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La Stampa Rassegna Stampa
20.12.2016 Intera famiglia musulmana di origine milanese condannata per terrorismo
Troppo tardi, sono tutti in Siria. Cronaca di Simone Gorla

Testata: La Stampa
Data: 20 dicembre 2016
Pagina: 19
Autore: Simone Gorla
Titolo: «Condannata a 9 anni la foreign fighter italiana nel Califfato»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 20/12/2016, a pag.19, con il titolo "Condannata a 9 anni la foreign fighter italiana nel Califfato", la cronaca di Simone Gorla.

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Simone Gorla        Fatima, condannata, ma è in Siria

Verrebbe da dire finalmente, se i condannati non fossero tutti lontani dall' Italia, dunque irrangiuggibili. Eppure le attività della terrorista erano sotto gli occhi di tutti, non avendo mai agito se non in pubblico. Ma il condizionale sembra essere in Italia l'unica forma verbale ad essere usata per i 'presunti' terroristi. Se vengono denunciati non vengono arrestati, se vengono arrestati vengono subito rimessi in libertà perchè non hanno ancora commesso il reato. Che ne annuncino la volontà di commetterlo - incitando anche altri a commetterlo - poco conta. Come insegna il processo  a Fatima, alias Maria Giulia Sergio, attualmente in Siria.

Andava in televisione a sostenere le ragioni della jihad, è diventata la prima combattente italiana dell'Isis e, da ieri, anche la prima la prima foreign fighter italiana (con tifoseria familiare al seguito) a subire una condanna esemplare. Maria Giulia Sergio, 29 anni, conosciuta anche come Fatima, è stata condannata a 9 anni di reclusione per il reato di terrorismo internazionale. La pena per la donna, che lasciò Inzago, nell'hinterland di Milano, nel settembre del 2014 per raggiungere le milizie del Califfato in Siria, dove si troverebbe tuttora, è stata decisa dai giudici della prima sezione della Corte d'Assise di Milano. Con lei sono state condannate altre cinque persone, tra cui il padre, Sergio Sergio, a 4 anni di reclusione, e il marito, l'albanese Aldo Kobuzi, che dovrà scontare 10 anni.  Sergio è al centro delle cronache da due anni, dopo la partenza di Fatima per il fronte siriano. I genitori e la sorella erano pronti a seguirla, ma sono stati arrestati nel luglio 2015. La madre, Assunta Buonfiglio, è morta in carcere un anno fa, dopo un'operazione d'urgenza.  A indottrinare la famiglia Sergio, e soprattutto Fatima, è Haik Bushra, cittadina canadese, che ora si troverebbe in Arabia Saudita. Anche lei è stata condannata e a poche ore dalla prevista scarcerazione. La sorella Marianna è stata già condannata con rito abbreviato a 5 anni e 4 mesi. Il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli, capo dell'antiterrorismo milanese, ora alla Direzione nazionale antiterrorismo, ha descritto in aula il percorso di radicalizzazione di Maria Giulia. «Una giovane donna che si converte alla religione musulmana» con un'impostazione estremista che «la porta a scegliere di sposare, in seconde nozze, una persona che sta per raggiungere lo Stato Islamico». E l'albanese Aldo Kobuzi, che Fatima sottopone a un questionario per testarne l'affidabilità religiosa, prima di seguirlo tra le fila dell'Isis. Arrivata in Siria, la giovane diventa un'insegnante, si addestra all'uso delle armi e, intercettata, compie una continua opera di indottrinamento sulla sua famiglia. «Noi qui ammazziamo i miscredenti, tagliamo le teste e conquisteremo Roma», incita i parenti su Skype per spingerli a raggiungerla. Per rassicurare la madre, racconta che nello Stato Islamico c'è «anche la lavatrice», ma subito dopo esalta i mujaheddin che per amore di Allah «lasciano case, soldi, mogli, figli e vengono qui, vanno a combattere». Fatima ammira i combattenti più giovani, che a 15 o 16 anni «ammazzano 50 miscredenti, Dio è grande». Nella sua requisitoria, il pm Paola Pirotta ha spiegato che da parte di Maria Giulia Sergio, dal momento della sua conversione, «non è mai arrivata una marcia indietro, un cedimento, una rivisitazione critica». Per questo, l'accusa ha chiesto e ottenuto che non fossero concesse le attenuanti generiche. Riconosciute invece a Sergio Sergio, condannato per l'organizzazione del viaggio a finalità terroristiche. Il padre ora «non vuole avere più niente a che fare» con le figlie, sottolinea il suo legale, che in aula ha spiegato che «non voleva andare in Siria a combattere» ma solo «tenere unita la famiglia». Il collegio milanese presieduto da Ilio Patini Mannucci ha condannato a 9 anni anche la «maestra indottrinatrice» Haik Bushra, cittadina canadese che si troverebbe in Arabia Saudita. Per Donika Coku e Seriola Coku, rispettivamente madre e sorella di Aldo Kobuzi, la pena inflitta è di 8 anni.

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