Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 03/12/2016, a pag.3, con il titolo "Anche il Vaticano contro l'Unesco" l'editoriale che segue.
Apprezzabile la presa di posizione del Vaticano contro l'islamizzazione di Israele, ma non essendo nati ieri, ne attribuiamo la decisione al fatto che insieme agli ebrei il passo successivo (già in atto anche se in misura più cauta) finirebbe per includere anche la figura di Gesù, già raffigurato nella mangiatoia avvolto in una keffia. Sparirebbe tutta l'iconografia cristiana, reinterpretata alla moda islamica. Via anche tutta l'arte cristiana, se l'islam cancella la storia di Israele sparisce anche la croce sostituita dalla mezzaluna. Questo non poteva non preoccupare la Santa Sede.
La Santa Sede prende posizione contro le risoluzioni antiebraiche Poco più d'un mese dopo l'approvazione da parte dell'Unesco delle ultime (le ennesime) risoluzioni che negano ogni legame del popolo ebraico con i luoghi santi di Gerusalemme - vicenda segnalata dal Foglio, che per l'occasione aveva promosso una manifestazione sotto la sede italiana dell'agenzia onusiana dedita a occuparsi di cultura - anche la Santa Sede è intervenuta sulla questione. E i toni usati sono netti. La presa di posizione, come è consuetudine quando la chiesa interviene in controversie che hanno a che fare con la diplomazia, è giunta non nei giorni della polemica e dell'indignazione corale, bensì quando le acque si sono calmate. A fare testo è il comunicato congiunto tra Vaticano e Israele diffuso ieri. A emetterlo è stata la commissione bilaterale di cui fanno parte le delegazioni del Gran rabbinato d'Israele e la commissione della Santa Sede per i Rapporti religiosi con l'ebraismo, che si è riunita a Roma in questi giorni (tra i firmatari, il rabbino Ratzon Arusi, il cardinale Peter Turkson e mons. Pierbattista Pizza-balla, amministratore apostolico di Gerusalemme). Il testo critica "con forza il tentativo di negare la storia biblica e il legame del popolo ebraico al proprio luogo più santo, il Monte del Tempio". Cioè la parte delle risoluzioni che più aveva indignato il governo israeliano e le varie comunità ebraiche all'estero
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