Per fortuna fa sul serio
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Cari Amici,
una delle cose più divertenti della cronaca politica di questi giorni è vedere l’incredulità e il risentimento di quelli che si accorgono che Trump fa sul serio.
Il futuro presidente degli Stati Uniti ha intenzione di fare quel che aveva promesso, cioè di rivoltare la politica americana da capo a piedi, per rimediare agli errori di Obama (http://www.israelhayom.com/site/newsletter_opinion.php?id=17903&r=1 ). Naturalmente non è detto che possa farlo completamente, né che i cambiamenti che introdurrà siano giusti o almeno appaiano a noi opportuni, visto che la politica non è fatta solo di scelte testa-o-croce ma presenta complessità molto più ramificate. Ma almeno, è evidente, intende provarci.
Per il momento si vede da qualche atto simbolico, come la telefonata ai leader di Taiwan che mostra l’intenzione di non piegarsi automaticamente alle pressioni della Cina. E soprattutto le nomine che ha annunciato.
Aver scelto Steve Bannon, un sincero amico di Israele e non succube del “politically correct” come stratega capo gli ha procurato le peggiori accuse (http://www.independent.co.uk/news/world/americas/donald-trump-steve-bannon-newt-gingrich-not-antisemitic-goldman-sachs-hollywood-chief-strategist-a7416436.html ) da parte di organizzazioni che una volta si battevano contro l’antisemitismo e che oggi si sono ridotte in buona parte ad uffici stampa del partito democratico, come l’Anti-Defamation League e non è bastata neanche l’autorità morale di Alan Dershowitz a bloccare la diffamazione (http://www.breitbart.com/jerusalem/2016/11/15/alan-dershowitz-steve-bannon-smears-not-legitimate-call-somebody-anti-semite-disagree-policies /).
Una scena abbastanza analoga si è ripetuta per quanto riguarda i rapporti con Israele. Trump ha nominato ambasciatore un sincero amico di Israele, un ebreo noto per la sua generosità nel contribuire quando necessario (https://unitedwithisrael.org/trump-picks-true-friend-and-partner-as-us-envoy-to-israel/ ) e subito i propagandisti di Obama/Clinton e nemici di Israele sotto la maschere della pace, come “J-Street” hanno alzato grida di dolore: "J Street si oppone con veemenza alla nomina di David Friedman come ambasciatore in Israele," Il presidente di J-Street Jeremy Ben Ami ha scritto in un comunicato. "Questa nomina è avventata, mette a rischio la reputazione degli Stati Uniti nella regione e in tutto il mondo". Ecco, nominare un ambasciatore americano in Italia un amico dell’Italia sembra normale; ma un amico di Israele in Israele fa scandalo, soprattutto se si propone davvero di migliorare le relazioni fra i due paesi, come sentitre in questo video: http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/221882 .
Questo spiega tutta l’anomalia della politica estera Usa di Obama (ma in parte anche dei suoi predecessori) nei confronti del solo vero alleato che gli Usa hanno nell’immenso spazio afroasiatico (http://www.israelnationalnews.com/Articles/Article.aspx/19920 ).
E naturalmente i giornali italiani seguono, come vi ha mostrato ieri Informazione Corretta (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=253&sez=120&id=64745 ), sporattutto perché la nomina di Friedman è la premessa per il trasferimento dell’ambasciata americana a Gerusalemme.
Anche qui, sarebbe una strana anomalia se qualche paese tenesse l’ambasciata in Germania a Bonn (dove stava la capitale fino a una faticosa decisione del 1991), o per l’Italia a Torino o Firenze, oppure per la Russia a Pietroburgo.
E però in Israele le sedi diplomatiche stanno ancora a Tel Aviv, quando la capitale è stata spostata da quasi settant’anni a Gerusalemme.
Segno di insufficiente riconoscimento, come quella patetica scritta (“ZZZZZ”) che compare sull’indicazione dello stato di residenza dei nostri connazionali residenti a Gerusalemme.
Che Trump abbia deciso di spostare l’ambiasciata è perfino un atto dovuto, dato che il Congresso americano ha votato una legge in questo senso nel 1995, cioè ventun anni fa (https://en.wikipedia.org/wiki/Jerusalem_Embassy_Act ). Molti l’avevano promesso (http://www.nytimes.com/2016/11/19/world/middleeast/jerusalem-us-embassy-trump.html?_r=0 ), perfino Obama se ricordo bene, ma Trump sembra deciso a farlo davvero.
E questo suscita rabbia e catastrofismo: è un attacco alla pace, il mondo arabo reagirà, è un insulto a tutti i musulmani eccetera eccetera ( http://www.israelhayom.com/site/newsletter_article.php?id=38859 ).
Vogliamo scommettere che non succederà nulla di speciale?
Intanto però è stata rinviata a data da destinarsi la conferenza internazionale che la Francia voleva organizzare per imporre a Israele le linee di una “soluzione” secondo le richieste dell’Autorità Palestinese: una conferenza dunque sbagliata nel metodo (imporre una formula dal di fuori) e nel merito (i contenuti palestinisti), che Israele ha giustamente rifiutato come una richiesta assurda di resa.
Bene, proprio la prossima assunzione della presidenza da parte di Trump sembra la causa del rinvio delle ambizioni francesi (http://www.israelhayom.com/site/newsletter_article.php?id=38865 ).
Nel frattempo lo squallido declino della presidenza Obama continua, il presidente sconfessato dall’elettorato si è rifiutato di firmare la legge che prolunga le sanzioni all’Iran, che però andranno in vigore lo stesso (http://www.worldjewishdaily.com/obama-last-stand.php ).
Manca ancora esattamente un mese al passaggio dei poteri, qualche colpo di coda di Obama è ancora possibile, per esempio all’Onu e fa stare con il fiato sospeso gli osservatori israeliani, perché sarebbe certamente pensato per fare danni pesanti allo stato ebraico.
Ma ormai Obama è il passato e Trump sembra proprio impegnato sul serio a cancellarne le tracce.
Per fortuna.
Ugo Volli