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Il movimento BDS è in difficoltà? (Traduzione dall'ebraico di Rochel Sylvetsky, versione italiana di Yehudit Weisz)
Per molto tempo il movimento sembrava relegato ai margini e la sua influenza era scarsa. Ma nel corso degli ultimi due anni, soprattutto dopo l’Operazione militare “Scudo protettivo” a Gaza e la conseguente pubblicità negativa, il movimento ha incrementato le propria attività, le donazioni sono cresciute in modo significativo così come anche il numero dei volontari. Il successo dell’organizzazione è stato particolarmente evidente nei campus universitari nord americani, canadesi ed europei, per il gran numero di musulmani e arabi iscritti in quelle università e per il fatto che attualmente va di moda mettere tutto nel calderone dei diritti umani (fintanto che non stiamo parlando di ebrei, è così), in aggiunta al tradizionale antisemitismo e al considerare Israele uno Stato illegittimo, fuorilegge e un pericolo per la pace mondiale. Lo Stato di Israele, gli ebrei ed i sostenitori di Israele in tutto il mondo, si sono resi conto di quale sia il vero obiettivo del BDS ed hanno deciso di combatterlo. Il governo di Israele ha persino istituito quadri ufficiali e stanziato fondi per questa lotta. Le attività anti-BDS si articolano su diversi livelli e in vari luoghi, dove Israele ha raccolto significativi successi. Un esempio: quindici Stati degli USA hanno approvato delle leggi contro le aziende che boicottano Israele, anche in Canada sono state approvate leggi simili e in Europa ci sono state iniziative in questo senso. La domanda è: chi controllerà che queste leggi vengano applicate? e in che modo? Nonostante la crescente attività del movimento BDS e i suoi vari successi, molti artisti si sono rifiutati di annullare le loro esibizioni in Israele, perché hanno ritenuto che era sbagliato collegare l’arte con la politica o l’arte con problemi legati al nazionalismo. Per la maggior parte delle forze economiche che decidono di investire in Israele, da un punto di vista puramente finanziario, è un bene per i loro bilanci ; non troncano il loro rapporto con Israele, perché ciò che conta per loro è il profitto e quindi ignorano quei problemi che esulano dalle loro attività economiche. Il principale sito web palestinese, Donia Al Watan, ha pubblicato un articolo in cui si afferma che a Boston, lo scorso novembre, il suggerimento di boicottare Israele era stato messo all’ordine del giorno della conferenza annuale, nonostante il fatto che l’organizzazione MESA avesse molti membri israeliani che giudicavano questa azione un fatto negativo. Opponendosi al boicottaggio, hanno sostenuto che vi sono paesi arabi - non solo l’Egitto e la Giordania - che hanno relazioni con Israele, per cui dove era la logica nel boicottaggio da parte di un’organizzazione accademica internazionale? Anche gli americani e gli europei hanno sostenuto che Israele è uno Stato legittimo, dunque il boicottaggio è irragionevole e al massimo dovrebbero essere boicottate le comunità e le aziende in Giudea e Samaria. Un altro problema che il BDS deve affrontare è la classica accusa secondo cui ciò che motiva i suoi attivisti sono l’antisionismo e l’odio verso gli ebrei solo perché ebrei, anche se non prendono parte alla politica di Israele. E’ difficile per gli attivisti del BDS negarlo, e appare particolarmente vero quando sono i musulmani o i membri arabi del movimento ad essere accusati di questi pregiudizi; è un’accusa fastidiosa perché essere etichettato come antisemita, nel senso di essere anti-ebreo, è ancora giudicato negativamente in Europa e Nord America. Stiamo assistendo al lento declino del BDS? Forse, ma è troppo presto per riposare sugli allori. Un’operazione a Gaza, una guerra con Hezbollah o una conflagrazione più grande in Giudea e Samaria ( molti pensano sia solo una questione di tempo) possono facilmente immettere sangue nuovo nelle arterie invecchiate del movimento. Israele deve estendere, ampliare e approfondire i suoi sforzi di informazione contro il BDS, in modo che si rafforzi fra ebrei e non ebrei la sensazione della giustezza delle sue ragioni. Israele deve realizzare un notiziario online ufficiale, in inglese e in altre lingue straniere,-non una grande spesa rispetto ai canali satellitari- e iniziare a trasmettere non-stop notizie e commenti su quanto sta accadendo, questo al fine di portare il mondo a rendersi conto di non essere responsabile per quanto avviene nella regione, per la violenza tribale interetnica che sta lacerando il Medio Oriente, trasformando quelle popolazioni in vittime e rifugiati. Per anni Israele ha trascurato l’importanza della diplomazia pubblica, ovvero l’ informazione -quella che una volta si chiamava hasbarà- mettendola nelle mani di persone la cui agenda politica, sociale e culturale rispecchia gli errori di coloro che hanno firmato i deliranti “Accordi di Oslo”: il liberalismo, il secolarismo, e un tentativo di firmare trattati con i nostri nemici anche se non portano una vera pace; questa si ottiene invece solo se gli arabi e i musulmani accettano il nostro diritto di vivere in uno Stato, di cui la nostra storica ed eterna capitale è Gerusalemme. Il vuoto creato dai governi israeliani dalla firma degli accordi di Oslo del 1993 in poi, è stato riempito da organizzazioni che lavorano in Israele e fuori, che si prodigano con sforzi sinceri di diplomazia pubblica per il popolo ebraico e il diritto alla sua terra. Senza in alcun modo togliere nulla alla loro importanza, tengo a precisare che un Paese non può lasciare un problema di tale rilievo nelle mani di privati, anche se sono più efficienti ed efficaci. La maggioranza che governa il paese prende atto della realtà, non le chimere di un “Nuovo Medio Oriente”, per cui è fondamentale che metta il tema della diplomazia pubblica nelle mani di persone che credono nella giustezza della causa del popolo ebraico nella sua Patria storica e Gerusalemme, sua capitale eterna. Solo un approccio deciso e convinto, è in grado di influire su coloro che non condividono il nostro destino, il nostro futuro e stile di vita, che possono influenzare la nostra esistenza. Quando le spie inviate da Mosè tornarono dalla loro missione, dissero agli Israeliti che la gente del posto li vedeva come piccoli insetti e che tali si erano sentiti anche loro. Se anche noi ci vediamo come insetti, allora anche gli altri ci vedono come tali. Il problema comincia con noi, è dentro di noi, per cui anche la soluzione del problema inizia a partire da noi. La lotta contro il BDS non è diversa. Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi. |
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