Riprendiamo dal TEMPO di oggi, 12/12/2016, a pag. 4, con il titolo "Mondo ebraico diviso sull'ex ministro", la cronaca di Filippo Caleri.
Paolo Gentiloni
Cautela e attesa per il possibile arrivo a Palazzo Chigi di Paolo Gentiloni, presidente incaricato dal Quirinale per formare il governo post Renzi. Gli esponenti della comunità ebraica italiana sentiti da il Tempo non si sbilanciano, o meglio qualcuno sposa la linea della massima diplomazia, qualcun altro mostra una leggera irritazione, verso chi, da ministro degli Esteri, si è astenuto nella votazione all'Unesco (il 18 ottobre scorso) sulla risoluzione su Gerusalemme Est. Un voto che, a giudizio dello Stato ebraico, non riconosce legami tra gli ebrei e il Monte del Tempio di Gerusalemme e il Muro del Pianto. Una decisione fortemente contestata da lsraele e sulla quale, giorni dopo l'approvazione, intervenne anche Renzi definendo «un voto allucinante, una risoluzione inaccettabile che va contro Israele». Un intervento che gli fece guadagnare la gratitudine di Israele, ma anche una marea di polemiche in casa, con la richiesta di far dimettere il ministro Gentiloni. Lo stesso che ora sta per diventare presidente del consiglio.
Paolo Gentiloni con Benjamin Netanyahu
Così non si dilunga in dichiarazioni Renzo Gattegna che nella veste di ex presidente dell'Unione delle Comunità ebraiche italiane spiega di non poter esprimere opinioni in questo senso. Così risponde tranchant quando gli viene chiesta una posizione personale: «Non ritengo opportuno parlare in questo momento». Nessun giudizio insomma. Più loquace Raffaele Besso, co-presidente della Comunità ebraica di Milano che, sul governo Gentiloni dice: «È una continuazione del governo precedente e con un mandato specifico per portare a casa la legge elettorale e il salvataggio delle banche». Sul punto delle posizioni espresse in sede Unesco, Besso spiega che l'Ucei aveva incontrato Gentiloni: «Era stato molto cordiale e aveva ribadito che una decisione del genere non sarebbe stata più quella ufficiale del Paese. Poi però quando ci sono state analoghe risoluzioni all'Onu, l'Italia e altri paesi si sono astenuti. La comunità italiana è rimasta motto male, ha sperato che la poca attenzione sul punto fosse legata alla quantità di dossier importanti che il governo aveva sul tavolo, come il referendum».
Insomma vale la buona fede per Besso. Che ora attende Gentiloni alla prova del nove: «Speriamo in una maggiore attenzione. E attendiamo con fiducia». Chi invece non le manda a dire è Raffaele Sassun, presidente dell'ente nazionale ebraico per l'ambiente (Kkl), che esprime il rammarico per il mancato via libera alla riforma costituzionale di Renzi: «Avrebbe cambiato il Paese, che invece resterà uguale». Quanto a Gentiloni «che resterà per portare a compimento le legge elettorale, è un'ottima persona, pacata e disponibile all'ascolto e dunque punterà a essere un raccordo tra le forze politiche».
Ma sul piano internazionale c'è preoccupazione. Sull'astensione e voto contrario sulle risoluzioni Unesco e Onu, Sassun non ha dubbi: «Penso che Renzi sapesse, che Gentiloni sapesse e che la posizione espressa fosse una scelta di comodo per mantenere gli equilibri con i Paesi arabi». Una scelta di opportunità politica. «Che capisco, ma non accetto» aggiunge Sassun secondo il quale «anche Gentiloni continuerà con la stessa visione verso il Medioriente». Per Sassun «la comunità ebraica attende fiduciosa che qualcosa avvenga anche perché finora non è cambiato nulla». Nel senso, specifica, che «quando si presenterà una nuova occasione per esprimere un voto a favore di Israele, voteranno come prima. Non avranno attributi per cambiare posizione perché resta sudditanza e paura verso i paesi arabi».
Viene da una conoscenza personale con il premier incaricato, invece, il giudizio di Riccardo Pacifici, ex presidente della Comunità ebraica di Roma e oggi nel board del World Jewish Congress. «Ero vicepresidente della comunità romana quando Gentiloni era nella giunta di Roma guidata da Rutelli. Da lui mi attendo decisioni condivise e che siano espressione della massima rappresentanza». Questo perché la dottrina del mondo ebraico è quella di contrastare l'instabilità. «Dove c'è questa si insinua la precarietà per tutte le minoranze» spiega Pacifici che oggi si batte per affermare questo principio in tutta l'Europa dalla quale «per l'avanzata dei populismi di destra e sinistra e per il fondamentalismo islamico gli ebrei stanno fuggendo».
Sul punto dell'astensione e del voto contrario in occasione delle risoluzioni all'Unesco e all'Onu, Pacifici ricorda «che ci sono due anime alla Farnesina. È surreale che dopo il discorso di Renzi alla Knesset, che riscosse il plauso dell'opinione pubblica israeliana, il suo ministro avesse votato le risoluzioni anti israeliane. Ci sono strabismi che vanno corretti. E ora dal nuovo premier si attendono prove di dialogo».
Fiamma Nirenstein
Va subito al dunque Fiamma Nirenstein, giornalista, scrittrice ed ex vicepresidente della Commissione esteri del Parlamento: «Spero che Gentiloni abbia da subito l'occasione di dichiarare che l'Italia ha oggi l'opportunità di fare una politica filoisraeliana, dichiarando subito ed esplicitamente la sua amicizia con lsraele». La percezione del presidente incaricato, secondo la Nirenstein, è quella «di un politico che coltiva un sentimento amichevole verso Israele ma che si è contraddetto nel caso dell'astensione sulla risoluzione Unesco che stravolge la storia negando Gerusalemme al popolo ebraico. Una situazione che si è ripetuta a quando all'Onu è state votata una mozione simile».
Ruth Dureghello, presidente CE di Roma
Più ufficiale e diplomatica l'opinione di Ruth Dureghello, attuale presidente della Comunità ebraica di Roma. «Prima dell'incarico definitivo preferisco non parlare per senso di responsabilità e rispetto. Con Gentiloni ho avuto un rapporto cordiale e tutte le istanze che gli abbiamo sottoposto sono state sempre attenzionate. Ma è un momento particolare per il Paese e non vorrei che fosse affrontato con superficialità questo passaggio».
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