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Come reagire ai colpi degli obami
Cari Amici, Alcuni si sono meravigliati della reazione di Israele contro la mozione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu e magari l’hanno qualificata come una “guerra al governo degli Stati Uniti” (http://www.jpost.com/Diaspora/US-congressman-Israel-waging-rhetorical-war-against-the-American-government-476661 ).
Devo dire che capisco benissimo questa posizione, come la capiscono tutti gli ebrei che hanno conservato un po’ di coscienza storica. Per spiegarne meglio il senso, fatevi raccontare una storiella da un illustre ebreo (ma non preoccupatevi, non è una storiella antisemita di quelle che amano i comici che fingono di essere ebrei dell’Est): Questo è lo spirito con cui è nato Israele, questo il significato che gli ebrei attribuiscono al “mai più” che i bravi europei pronunciano il Giorno della Memoria. Non si tratta di non avere più regimi sfrenatamente criminali come quello nazista (o quello comunista, che per molti versi non gli fu da meno).
Quel che conta è sapersi difendere da “gentili” come quello incontrato dal padre di Freud, o da altri obami di passaggio. La reazione di Israele segnala questa volontà di autodifesa. Essa è ancora più importante perché purtroppo per 23 giorni ancora Obama in persona è ancora lì, pronto a colpire (rigorosamente alle spalle) l’ebreo che gli passa davanti, magari con l’ipocrisia (comune anche a Kerry), di mandare gli auguri di Hannukka. E ha certamente ragione Netanyahu a deridere questi auguri, che dimostrano ignoranza o malafede: “secondo la risoluzione dell’Onu la rivolta dei Maccabei, che la festa di Hannukka ricorda, sarebbe considerata non la liberazione di Gerusalemme, ma l’occupazione di territori palestinesi” (http://www.jewishpress.com/news/breaking-news/netanyahu-according-to-un-maccabees-did-not-liberate-jerusalem-they-occupied-palestinian-territory/2016/12/26/ ). In questi 23 giorni che restano si dovrebbe svolgere anche la conferenza di Parigi, convocata da quel bell’obama di Hollande al medesimo scopo della mozione dell’Onu: uno schiaffo a Israele e un sostegno ai terroristi. E giustamente Lieberman ha detto che Parigi ha già conosciuto un processo all’ebreo, un po’ più di un secolo fa: era un ufficiale ebreo che si chiamava Dreyfus (http://www.jewishpress.com/news/breaking-news/liberman-paris-summit-will-be-modern-day-dreyfus-affair/2016/12/26/ ). Per questo Israele ha morso concretamente dove aveva i denti per farlo. Ha annullato gli aiuti che dava a Senegal e Angola, ha cancellato gli incontri previsti con il governo inglese e quello ucraino, ha richiamato l’ambasciatore dalla Nuova Zelanda, ha fatto esprimere il disappunto di Israele a quello americano. Il senso di queste mosse è di far capire che nessuno può dirsi amico di Israele (come giuravano di essere Gran Bretagna e Ucraina, per esempio) e votare contro di lui all’Onu. Quanto meno dovranno ammettere di essergli contro e affrontare l’opposizione in casa loro, com’è successo in America (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/222345 ) e perfino in Ucraina (http://www.jewishpress.com/news/breaking-news/ukraine-mp-attacking-government-for-betrayal-of-israel/2016/12/26/ ). Certo, questo tipo di comunicazione non serve con nemici aperti, come Malesia e Venezuela, che hanno votato la mozione; e difficilmente può spostare grandi potenze tradizionalmente ostili come Russia e Cina. Ma serve comunque a chiarire che Israele non è disposto a subire “il colpo” e a stare zitto.
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