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Il Foglio Rassegna Stampa
31.12.2016 Romain Gary/Emile Ajar: un libro da non perdere
La sua vita, un romanzo affascinante

Testata: Il Foglio
Data: 31 dicembre 2016
Pagina: 3
Autore: La reazione del Foglio
Titolo: «Romain Gary: vita e morte di Emile Ajar»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 31/12/2016, a pag.3, con il titolo "Romain Gary: vita e morte di Emile Ajar" la recensione del libro omonimo, pubblicato da Neri Pozza.

Un libro il cui autore è lo stesso protagonista, cambiano soltanto i nomi, essendo Emile Ajar lo pseudonimo di Romain Gary.
Ne raccomandiamo la lettura per conoscere Gary/Ajar, scrittore la cui vita è stata essa stessa un affascinante romanzo. 

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La copertina

A volte le biografie degli scrittori sono a tal punto straordinarie da travalicare persino le loro pur eccezionali doti narrative. Roman Kacev nasce a Vilnius nel 1914, vigilia della Prima guerra mondiale ed epoca ancora zarista, in una famiglia di ebrei lituani. Pare che il suo vero padre non fosse il pellicciaio Arieh Kacev, marito di sua madre Mina, bensì Ivan Mojoukin, divo del cinema muto. Mistero mai chiarito. Roman è un bambino bellissimo, tutti lo chiamano "Gary", che in russo significa "brucia". I turbini della Grande Guerra portano Mina e il figlio a vivere prima in Germania, poi a Nizza. Trent'anni dopo, la madre sarà la meravigliosa protagonista de "La promessa dell'alba". Nella Francia entre-deux-guerres Romain Gary cresce precocemente, intelligentissimo e anarchico. Prende il brevetto di pilota, si arruola agli ordini di De Gaulle nelle Forze armate della Francia libera, scarica tonnellate di bombe sulla Germania nazista. Viene ferito e decorato. Con "Educazione europea" affianca alla carriera diplomatica quella di scrittore, entrambe con grande successo. Nel '56 vince il Premio Goncourt con "Le radici del cielo". Nel '62 sposa Jean Se-berg, la maschietta protagonista di "Bonjour tristesse" e "Fino all'ultimo respiro": lui ha 48 anni, lei esattamente la metà. Diventano una delle coppie più glamour del pianeta, vivono in America, Gary è anche regista cinematografico, scrive "Cane bianco" (1970) e infine il malinconico Biglietto scaduto" (1975) in cui descrive la depressione di un uomo al tramonto. Ormai è considerato un romanziere finito. Si parla di lui solo per segnalare che un suo cugino alla lontana, Emile Ajar, ha scritto un romanzo innovativo e sconvolgente, "La vita davanti a sé", che vince il Goncourt nel '75. Quattro anni più tardi, la Seberg si suicida e il 3 dicembre 1980 Gary fa lo stesso, non prima di avere comprato una vestaglia di seta rossa, come gesto di estremo garbo nei confronti di coloro che troveranno il suo corpo insanguinato. Ma la storia non finisce qui. Poco dopo, viene reso pubblico questo beffardo "Vita e morte di Emile Ajar", testo con il quale Gary annuncia al mondo che l'autore di "La vita davanti a sé" è lui stesso, che si è preso gioco del "pariginismo", l'ambiente della critica letteraria e dei salotti colti che ha sempre detestato. "Incontrai persino una giovane donna che aveva avuto una storia con Emile Ajar, il quale, a suo dire, era un amante molto focoso. Spero di non averla troppo delusa". Di "Mio caro Pitone", un precedente libro firmato Ajar (quando il cugino-ombra non si era ancora palesato) il Nouvel Observateur aveva scritto che "non poteva che essere l'opera di un grande scrittore": dietro lo pseudonimo si celava forse Raymond Queneau oppure Aragon. In una trasmissione televisiva, un critico letterario, dopo aver furiosamente demolito l'opera di Gary, esclama: "Ajar! Quello sì che ha ben altro talento!". Nelle cene mondane si compiange "quel povero Gary, il quale doveva sentirsi un po' triste e anche un tantino geloso per l'ascesa sfolgorante di suo cugino nel firmamento letterario". Gary ha lasciato anche una bellissima autobiografia, "La notte sarà calma", in forma di autointervista. Ebreo lituano, profugo, pilota ed eroe di guerra, scrittore, diplomatico, regista, star del jet-set internazionale, intellettuale malinconico. Davvero una grande vita. Fu seduttore irresistibile: "Ho conosciuto tante donne nella mia vita che, posso dire, sono stato sempre solo. Troppe, infatti, significa nessuna". Un anno prima di mettere fine alla propria esistenza, conclude questo delizioso "Vita e morte di Emile Ajar" con le parole: "Mi sono davvero divertito. Arrivederci e grazie".

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