Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 19/01/2017, a pag. 14, con il titolo "A Mosca il disgelo fra Hamas e Fatah: verso un governo di unità palestinese", la cronaca di Giordano Stabile.
A destra: Hamas e Fatah verso l'accordo... prima di cominciare una nuova guerra civile
Non stupisce che sia la Russia di Putin - già alleata di Assad e dell'Iran - a offrire una piattaforma per l'unità tra Hamas e Fatah. Una unità che segna la predominanza del movimento più estremista, Hamas, che ha come obiettivo la distruzione di Israele e del popolo ebraico. Questi sono gli alleati dell' "angelo della pace" Abu Mazen.
Ecco l'articolo:
Giordano Stabile
Prima il cessate il fuoco in Siria e l’intesa con la Turchia. Ora l’accordo fra Hamas e Al-Fatah per mettere fine a dieci anni di guerra intestina fra i palestinesi. La Russia di Vladimir Putin mette a segno il secondo colpo diplomatico in Medio Oriente, in attesa delle mosse della nuova amministrazione americana. La pace fra le fazioni rivali è stata annunciata ieri di prima mattina a Mosca. Arriva dopo due mesi di negoziati non ufficiali nella capitale russa fra il partito del presidente Abu Mazen e il movimento islamico che fa riferimento ai Fratelli musulmani.
I rappresentanti hanno spiegato che nascerà un nuovo Consiglio nazionale palestinese che a sua volta eleggerà il Comitato esecutivo. In questo modo l’Autorità palestinese sarà di nuovo rappresentativa delle maggiori forze politiche. Le istituzioni, come il Parlamento, potranno tornare a funzionare dopo una paralisi che dura dal 2007, quando Hamas si è impadronita di Gaza con un colpo di mano militare. Entro «48 ore» Abu Mazen comincerà le consultazioni per il nuovo governo. Fonti da Ramallah parlano di «tempi maturi», anche alla luce degli sviluppi internazionali, come la Conferenza di Parigi e «l’elezione di Donald Trump».
Il Cairo-Beirut-Mosca
Una base dell’accordo era stata raggiunta al Cairo fra Abu Mazen e il leader di Hamas Khaled Meshal, lo scorso 24 novembre. I colloqui erano poi proseguiti a Mosca e a Beirut, con la partecipazione anche del movimento Jihad Islamica, su posizioni ancora più oltranziste di Hamas. Questo lascia presupporre una posizione molto dura nei futuri negoziati con Israele per arrivare alla pace.
Non saranno facili. Il premier Benjamin Netanyahu ha incassato due affondi all’Onu e a Parigi nel finale del mandato di Obama ma ora può contare su un asse privilegiato con Trump. Un primo assaggio è il piano del Likud per arrivare alla fine del conflitto. È stato presentato dal parlamentare Yoav Kish. Ai Palestinesi resterebbe solo il 39 per cento della Cisgiordania, anche se con il diritto di muoversi in libertà lungo i corridoi che collegheranno le principali città. Al-Fatah, e più timidamente Hamas, sono disposti ad accettare invece come base minima i confini del 1967, cioè la totalità della Cisgiordania occupata.
Le posizioni sono lontanissime. Per ora l’accordo fra le due fazioni serve soprattutto a dare sollievo alla Striscia, sull’orlo dell’esplosione. L’Egitto ha ripreso le forniture regolari di elettricità e ieri si sono placate le proteste di massa. Per Moussa Abu Marzouk, vice-presidente del politburo di Hamas, il nuovo esecutivo è «la via più efficace arrivare a nuove e libere elezioni». Hamas ci scommette. Rischia una sonora batosta a Gaza ma i suoi consensi sono in crescita nella West Bank.
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