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Informazione Corretta Rassegna Stampa
15.12.2016 'La farfalla impazzita', di Giulia Spizzichino (con Roberto Riccardi)
Recensione di Giorgia Greco

Testata: Informazione Corretta
Data: 15 dicembre 2016
Pagina: 1
Autore: Giorgia Greco
Titolo: «'La farfalla impazzita', di Giulia Spizzichino (con Roberto Riccardi)»

La farfalla impazzita
Giulia Spizzichino con Roberto Riccardi
Giuntina euro 12

Immagine correlata
La copertina

“O genti che laggiù passate Indifferenti, non proseguite: sostate. Di lagrime e fiori offrite un omaggio Ai martiri innocenti, al loro cuore”- Giulia Spizzichino

E’ un privilegio poter leggere dalla penna sapiente di Roberto Riccardi un nuovo racconto di vita vissuta, di un’esistenza che ha dovuto confrontarsi con l’avvento del nazifascismo e con i lutti e le sofferenze che ne sono derivati. Dopo la magistrale narrazione della vita di Alberto Sed, ebreo romano sopravvissuto ad Auschwitz, nel libro “Sono stato un numero” edito da Giuntina e vincitore nel 2009 del premio Acqui Storia, nel quale Riccardi dispiega non solo una potente arte narrativa ma anche una profonda empatia e capacità di introspezione nell’animo di chi ha subito ferite indicibili, è la storia di Giulia Spizzichino che si declina nel libro “La farfalla impazzita”. Fin dall’immagine delicata che appare in copertina, Giulia entra nel cuore del lettore e i ricordi della sua vita che scorrono pagina dopo pagina rimangono scolpiti con forza nell’anima e nella mente di chi legge.

Da quella fotografia datata 5 ottobre 1929, Giulia che ha solo tre anni ci osserva con sguardo dolce e un po’ birichino e certo non immagina che di lì a pochi anni il suo mondo infantile sarebbe stato stravolto prima dalle leggi razziali e poi dalle deportazioni dei suoi familiari: alcuni uccisi alle Fosse Ardeatine, altri nel campo di sterminio di Auschwitz. Per Giulia Spizzichino la prima esperienza di dolore è da ricollegarsi alla cacciata da scuola dopo l’avvento delle leggi razziali quando vede la mamma piangere per la prima volta e assiste, pur senza comprenderla a pieno, alla sua umiliazione “nel raccogliere tutti i miei libri e quaderni e portarmi via”. Dopo poco il padre, solo per aver aiutato uno zio rimasto senza lavoro, viene inviato al confino in un paese vicino a Potenza dal quale ritornerà un anno e mezzo più tardi; nel frattempo la mamma si trova ad affrontare mille difficoltà senza il solido contributo di papà Cesare e con altri quattro bambini, oltre al negozio di tessuti, da gestire. La situazione precipita dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 quando, sospese le carte annonarie, diventa difficile anche “accedere ai generi alimentari”. Neppure la consegna di 50 chili di oro che, assicurano i nazisti, avrebbe impedito la deportazione di 200 capifamiglia mette tranquillo il papà di Giulia inducendolo a caricare la famiglia in macchina e ad allontanarsi in tutta fretta da Roma: una scelta lungimirante seppur dolorosa che salverà la vita ai suoi cari.

E’ nei paesini di Acuto e Olevano che Giulia sperimenta per la prima volta sia la crudeltà della donna che nega a quei bimbi affamati, poche “melette” – destinate invece ai maiali - che avrebbero alleviato una fame crudele, sia la generosità della giovane che divide con loro una pagnotta scura fatta con la farina di crusca. (“Ancora oggi, per me, la solidarietà umana è quella mezza pagnotta, la cattiveria tutte le mele che non ci hanno offerto”). Ma il peggio deve ancora arrivare: il 21 marzo 1944 Giulia assiste incredula alla retata che le porterà via gli adorati nonni, i cugini e gli zii e in pagine di struggente emozione apprendiamo di come la sorella Valeria si sia salvata “..con la forza della disperazione, il coraggio della speranza e il bacio lieve della fortuna”. Per la perdita di ben 26 membri della famiglia, fra il rastrellamento del Ghetto e le esecuzioni alle Fosse Ardeatine, Giulia interiorizza un dolore così lancinante che dopo averle tolto la spensieratezza dell’infanzia e i sogni dell’adolescenza, la rende insicura e fragile nei suoi rapporti affettivi. Allo strazio già vissuto se ne aggiunge un altro: la morte improvvisa del primogenito Massimo cui seguirà, nonostante le traversie di due matrimoni finiti male, la gioia di poter abbracciare una nuova creatura, il piccolo Marco.

Nonostante le sofferenze che ha affrontato nella sua lunga vita Giulia non ha perso la tenacia e il coraggio: ognuno di noi ha un debito di gratitudine immenso nei suoi confronti perché è grazie a lei che negli anni Novanta è stato possibile processare e condannare Erich Priebke, il criminale nazista che ha partecipato all’eccidio delle Fosse Ardeatine. Affrontando con coraggio i fantasmi del passato Giulia racconta, in pagine di struggente commozione, il viaggio che la porterà in Argentina e le prove durissime cui si troverà dinanzi per rendere testimonianza e assicurare alla giustizia l’assassino di persone innocenti, colpevoli soltanto di essere ebrei. Da anni e senza risparmiarsi Giulia Spizzichino parla nelle scuole dinanzi a giovani spesso all’oscuro delle tragedie che hanno sconvolto gli anni della Seconda Guerra Mondiale e in tal modo all’indifferenza, terreno fecondo per la crescita del negazionismo, oppone la forza e il coraggio della sua testimonianza. “La farfalla impazzita” – soprannome che le ha dato un caro amico e nel quale Giulia si riconosce perché “dopo la tragedia che ho vissuto, ho volato e volato senza sapere cosa cercare, limitandomi a sfiorare ciò che trovavo lungo la strada” – è una preziosa testimonianza storica ma anche un messaggio di speranza forte e chiaro per conservare il ricordo di chi non ha più voce e preservare la memoria di coloro che la crudeltà dei nazifascisti avrebbe voluto cancellare. Un libro da non perdere perché solo le storie sono capaci di colmare gli squarci del dolore. Solo le storie ci aiutano a sopravvivere…

Immagine correlata
Giorgia Greco


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