Come reagire ai colpi degli obami
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Cari Amici,
Alcuni si sono meravigliati della reazione di Israele contro la mozione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu e magari l’hanno qualificata come una “guerra al governo degli Stati Uniti” (http://www.jpost.com/Diaspora/US-congressman-Israel-waging-rhetorical-war-against-the-American-government-476661 ).
Probabilmente sono gli stessi che non capivano perché Israele e in genere gli ebrei se la siano presa tanto con la mozione dell’Unesco che qualificava il Monte del Tempio come luogo solamente islamico. In fondo che cos’è una mozione, sembrano pensare costoro, si trattava solo di far calare un po’ le arie al governo di Israele, di dare ragione a quelli che si battono per non subire la sua autorità... Tanto lo sappiamo che le cose andranno avanti lo stesso, e allora perché manifestare sdegno? Meglio inchinarsi alla “comunità internazionale” e tacere, fare finta di nulla.
Sigmund Freud
Devo dire che capisco benissimo questa posizione, come la capiscono tutti gli ebrei che hanno conservato un po’ di coscienza storica. Per spiegarne meglio il senso, fatevi raccontare una storiella da un illustre ebreo (ma non preoccupatevi, non è una storiella antisemita di quelle che amano i comici che fingono di essere ebrei dell’Est):
«Avevo circa dieci o dodici anni, quando mio padre cominciò a per-mettermi di accompagnarlo nelle sue passeggiate e a dirmi apertamente, nelle nostre conversazioni, ciò che pensava delle cose di questo mondo. Con l'intenzione di mostrarmi quanto fossero migliorati i tempi in cui ero nato, mi disse in una di queste occasioni: "Una volta, quando ero giovane e vivevo nel paese dove sei nato, uscii a fare due passi. Ero ben vestito e portavo un cappello di pelliccia nuovo. Un Gentile mi si fa avanti, con un colpo mi fa rotolare il cappello nella sporcizia e grida: Giudeo, scendi dal marciapiede". "E tu cosa facesti?". "Scesi in mezzo alla strada e raccolsi il cappello”, fu la quieta risposta.»
Vi ricordate questo aneddoto? Lo racconta Freud nell’”Interpretazione dei sogni”. E’ una vicenda tipica del modo in cui gli ebrei erano trattati nei buoni vecchi tempi, diciamo verso il 1870, vent’anni prima della nascita di Hitler. Il padre non reagì al colpo del “gentile” e fece bene. Come dice la “Madre Coraggio di Bertolt Brecht alla figlia muta Katrin, che inveisce alle violenze subite: “Se non hai i denti per mordere, non strillare.”
E’ chiaro che questo atteggiamento è solo la premessa per le stragi: lo è stato per quelle del nazismo, ma prima lo è stato per secoli e secoli di pogrom, di roghi, di persecuzioni grandi e minute. Prima di sterminare un gruppo sociale, bisogna colpire la sua dignità, disumanizzarlo agli occhi degli altri e in fondo anche di se stesso. E’ quello che fanno gli obami di oggi, gli antisemiti vigliacchetti che si accertano bene di non pagare prezzi per il loro bullismo. Solo che invece di prendersela con il singolo ebreo da schiaffeggiare, provano a farlo con Israele.
La reazione di Israele si capisce proprio di qui: la mozione dell’Onu, come quella dell’Unesco intendeva essere uno schiaffo. Israele ha segnalato con energia di avere i denti per mordere e di non essere disposto a scendere nella sporcizia a raccogliere il cappello, sperando di non prendere anche un calcio nel sedere.
Questo è lo spirito con cui è nato Israele, questo il significato che gli ebrei attribuiscono al “mai più” che i bravi europei pronunciano il Giorno della Memoria. Non si tratta di non avere più regimi sfrenatamente criminali come quello nazista (o quello comunista, che per molti versi non gli fu da meno).
E nemmeno si tratta di abolire le nazioni, come pensano i soavi progressisti europei, per evitare che degenerino in nazionalismo: gli ebrei alla loro nazione ci tengono eccome, senza non sono niente, non hanno neanche un rapporto con la Rivelazione – ecco perché i loro nemici hanno sempre cercato di distruggere la nazione ebraica, attraverso conversioni, battesimi forzati e iscrizioni altrettanto forzate a partiti e movimenti.
Samantha Powers, ambasciatrice Usa, vota l'astensione
Quel che conta è sapersi difendere da “gentili” come quello incontrato dal padre di Freud, o da altri obami di passaggio. La reazione di Israele segnala questa volontà di autodifesa. Essa è ancora più importante perché purtroppo per 23 giorni ancora Obama in persona è ancora lì, pronto a colpire (rigorosamente alle spalle) l’ebreo che gli passa davanti, magari con l’ipocrisia (comune anche a Kerry), di mandare gli auguri di Hannukka. E ha certamente ragione Netanyahu a deridere questi auguri, che dimostrano ignoranza o malafede: “secondo la risoluzione dell’Onu la rivolta dei Maccabei, che la festa di Hannukka ricorda, sarebbe considerata non la liberazione di Gerusalemme, ma l’occupazione di territori palestinesi” (http://www.jewishpress.com/news/breaking-news/netanyahu-according-to-un-maccabees-did-not-liberate-jerusalem-they-occupied-palestinian-territory/2016/12/26/ ).
In questi 23 giorni che restano si dovrebbe svolgere anche la conferenza di Parigi, convocata da quel bell’obama di Hollande al medesimo scopo della mozione dell’Onu: uno schiaffo a Israele e un sostegno ai terroristi. E giustamente Lieberman ha detto che Parigi ha già conosciuto un processo all’ebreo, un po’ più di un secolo fa: era un ufficiale ebreo che si chiamava Dreyfus (http://www.jewishpress.com/news/breaking-news/liberman-paris-summit-will-be-modern-day-dreyfus-affair/2016/12/26/ ).
Ma potrebbe non essere finta qui, come Obama ha concertato il voto all’Onu per realizzare finalmente prima di decadere, quando nessuno gli può più rispondere, il suo progetto politico antisraeliano, così potrebbero esserci altri passi, altre sorprese in queste tre settimane prima che Trump cancelli la vergogna dell’America.
Per questo Israele ha morso concretamente dove aveva i denti per farlo. Ha annullato gli aiuti che dava a Senegal e Angola, ha cancellato gli incontri previsti con il governo inglese e quello ucraino, ha richiamato l’ambasciatore dalla Nuova Zelanda, ha fatto esprimere il disappunto di Israele a quello americano. Il senso di queste mosse è di far capire che nessuno può dirsi amico di Israele (come giuravano di essere Gran Bretagna e Ucraina, per esempio) e votare contro di lui all’Onu. Quanto meno dovranno ammettere di essergli contro e affrontare l’opposizione in casa loro, com’è successo in America (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/222345 ) e perfino in Ucraina (http://www.jewishpress.com/news/breaking-news/ukraine-mp-attacking-government-for-betrayal-of-israel/2016/12/26/ ).
Certo, questo tipo di comunicazione non serve con nemici aperti, come Malesia e Venezuela, che hanno votato la mozione; e difficilmente può spostare grandi potenze tradizionalmente ostili come Russia e Cina. Ma serve comunque a chiarire che Israele non è disposto a subire “il colpo” e a stare zitto.
Bisognerà che la politica internazionale e anche i partiti obamisti di Israele (i laburisti e un po’ anche Lapid) se ne facciano una ragione.
Ugo Volli