Riprendiamo dalla REPUBBLICA 'Firenze' di oggi, 21/12/2016, a pag.19, con il titolo "Ebrei in Toscana, due secoli di immagini", l'articolo di Fulvio Paloscia.
Fulvio Paloscia
E' una comunità piccola, quella degli ebrei in Toscana. Ma, in occasione della mostra che fino al 26 febbraio, alla Galleria delle Carrozze di Palazzo Medici Riccardi, che racconta la sua storia dalla Grande Guerra ad oggi, è stata prodiga di materiali inediti: le famiglie hanno tirato fuori dai cassetti immagini private, ma anche documenti, riprodotti in una settantina di pannelli che si snodano— con chiarezza ma ricchezza di informazioni, al bando la genericità — «in un percorso di storia sociale, istituzionale, sociale, politica — spiega Catia Sonetti, direttrice dell'Istituto Storico della Resistenza e della società contemporanea nella provincia di Livorno e curatrice di Ebrei in toscana XX — XXI secolo — con l'obiettivo di far emergere l'importanza dal punto di vista sia economico che culturale». Anche se sarebbe più opportuno parlare di aggregato di nuclei diversi tra di loro, più che di una comunità monodimensonale: «I livornesi sin dal Seicento intrecciano rapporti con i più importanti porti del Mediterraneo — spiega Sonetti — e il ritorno è una grande ricchezza nel settore dell'import-export, oltre alla disponibilità al viaggio e al trasferimento altrove, pur mantenendo forti le radici nella loro città: li ritroviamo in Africa settentrionale e Grecia soprattutto, con presenze nutrite in Tunisia, Algeria, Salonicco, dove si stabiliscono con attività commerciali». Molto più stanziali, invece, gli ebrei fiorentini, riuniti in una comunità «che resta la più vivace dal punto di vista intellettuale, con case editrici importanti come Giunti o Bemporad e grandi battaglie riguardo al sionismo. Mentre gli ebrei pisani si distinguono fino alla seconda guerra mondiale per un nucleo industriale significativo, legato soprattutto al tessile». La parte dedicata agli anni del fascismo è, per forza di cose, la più nutrita, «e non abbiamo certo taciuto sull'adesione della comunità ebraica che, per la componente borghese, in molti casi fu forte. Ma non mancarono esempi altissimi di antifascismo, come i fratelli Rosselli, o Giuseppe Emanuele Modigliani, o esempi di partigiani ebrei». Poi, con la liberazione, fiaccati nei numeri per la shoah o per la fuga, gli ebrei toscani si reinseriscono con tenacia nel tessuto sociale, culturale e politico della regione ( a Livorno, la prima giunta Diaz conta su due assessori ebrei, Bassano e Funaro), rimboccandosi con fatica le maniche per ricostruire quello che era stato distrutto. Con la nascita dello Stato di Israele, pochi saranno a partire dalla Toscana, «in compenso la comunità si rimpolpa quando, negli anni Cinquanta, Nasser caccia gli Ebrei dall'Egitto; poi, con l'avvento di Gheddafi, toccherà ai transfughi dalla Libia. Insieme a loro, all'interno di una comunità di stampo nettamente laico approdano i valori della religione e della tradizione». Il vero culto: la famiglia, «non viene sprecata nessuna occasione per fotografarsi in gruppo ed il gruppo si sviluppa e si espande attorno alla coppia degli anziani, nei passaggi importanti — prosegue la Sonetti — le nozze, le feste di purim, il bar mitzvah per i ragazzi o il bat mitzvah per le ragazze. Anche se l'adesione alla religione dei padri è, perlomeno fino alle leggi razziali, piuttosto debole, fatta più di consuetudine che di una adesione vissuta con convinzione». L'ultima parte, infine, racconta l'approccio della comunità toscana alla politica della Memoria: dal processo Eichmann fino alle iniziative della Regione. Due video completano il percorso espositivo: uno è il frutto del montaggio di tutto quel materiale che non vi ha trovato collocazione, l'altro raccoglie interviste a ebrei toscani di oggi che riportanto la pluralità di posizioni e punti di vista.
Per inviare a Repubblica la propria opinione, telefonare: 06/ 49821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante