Con il titolo " Israele, Obama e le Nazioni Unite " Bernard-Henri Lévy ha pubblicato su LE POINT - il settimanale francese che ospita regolarmente il suo Bloc Notes - un testo che non è stato tradotto dal CORRIERE della SERA, il quotidiano italiano che pubblica tradotti i suoi articoli.
Come mai? ci siamo chiesti, non sarà che BHL - un intellettuale della sinistra francese, da sempre impegnato nel testimoniare le lotte dei popoli oppressi, ha espresso su Israele opinioni non in linea con le posizioni politicamente corrette? Il Corriere, non pubblicandolo, ha operato una censura che non torna a suo onore.
L'abbiamo tradotto noi, ai lettori il giudizio, con l'invito a scrivere a Aldo Cazzullo, che cura la pagina deille lettere al Corriere. Ecco la sua e-mail:
letterealdocazzullo@corriere.it citando il direttore repsonsabile del Corriere della Sera Luciano Fontana
Ecco l'articolo di BHL:
(Traduzione di Yehudit Weisz)
Bernard-Henrt Lévy
Luciano Fontana, direttore del Corriere della Sera
Sono un convinto sostenitore della Soluzione dei Due Stati in Medio Oriente. E continuo a pensare che, anche se malridotta, abbandonata dagli uni e respinta dagli altri, questa sia in ultima analisi, l’unica che consentirebbe ad Israele di rimanere lo Stato degli ebrei voluto dai suoi pionieri e l’esemplare democrazia in cui settant’anni di guerra aperta o latente non ne hanno minimamente scalfito né lo spirito né le istituzioni.
Tuttavia sono rimasto profondamente scioccato, anche per il polverone che è stato fatto a Natale, dal voto dell’ormai nota Risoluzione 2334 che esige la “cessazione immediata” della “colonizzazione” nei territori palestinesi occupati.
1 - C’era innanzitutto la sede: questa Assemblea delle Nazioni Unite che da decenni non fa altro che condannare, demonizzare, discriminare Israele, che invece è uno degli ultimi posti al mondo in cui si possa sperare in una presa di posizione equilibrata o coraggiosa,
su questo problema come su altri.
2 - C’era anche lo spettacolo di quelle quindici mani che non erano riuscite ad alzarsi, solo pochi giorni prima, per arrestare il massacro di Aleppo: ma che si sono messe ben in evidenza, ancora una volta, per fare del piccolo Israele il più grande ostacolo alla pace credendo così di poter ritrovare, tra gli applausi dei presenti, un po’ del loro onore perduto e che, a scapito di Israele, si mettano insieme le briciole di una comunità internazionale ridotta a spettro, questo è stato patetico e insieme agghiacciante.
3 - C’era la penosa stesura del testo della Risoluzione che, malgrado la breve frase di condanna “ a tutti gli atti di violenza contro i civili, così come agli atti di terrorismo” (questo “come agli atti di terrorismo” lascia allibiti, ci si chiede quali possano essere gli altri “atti di violenza” degli israeliani, messi dunque alla stessa stregua degli “atti di terrorismo”), rendeva gli israeliani i responsabili principali, per non dire unici, del blocco del processo di pacificazione: e la testardaggine dei palestinesi? l’ipocrisia del governo di Ramallah? quegli alberi di Natale su cui, in certi quartieri della Gerusalemme araba, sono state appese come ghirlande, le foto di “martiri” morti in “combattimento”, in realtà cercando di pugnalare dei civili israeliani? Per i redattori della Risoluzione, come per coloro che l’hanno votata e celebrata, nulla di tutto questo era un “ostacolo alla pace”; non c’è niente che si possa paragonare alla perfidia della politica di Netanyahu nel moltiplicare le colonie.
4 - C’era il problema delle colonie e del modo in cui, ancora una volta, è stato presentato. Che il proseguimento ininterrotto degli insediamenti sia un errore, è evidente.
Che all’interno della destra israeliana ci sia un crescente numero di falchi, con Benyamin Netanyahu in testa, che sognano di veder il processo ingrandirsi e creare una situazione di non ritorno, è probabile. Ma non è assolutamente vero che si sia già arrivati a quel punto. Non è giusto presentare queste costruzioni come una proliferazione metodica e maligna, che cresce all’interno della futura Palestina e che la smembra già in anticipo. La realtà, chiara a chiunque si prenda la briga di analizzare le cose in modo distaccato e senza paraocchi, è che la concentrazione territoriale degli insediamenti più popolosi crei una situazione che non è, nonostante il numero, radicalmente diversa da quella esistente nel Sinai prima degli accordi del 1982 con l’Egitto o nella Striscia di Gaza prima del ritiro deciso da Ariel Sharon nel 2004: la realtà è che la maggior parte di queste costruzioni si trova vicina alla Linea Verde per cui, quando sarà giunto il momento, si potrà procedere a scambi di territori e impegnarsi, invece, per gli insediamenti più lontani e più isolati a delle evacuazioni dolorose (per non parlare dell’opzione che mi stupisce non sia mai stata presa in considerazione, che farebbe sì che degli ebrei possano vivere in terra palestinese come quel milione e mezzo di palestinesi che vivono in Israele e ne condividono la cittadinanza …).
5 - E per finire, c’è stata per la prima volta dopo quarant’anni, l’astensione a sorpresa dell’ambasciatrice Samantha Power, e poi, qualche giorno più tardi, il lungo discorso d’accompagnamento del Segretario di Stato John Kerry. Si dica quel che si vuole. Ma vedere questa amministrazione che ha concesso così tanto all’Iran, che ha ceduto tanto alla Russia e che ha inventato, in Siria, la dottrina di una Linea Rossa che alla fine di rosso ha solo il sangue dei siriani sacrificati sull’altare della rinuncia al potere e al diritto, vederla dunque farsi perdonare e quasi rifarsi la faccia, facendo sentire la sua voce, in extremis, contro quella pecora nera a livello planetario, scuoiata e rognosa del Primo Ministro d’Israele, è stata una azione squallida!
Non riconosco più, in questo atteggiamento troppo comodo in cui si trova solo il fantasma di un’autorità perduta, il giovane Senatore sconosciuto che avevo incontrato un giorno di luglio del 2004 a Boston, che aveva avuto il coraggio di decantarmi la duplice gloria, secondo lui parallela, del movimento di liberazione dei neri e della nuova fuga dall’Egitto che è il sionismo per gli ebrei.
Non sento altro che segni premonitori di un’umanità smembrata assordarmi come mai prima per il crollo di imperi e di visioni del mondo, umanità destinata a ripetere senza fine ingiustizie e massacri, dove il più antico degli odii, per tutti o quasi, diventerà una religione.