Riprendiamo dall' OSSERVATORE ROMANO di oggi, 26/01/2017, a pag. 3, l'articolo "Alta tensione tra Israele e Gaza".
OR pubblica il quotidiano articolo contro Israele. Nessuna menzogna palese, ma il tono complessivo dell'articolo disinforma, il doppio standard di giudizio sta nei dettagli.
L'esordio del pezzo è emblematico di questo genere di disinformazione: "Tensione tra Israele e Gaza. Un carro armato israeliano ha sparato ieri sera diversi colpi contro la striscia di Gaza controllata da Hamas in risposta a un attacco palestinese". Nonostante nella realtà sia avvenuto - come sempre - prima l'attacco dei terroristi e solo dopo la risposta israeliana, la cronaca di OR inverte i due fatti, in modo da porre l'accento sull'azione israeliana e sminuire quella di Hamas.
Ecco la breve:
Doppio standard
Tensione tra Israele e Gaza. Un carro armato israeliano ha sparato ieri sera diversi colpi contro la striscia di Gaza controllata da Hamas in risposta a un attacco palestinese. Lo ha reso noto l'esercito israeliano, precisando che «colpi erano stati sparati verso le truppe israeliane impegnate in attività di routine vicino al confine con la porzione meridionale della striscia di Gaza». Di conseguenza, un carro armato «ha bersagliato una postazione di Hamas» nel sud dell'enclave costiera. Hamas ha confermato che tre carri israeliani hanno sparato contro «un posto d'osservazione» vicino al campo profughi di Al Maghazi, senza causare vittime.
L'episodio rischia ora di far salire ulteriormente la tensione, in un momento delicatissimo. Pochi giorni fa Hamas ha annunciato reazioni nel caso in cui l'amministrazione Trump dovesse decidere di spostare la sede dell'ambasciata statunitense in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme. C'è poi la questione degli insediamenti ebraici in Cisgiordania: ieri il governo ha annunciato 2500 nuove case — ben più degli annunci iniziali — in diverse aree. A due giorni dal colloquio con il presidente statunitense, Donald Trump, il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha così dato seguito alla volontà del suo governo di «continuare a costruire» in Cisgiordania. Una mossa che ha subito innescato la protesta dei palestinesi: Nabil Abu Rudeina, portavoce del presidente Mahmud Abbas, ha bollato la decisione come «una provocazione e una sfida alla comunità internazionale», ammonendo su possibili conseguenze.
«La scelta — ha spiegato il portavoce — ostacolerà qualsiasi tentativo di ripristinare la sicurezza e la stabilità, e promuoverà l'estremismo e il terrorismo ponendo ostacoli a qualsiasi mezzo di una parte per arrivare alla pace e alla sicurezza». I nuovi alloggi — come ha spiegato il ministero della difesa presieduto da Avigdor Lieberman — sorgeranno in gran parte negli attuali blocchi ebraici in Cisgiordania, come Ariel o Givat Zeev vicino Gerusalemme, ma altri fuori da questi. Circa cento nell'insediamento di Beit El, a nord di Gerusalemme, e altri nei dintorni di Migron, non lontano anche questo dalla città. Per oltre goo nuovi alloggi è stato dato il via libero immediato; per gli altri oltre i600 si è ancora nella fase di pianificazione.
Netanyahu ha sottolineato ai membri del suo governo che «tutta la questione delle costruzioni deve essere presa in coordinamento con la nuova leadership americana, evitando sorprese» che possano mettere in crisi le nuove relazioni tra i due paesi. Il ministro Lieberman ha invece giustificato la decisione delle nuove costruzioni con la necessità di venire incontro «alla domanda dei bisogni abitativi». Sulla questione degli insediamenti, è intervenuto anche il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, sottolineando che «non c'è un piano B rispetto alla soluzione dei due stati. C'è bisogno che le due parti si impegnino in un negoziato condotto in buona fede per raggiungere l'obiettivo dei due stati, Israele e Palestina, due stati per due popoli».
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