Riprendiamo da LIBERO di oggi, 31/01/2017, a pag. 9, con il titolo "Strage in Canada. E danno la colpa a Trump", l'analisi di Carlo Panella.
Il commento di Carlo Panella è una felice eccezione su tg e giornali di oggi, quesi tutti un coro contro il 'cattivo' Trump. I fatti si sono svolti diversamente, ma i fatti non contano per chi ha come unico obiettivo non la lotta agli stati che diffondono il terrorismo, ma Trump che lo combatte. Distorcere i fatti, è una specialità dei buonisti, salvo poi versare qualche lacrima a stragi compiute.
Carlo Panella
Il luogo dell'attentato a Quebec City
Un nuovo Breivik, il fanatico norvegese di estrema destra che nel 2011 uccise 80 giovani? Uno spostato “all’americana”? Ma perché allora un testimone ha dichiarato a Radio Canada che il terrorista, mentre sparava ad alzo zero, urlava “Allah o’ Akbar!” sia pure con un marcato accento franco-canadese? La confusione sulla dinamica e soprattutto sulle ragioni della strage nella moschea di Quebec City spinge la polizia canadese ad una inusuale avarizia nella ricostruzione dei fatti. L’unica certezza ufficiale è che “si è trattato di un atto di terrorismo”.
Null’altro. E’ dunque solo chiaro e appurato che alle 20 di domenica, ora locale, un individuo armato e mascherato è entrato nella moschea di Quebec City, dove una cinquantina di fedeli era riunita dopo la preghiera serale, e ha iniziato a sparare su di loro uccidendone subito sei, incluso l’Imam della moschea, e ferendone otto, cinque gravemente. E’ anche agli atti che mesi fa davanti alla porta della moschea era stato lasciata –a mo’ di sfregio- una testa di maiale mozzata con la frase “Buon appetito!”. La polizia ha subito fermato un giovane marocchino di seconda generazione (ma non si sa di quale nazionalità di provenienza), Ahmed Khebir, che in un primo tempo pareva essere stato arrestato, ma che, invece, pare sia stato ascoltato solo come testimone e poi rilasciato Poi, le ricostruzioni, che danno il segno di una disorganizzazione degli inquirenti canadesi degna della polizia belga, si fanno confuse: pare infatti che poche decine di minuti dopo la strage, il 911, il numero dell’emergenza stradale canadese, abbia ricevuto la telefonata di Alexandre Bissonnette, di 27 anni –studente di antropologia della vicina università di Laval- che si trovava in quel momento a 25 chilometri dalla moschea, sulla strada che porta all’Île d’Orleans.
Secondo le notizie di cui dispone Le Journal du Quebec, Bissonnette avrebbe dichiarato al telefono di essersi “pentito” della strage e avrebbe deciso di costituirsi. Subito raggiunto da una volante della polizia, è stato arrestato. Secondo l’emittente Tva, la polizia avrebbe trovato nella sua auto un Kalashnikov A-47. L’unico certezza è che la polizia non aveva nessun riscontro precedente né su Bissonnette, né su Khebir e che brancola nel buio –come francamente ammette- quanto al movente della strage. Il solo riscontro fattuale riguarda la postazione Facebook di Bissonnette –subito oscurata dalla polizia postale- nella quale si dichiarava ammiratore di Marine Le Pen, di Donald Trump e del senatore Mc Cain. Simpatie “destrorse” che non depongono certo a favore della matrice jihadista o islamica del gesto, ma che non spiegano per nulla quel grido di “Allah o Akhbar!” udito da un testimone. A meno che questi abbia avuto un illusione acustica. O forse quel grido c’è stato davvero, come fosse il sigillo d’obbligo ad ogni strage insensata, una sorta di “brand” dell’orrore. Tanto basta però perché sulla Rete Trump sia indicato come mandante morale della strage.
Classico delirio del politically correct. Va detto che il Canada non è abituato ad essere target di stragi, anche se il 22 ottobre 2014, un immigrato algerino Michael Zehef-Bibeau, è riuscito a penetrare addirittura nel Parlamento di Ottawa sparando all’impazzata e facendo due vittime e nell’agosto scorso la polizia dell’Ontario ha ucciso un canadese convertito, Aaron Driver, nome di battaglia Harun Abdurahman, che stava preparando un attentato. Il premier canadese Justin Trudeau, ieri mattina ha condannato “la violenza senza senso dell’attentato terrorista contro i musulmani . La diversità è la nostra forza e la tolleranza religiosa è un valore che, come canadesi, abbiamo caro”.
Va notato che poche ore prima della strage, lo stesso Trudeau aveva dichiarato su Twitter che il Canada avrebbe offerto un soggiorno temporaneo a tutti i richiedenti asilo dei paesi posti sotto embargo da Donald Trump: "Dico a coloro che scappano da persecuzione, terrore e guerra: i canadesi vi accoglieranno, a prescindere dalla vostra fede. La diversità è la nostra forza Contemporaneamente, il ministro dell'immigrazione, il somalo-canadese Ahmed Hussen, ha assicurato ogni aiuto ai richiedenti asilo diretti negli Stati Uniti ma bloccati nel suo paese dall’embargo di Trump: “Vorrei rassicurare coloro che sono bloccati in Canada che userò la mia autorità di ministro per fornire loro residenza temporanea se ne avranno bisogno, così come abbiamo fatto in passato". C’è un legame tra queste posizioni e le motivazioni della strage? E’ presto per affermarlo.
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