IC7 - Il commento di Andrea Jarach
Dall'1 al 7 gennaio 2017
Il terrorismo e il dilemma dello stato di diritto
Elor Azaria
La questione che lacera in queste ore il popolo di Israele riguarda la sanzione inferta da un tribunale israeliano al comportamento di un giovane soldato della IDF che ha neutralizzato un terrorista, ferito e a terra, motivando l'azione con il timore che il terrorista avrebbe potuto farsi esplodere. Si tratta di in quesito che non ha risposte definitive.
Seguendo la logica dell'essere in guerra con il terrorismo, ineccepibile (siamo in guerra con il terrorismo!), l'azione del giovane soldato non solo è stata "obbligata" ma è meritoria, arrivando come legittima difesa ad un attacco terroristico in corso e avendo neutralizzato un attaccante forse ancora potenzialmente aggressivo. Ma seguendo la logica che distingue Israele dai suoi tribali vicini, ovvero quella dello stato di diritto, esiste una legge da rispettare e evidentemente questa legge non è stata rispettata, a meno di volerne sapere di più dei superiori e dei giudici che hanno portato in giudizio e condannato il soldato.
La Corte Suprema israeliana
Il dilemma tra le due logiche non è risolvibile senza scendere al livello del tifo calcistico. Semplificazione estrema. Tieni al soldato che elimina un terrorista. Tieni al terrorista che non deve essere ucciso. Ovviamente non è così semplice. Personalmente ritengo che il terrorista suicida non possa essere recuperato e che nel momento che entra in azione (anche solo preparando attentati) ha dato autorizzazione ad essere eliminato. È una fattispecie che la legge di modello "occidentale" non prevede. Perché da qualche secolo il diritto ha cercato di regolare la società in modo tale che le pene non fossero punitive ma redentive. Lo shahid (martire) non segue di certo questa logica!
Credo che il problema si risolverebbe se la legge degli Stati (non solo Israele) iniziasse a contemplare la fattispecie del terrorismo suicida. A quel punto chiunque operasse neutralizzando un terrorista non incorrerebbe nelle sanzioni previste per l'omicidio. Ma il timore è che questo possa portare ad abusi e uccisioni indiscriminate nel momento in cui il potere legislativo cadesse in mani "estremiste", cosa già avvenuta nella storia recente in alcuni paesi passati dalla democrazia ad altre forme di governo.
Ecco perché non possiamo che lasciare i giudici israeliani fare il loro lavoro che deve essere di applicare la legge. Poi sarà la Knesset a dibattere se la legge deve cambiare. Certo è che, ancora una volta, la grandiosa forza morale di Israele emerge in un caso lacerante come questo. Un po' un sacrificio di Isacco di fronte alla legge. E una lezione di democrazia al mondo intero. Che impone di riflettere e che non ha risposte pronte e certe.
Andrea Jarach - Presidente Gruppo Proedi