie dell’estrema destra nazionalista e messianica nulla può, nè deve impedire la colonizzazione della Terra dei Padri. Il sogno di realizzare la Grande Israele, dal fiume Giordano al Mare, tutto comprende e di nulla può fare a meno.
Neanche di un piccolo “avamposto” come Amona, 40 case abitate da 300 persone, su una collina una ventina di chilometri a Nord di Ramallah, messo in piedi su terreni privati palestinesi. E allora per Amona vale la pena di combattere. Ma non è la prima volta che succede. Gli scontri esplosi ieri, sebbene con minore intensità, hanno avuto un preludio ben più grave nel 2006, il primo di febbraio, esattamente 11 anni fa. E non è detto che non debba succedere ancora, visto che, secondo il movimento pacifista israeliano Peace Now, la Cisgiordania è popolata da 134 insediamenti legali e 97 “avamposti”, vale a dire insediamenti in nuce in attesa di essere legalizzati, sorti su terreni di proprietà palestinese. Ma questa è una distinzione che i coloni messianici non accettano. Ma se il campo di battaglia è lo stesso, undici anni dopo, le differenze sono notevoli. Stavolta i coloni accorsi come nel 2006 da altri insediamenti a dare manforte hanno trovato una rete di posti di blocco che li ha fermati. La polizia per non cadere nell’accusa di uso eccessivo della forza, s’è presentata a mani nude e indossando delle sgargianti magliette azzurre.
Ciononostante 16 agenti sono stati feriti, mentre non ci sono notizie di feriti tra i dimostranti. Ma la differenza maggiore con il 2006 consiste nel fatto che adesso i dirigenti dei coloni siedono al governo e intendono profittare della battaglia di Amona per ottenere ben più che la legalizzazione di una quarantina di case. Già quello che viene considerato come il loro leader politico, il ministro della Pubblica Istruzione, Naftali Bennett, ha fatto sapere che porterà avanti la legge per l’annessione della Cisgiordania, trovando ascolto sia dal premier Netanyahu che dal ministro della Difesa, Liebermann. I quali, dopo aver nei giorni scorsi dato il via libera alla costruzione di 2500 nuove abitazioni nei Territori, e di altre 566 a Gerusalemme Est, hanno annunciato l’approvazione di altre 3000 nuove “unità abitative”. Perché, come ha detto Liebermann con Trump alla Casa Bianca, «la vita in Giudea e Samaria ( i nomi biblici della Cisgiordania, n.d.r.) è tornata nella normalità»”. E il processo di pace può continuare a marcire.
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