Riprendiamo da SHALOM di gennaio 2017, a pag.19, con il titolo "Per difendere Israele recuperiamo la parola Hasbarà", il commento di Angelo Pezzana
Angelo Pezzana
Ci fu un tempo, non molti anni fa, in cui pronunciare la parola “hasbarà” (informazione) era giudicato sconveniente, sapeva di ‘propaganda’, mentre le speranze di tutti erano puntate sul ‘nuovo Medio Oriente’, la pace sembrava apparire all’orizzonte, Israele andava declinato su altri livelli. La parola sostitutiva divenne ‘public diplomacy’, suonava bene, cancellava i toni polemici, non più argomenti a cui controbattere, si stava entrando nel tempo tanto atteso, Israele poteva finalmente essere raccontato per quello che era, Israel hayaffà, la bella Israele, innovazione, cultura,diritti civili, scienza, progresso. Non più guerre, sicurezza e difesa lasciavano spazio a collaborazione. La speranza divenne però illusione, l’accordo sul quale si erano appuntate tante speranze, si tramutò in ciò che era sempre stato, dissimulazione, parole in inglese in pubblico, in arabo quelle vere, che vedevano in Israele l’entità sionista da eliminare. Entità sionista, l’aggettivo che si credeva pronto per essere archiviato, per aver svolto la sua funzione storica, riappariva in tutta la sua dimensione, invece di collocarlo nella memoria collettiva, ritornava attuale. 120 anni fa, nel 1897, Theodor Herzl, durante il primo congresso sionista, dichiarava “ A Basilea ho fondato lo Stato ebraico”, parole profetiche, che oggi vale la pena di ricordare per capire come il sionismo debba essere non solo rivalutato, ma usato quale arma politica per spiegare Israele. L’antisemitismo, che nella giornata della memoria ogni anno viene condannato praticamente da tutti, purtroppo è più vivo che mai, nella nuova veste “antisionista”. Gli ebrei uccisi nella Shoah – anche se il negazionismo trova ancora proseliti – sono ricordati con rimpianto e commozione, ma quello che avvenne in quegli anni si sta cancellando nella memoria, può anche diventare oggetto di critiche. “ se ne parla troppo, adesso basta, il passato è passato, è l’ora della riconciliazione…” quante volte abbiamo sento e letto queste parole? A cui va aggiunto l’antisionismo, che ha sostituito l’odio verso gli ebrei con l’odio contro Israele,nella certezza di evitare l’accusa di antisemitismo. “Critico la politica di un governo, sarà pur lecito”, una affermazione che trova molti consensi, che sarebbero molti meno se solo se ne analizzasse la provenienza. Le accuse contro Israele, non importa il colore politico del governo, sono l’esatta riproposizione dell’antigiudaismo classico, gli israeliani si macchiano degli stessi crimini che nei secoli passati venivano attribuiti agli ebrei: avvelenatori di pozzi, uccisori di bambini (arabi, non più cristiani) per poterne usare il sangue nell’impasto delle azzime ecc. Attribuite oggi a Israele, con poche variazioni, non da fanatici antisemiti, ma da intellettuali, politici, sindacalisti, giornalisti europei, i quali non possono non conoscere come stanno veramente le cose, è che hanno trovato il modo per esprimere il loro odio verso gli ebrei evitando l’etichetta di antisemita. Quasi la metà dei nostri concittadini europei, rispondendo a un sondaggio, ritiene che Israele si comporta con i palestinesi come il nazismo fece con gli ebrei. Ecco spiegato perché il BDS rafforza le proprie radici. Torniamo allora alla dismessa “hasbarà”, facciamo ‘conoscere’ la realtà di Israele rintuzzando le menzogne che le vengono lanciate contro. Il tempo della “public diplomacy” -in versione unica - verrà, questo è certo, non sappiamo però quando. Nell’attesa armiamoci di argomenti sionisti e partiamo.