Un altro pezzo di eredità di Obama, un’altra minaccia alla pace
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
A destra: Obama all'Iran: "Sapremo se ci ingannerete"
Iran: "Certo, lo saprete"
Cari amici,
c’è un lato importante dell’eredità di Obama che speriamo sarà rivisto oltre ai rapporti diretti con Israele e alla profonda incomprensione dello scontro con l’Autorità Palestinese a proposito della gestione di Giudea, Samaria e Gerusalemme, che l’amministrazione Obama vede come “territori occupati” da liberare e “colonie” da spiantare e Israele come “territori contesi”, insediamenti legittimi nella zona concordata a Oslo come di amministrazione israeliana e soprattutto come patria storica del popolo ebraico, presenza millenaria, fulcro della sicurezza del paese. Quest’altro aspetto della politica di Obama, che Israele ha cercato di contrastare in ogni modo negli anni scorsi, consiste nella scelta americana di ritirarsi dal Medio Oriente e soprattutto di lasciare in eredità l’egemonia regionale all’Iran fanatico e imperialista degli ayatollah. Concretamente questa impostazione si è tradotta nell’accordo di due anni fa, che ha dato una serie notevolissima di vantaggi economici diplomatici e militari a Teheran in cambio dell’impegno a limitare certi aspetti particolarmente rilevanti sul piano militare del suo programma nucleare per una decina d’anni.
Com’è noto questo accordo è stato firmato da Obama senza sottoporlo a regolare ratifica da parte del Senato (dove avrebbe sicuramente mancato la maggioranza dei due terzi richiesta dalla costituzione americana), ma è stato sottoposto prima di tutto a una sanzione dell’Onu e poi con un artificio procedurale a una strana “non sfiducia” da parte del Congresso, che avrebbe a sua volta dovuto raggiungere la maggioranza dei due terzi per bocciarlo, il che non è accaduto per poco. Il Congresso è sempre stato giustamente preoccupato dei risultati dell’azzardo di Obama. Ha visto che l’ostilità iraniana nei confronti di Israele e anche degli stessi Stati Uniti non è cessato dopo l’accordo, che le minacce militari sono aumentate, con provocazioni dirette alla marina americana e un espansionismo che ormai copre buona parte del tradizionale territorio sunnita, compresi stati interi come l’Iraq, la Siria, lo Yemen, il Libano. Ha visto anche che i rapporti dell’Iran con la Russia sia sono espansi e consolidati. Ormai è chiaro a tutti coloro che non sono fanaticamente obamiani che l’appeasement con gli ayatollah è stato un gravissimo autogol, che ha portato a una crisi pesantissima della credibilità americana in Medio Oriente, al non impedire le stragi siriane, a un espansionismo russo che minaccia tutto il mediterraneo, alla perdita di alleati preziosi come l’Arabia Saudita e l’Egitto.
E il Congresso ha reagito come poteva, cioè ha prorogato le sanzioni all’Iran che rendono difficile il suo pieno godimento dei vantaggi concessi da Obama, in attesa che Trump metta una pezza, se può alla politica suicida del suo predecessore. Ciò ha ovviamente inquietato il governo iraniano, che ha chiesto e ottenuto una riunione dei firmatari dell’accordo. La quale si svolgerà a Vienna e, come era lecito aspettarsi, prima dell’uscita di scena di Obama, il 10 gennaio (http://www.timesofisrael.com/iran-nuclear-deal-powers-to-meet-january-10/). Inutile dire che anche in questa sede Obama cercherà di ingessare il più possibile la sua eredità, rifiutata dal Congresso e dagli elettori americani, fornendo all’Iran garanzie sull’impegno americano che il suo successore intende cancellare (http://fr.timesofisrael.com/reunion-le-10-janvier-a-vienne-sur-le-nucleaire-iranien/). Anche in questo caso una palese scorrettezza politica. Ma soprattutto una minaccia ulteriore all’Europa (che non se ne accorge), all’America (che non può farci nulla fino al passaggio delle consegne a Trump) e a Israele. Anche questo capitolo andrà attribuito alla maligna uscita di scena del peggiore presidente che l’America si sia purtroppo scelta nella sua storia.
Ugo Volli