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Ugo Volli
Cartoline
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Genuina passione? No grazie 06/12/2016
Genuina passione? No grazie
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

A destra: John Kerry con Barack Obama: in Medio Oriente un disastro dopo l'altro

Cari amici,

lo confesso, ho sempre trovato qualcosa di buffo e insieme di preoccupante in Kerry. Il quasi-ex-segretario di stato di Obama ha l’aria dinoccolata e sempre un po’ a disagio del professore di matematica scapolo in un istituto magistrale femminile; porta delle cravatte improbabili, sembra sempre preoccupato di urtare con la testa qualche ostacolo e sorride solo se incontra il suo omologo iraniano, il volpino Zarif, che magai gli racconta delle barzellette da commesso viaggiatore. Vicino a questi aspetti diciamo così, da simpatico perdente, c’è anche un’alterigia da riccone – cosa che è, quantomeno come marito di Teresa Heinz, grande azionista della Kraft-Heinz Company, la quinta impresa alimentare al mondo, che è fra l’altro famosa per il suo ketchup. Ma è un ricco della categoria weberiana triste, si vede benissimo che non frequenta Briatore o quelli come lui, gli farebbero paura.

L’altro ieri Kerry ha fatto una gaffe fantastica, lamentandosi che Trump non gli abbia chiesto il suo parere, o forse il suo permesso prima di telefonare al presidente di Taiwan: “avremmo potuto dargli una lista di argomenti di cui parlare, e comunque sarebbe carino se ci avvertisse prima di fare telefonate del genere” (http://dailycaller.com/2016/12/05/kerry-is-upset-trump-didnt-check-with-him-before-talking-to-taiwan/, http://jezebel.com/john-kerry-itd-be-cool-if-trump-told-us-before-calling-1789672608) ha dichiarato, come se Trump fosse, che so, il neoeletto sindaco di Milwaukee o il governatore dell’Alaska che si immischia di cose troppo grosse per lui. O un nipotino che cercasse di dimostrare il teorema di Pitagora da solo, senza il suo aiuto.

Tutto questo però ci riguarderebbe fino a un certo punto, se non fosse che Kerry ha voluto dire la sua anche su Israele, più o meno allo stesso modo. Ha parlato al “Saban Forum”, un incontro annuale che si propone di mettere di fronte i leader americani e israeliani, come proclama la sua autodescrizione (https://www.brookings.edu/series/saban-forum/). Molto neutrale, molto costruttivo. Peccato che sia organizzato dal Center for Middle East Policy della Brookings Institution. La Brookings è un think thank di politica estera molto di sinistra (https://www.brookings.edu/about-us/), il cui vicepresidente esecutivo per esempio è quel Martin Indyck che è stato uno degli ispiratori della politica di Obama sul Medio Oriente e sarebbe probabilmente diventato il segretario di Stato di Clinton (https://en.wikipedia.org/wiki/Martin_Indyk). Nel sito del centro sul Medio Oriente fanno bella mostra di sé, fra i tre “esperti” citati in home page, due signori di cui basta il nome per capire come la pensino, tal Shibley Telhami e talaltro Shadi Hamid…

Ma non approfondiamo oggi l’indagine su questa istituzione che ha ispirato le politiche antisraeliane di Obama, e torniamo a Kerry. Che cosa ha detto il nostro quasi-ex? Innanzitutto una dichiarazione d’amore, nel suo stile ampolloso: “Io mi sento davvero appassionato – genuinamente appassionato – riguardo a Israele, la Terra del Latte e del Miele” (così, con le maiuscole: http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/221266). Quanto al sionismo “è la più grande storia mai scritta” (il sionismo è una storia scritta? Boh). Il problema è che questa storia sta andando su “un cammino sbagliato” (una storia che cammina? Boh, boh): "Non c'è lo status quo - Sta peggiorando - Si sta muovendo nella direzione sbagliata", ha detto. "Devo dire la verità. Devo condividere con voi i fatti e descrivere a voi perché sono preoccupato. Vengo a voi come qualcuno che è preoccupato per la sicurezza e la sicurezza di Israele".

Immagine correlata
Donald Trump

E qui viene il punto pericoloso: “Ma non è finita, la fine della storia non è stata ancora scritta”. Forse perché ci vuole pensare lui a cambiarla. Naturalmente ai danni dei cattivi: "Dalla bocca dei ministri del governo in carica sono venute di recente dichiarazioni profondamente inquietanti. Per esempio, da Naftali Bennett". E ha concluso: "E vi dirò perché so che [questi ministri non vogliono la pace]: Perché la sinistra in Israele sta dicendo a tutti che [gli insediamenti] sono un ostacolo per la pace e la destra li appoggia apertamente perché non vogliono la pace." E’ chiaro perché il Dipartimento di Stato guidato da Kerry ha fatto tutto quel che poteva per ostacolare il governo israeliano regolarmente in carica, e prima è intervenuto in tutti i modi, anche finanziando la propaganda laburista per evitare che Netanyahu fosse rieletto? Ma per amore, per “genuina passione”! Il problema è che Kerry non è ancora un ex, è un quasi-ex. E resta il dubbio che Obama possa tentare, nei 35 giorni che gli restano, il colpo di coda di non porre il veto a una delibera antisraeliana non dell’Assemblea Generale dell’Onu, che ne fabbrica in serie, ma al Consiglio di sicurezza, che ha poteri reali. Obama ha lasciato intendere che non intende farlo, cedendo alle pressioni di molti, anche della grande maggioranza del Congresso, come gli ha chiesto di fare invece Carter. La situazione è aperta (https://www.algemeiner.com/2016/11/18/obama-unplugged/). Che cosa ha inteso annunciare il dinoccolato Kerry al Forum Saban? Non è chiaro. Lo capiremo presto. Ma speriamo che non ci sia nulla da capire, che invece di farsi telefonare da Trump per dargli consigli, Kerry provi a seguire la strada opposta e chieda lui indicazioni al nuovo presidente. E si tenga pure la sua genuina passione.

Immagine correlata
Ugo Volli


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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