L'odio antico, in uno slogan
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Cari amici,
avete voglia di andare a fare un giro, magari per le vacanze di Natale? Anch'io. Un viaggio religioso, naturalmente, pieno di spiritualità? Ottima idea. Magari con un po' di fortuna riuscite a ritemprare la vostra anima e anche il vostro corpo, magari godervi un po' di calduccio.
Se non vi è ancora venuta la voglia, magari vi posso suggerire una pubblicità che vi potrebbe incuriosire un po'. E' una pubblicità internazionale, scritta in inglese, naturalmente, ma la si vede anche da noi, di solito sulle fiancate e sul retro degli autobus turistici di un'agenzia di pellegrinaggi. Si esprime così, sentite se non è poetico: "A destination for a Catholic pilgrimage? Palestine, the Holy Land". Vale a dire: "Una destinazione per un pellegrinaggio cattolico? Palestina, la Terra Santa". Dietro lo slogan si vedono paesaggi di Gerusalemme, fra cui con molta evidenza la chiesa dei Getsemani. Voi direte certo, capiamo, è la solita propaganda dell'Autorità Palestinese, che si ostina a negare agli ebrei il diritto anche morale alla loro capitale storica.
Chi sostiene che la Terra Santa (un termine che ricorre nella tradizione ebraica come haAretz haqodesh) non è Israele, ma la "Palestina" sta negando tutta la tradizione ebraica, limitando il senso di "Terra Santa" al cristianesimo, e in prospettiva minacciando anch'essa, perché "Siria Palestina" è il nome che i Romani, sotto l'impero di Adriano, quand'erano pagani e persecutori dell'ebraismo e anche del cristianesimo, diedero alle terre che da mille anni appertenevano ai regni di Giudea e di Israele, per sfregio e per snazionalizzarli. Secondo i Vangeli, Gesù è nato nel regno di Giudea ed è morto a Gerusalemme; secondo questa scritta sarebbe nato in "Palestina" e morto ad "Aelia Capitolina", come Adriano ribatezzò la Città Santa (haIr haqodesh, anche questa denominazione si ritrova nella Bibbia ebraica). Di qui a dire che era "palestinese", e magari un profeta musulmano, "il primo shahid", vale a dire il prototipo dei terroristi, come è stato rappresentato con la kefià al collo in occasione della messa a Betlemme durante l'ultima visita papale ( http://www.focusonisrael.org/2014/05/26/la-visita-del-papa-in-israele-scatena-la-propaganda-palestinese/). E naturalmente di conseguenza ucciso dagli ebrei, non da un tribunale romano, secondo i vecchi modelli antisemiti (http://www.israele.net/ges-primo-martire-palestinese).
Cristiani ed ebrei insieme a Gerusalemme
E invece no, a compiere questa operazione di rifiuto della tradizione biblica non è qualche ufficio dell'Autorità Palestinese, né di Hamas, naturalmente e neppure della Lega Araba o dell'organizzazione degli stati musulmani. E' un ufficio della Santa Sede, l'Opera Pia Pellegrinaggi, che pure dovrebbe intendersi di che stato si trovi fra il Giordano e il Mar Mediterraneo, dato che ci fa il suo turismo religioso da sempre, ed è anche capace quando vuole di indicare nelle sue piantine i luoghi giusti dei luoghi (http://www.progettodreyfus.com/israele-alloccorrenza-terrasanta-palestina/). La cosa ha suscitato molte discussioni nel mondo ebraico, alcuni (come la Zionistic Organization of America) sono rimasti increduli di fronte a una provocazione così grossolana, a un così evidente rifiuto di prendere atto non solo della realtà attuale, ma della storia. Hanno pensato a un errore di un'agenzia. E invece no, un'indagine appena approfondita mostra che il manifesto è stato proprio voluto dall'opera pontificia dei pellegrinaggi e montato sui loro pulmann, avendo superato evidentemente tutti i controlli del caso. (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/221159).
Non credo ci sia bisogno di commentare. Vale solo la pena di dire a tutti i nostri amici cristiani che ci accusano di accanimento anticlericale che non è così. Che, nonostante tutti i gesti apprezzabili e apprezzati da parte dei papi e di tanta parte del mondo cattolico per superare l'"odio antico" e trovare un rapporto fraterno con gli ebrei, questo per lo più si ferma alla "religione ebraica" e ai singoli ebrei, fa fatica ad accettare la nozione di "popolo ebraico" e rifiuta in maniera quasi istintiva l'idea di una patria del popolo ebraico, di un suo stato. Non è solo opportunismo, la folle illusione di rabbonire l'islamismo compiacendolo. E' un residuo dell'idea che vi sia, anzi che vi debba essere una punizione collettiva del popolo ebraico per aver rifiutato di convertirsi, che, come su tante raffigurazioni medievali, il trionfo della Chiesa coincida con l'umiliazione della Sinagoga (rappresentata come cieca, perché non vede la divinità di Gesù). Diciamolo: quello slogan sui pullman è l'immagine del vecchio antigiudaismo (o antisemitismo, la distinzione fra questi due atteggiamenti non è affatto convincente sul piano storico e intellettuale) cattolico. Per cui magari gli ebrei possono continuare a vivere (se si convertono, come spesso fu decretato, o se no perché si convertano). Ma il popolo ebraico no, è destinato a sparire. E soprattutto non deve avere una sua casa, una patria, uno stato. Perché se fosse così, se ci fosse una sua normalità politica, se gli ebrei avesso diritti civili e politici collettivi (come li hanno in Israele), sul piano simbolico questa serebbe una sconfitta. E allora meglio una Palestina musulmana dittatoriale e intollerante dei cristiani, come in effetti è l'Autorità Palestinese, che un Israele democratico e garante della libertà di culto per tutti.
Ugo Volli