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La Stampa Rassegna Stampa
01.12.2016 Iraq: ecco il Ministro degli Esteri, nemico dei curdi
Lo intervista Giordano Stabile

Testata: La Stampa
Data: 01 dicembre 2016
Pagina: 10
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «'Spazzeremo via l'Isis, nessuno potrà dividere il nostro Iraq'»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 01/12/2016, a pag. 10, con il titolo "Spazzeremo via l'Isis, nessuno potrà dividere il nostro Iraq", l'intervista di Giordano Stabile a Ibrahim al-Jaafari, Ministro degli Esteri iracheno.

L'intervista a Ibrahim al-Jaafari, consente di conoscere la linea del governo iracheno, sciita, filo-iraniano e dunque in lotta contro l'estremismo sunnita dello Stato islamico ma anche contro i curdi, unico vero bastione nei paesi arabo-musulmani dell'Occidente. Da alleati come il governo iracheno, quindi, l'Occidente farà bene a guardarsi.

Ecco l'intervista:

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Giordano Stabile

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Ibrahim al-Jaafari, Ministro degli Esteri iracheno

Ibrahim al-Jaafari ha preso le redini della politica estera dell’Iraq nel settembre di due anni fa. Uno dei momenti più bui del Paese, con un terzo del territorio in mano all’Isis, una pulizia etnica in corso contro cristiani, yazidi, curdi, sciiti. Oggi gli uomini del Califfo Abu Bakr al-Baghdadi hanno perso oltre metà del territorio che controllavano e sono circondanti a Mosul e Tall Afar, le loro ultime roccaforti. La riunificazione fisica dell’Iraq è vicina. Resterà da fare quella politica, forse un’impresa ancora più difficile.

Ministro Al Jaafari, gran parte della parte orientale di Mosul è stata liberata. È l’inizio della fine per l’Isis?
«Siamo certamente ai capitoli finali nella battaglia contro Daesh e molto vicini a espellerlo dall’Iraq. Le perdite territoriali citate illustrano la grande ritirata di questa organizzazione criminale di fronte alle nostre truppe, eroiche, e indicano tutta la sua debolezza e il collasso in corso. L’Isis perde terreno nonostante usi tutti i mezzi per rallentare l’avanzata dei nostri soldati, dalle trappole-bomba sulle strade e nelle case, all’uso dei civili come scudi umani. Per questo i combattimenti vengono condotti con la massima cautela, per evitare vittime fra la popolazione. Ma l’Isis sta esalando l’ultimo respiro in Iraq, ci sono spaccature interne e il morale dei combattenti è distrutto».

La battaglia è molto dura ma anche il dopo sarà difficile. Che piani avete per Mosul?
«Il futuro di Mosul è qualcosa che va pensato con cautela. La parte più importante sarà la ricostruzione delle infrastrutture, la stabilizzazione delle comunità, il ripristino dei servizi pubblici e delle istituzioni, di tutto quelle che serve ai cittadini per una vita dignitosa. Soprattutto in vista delle elezioni provinciali del 2017. Dobbiamo garantire agli abitanti di Mosul e dei dintorni la partecipazione al processo democratico, al pari di tutte le altre province. Tengo a sottolineare che non ci sarà un governatore militare».

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Peshmerga curdi con bandiera dello stato kurdo che ancora non è stato proclamato

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha reclamato un «ruolo» nella battaglia di Mosul.
«La Turchia può sinceramente contribuire alla lotta contro il terrorismo, ma in coordinamento con il governo iracheno e nell’ambito della Coalizione internazionale che è stata formata con questo proposito, non attraverso politiche di ingerenza in altri Paesi. Non vogliamo che la battaglia si trasformi in un conflitto regionale, come alcuni vogliono, e chiunque aspiri davvero a combattere il terrorismo deve stare lontano dai giochi di interessi».

Mosul è la più grande città sunnita in Iraq e rappresenta la sfida più difficile per mantenere l’equilibrio etnico nel Paese. Come l’affronterete?
«Mosul è una metropoli multi-etnica e multi-confessionale, dove sunniti e sciiti, curdi, arabi e turkmeni, cristiani, yazidi e shabak vivono assieme. La priorità del governo, e la sua maggiore preoccupazione, è la protezione delle minoranze per preservare queste diversità».

Ma i curdi avranno un ruolo nella città di Mosul o entreranno come a Kirkuk? Ci sono rapporti che accusano il Governo regionale curdo (Krg) di espellere gli arabi da zone a Sud di Kirkuk.
«Il Krg sta attivamente partecipando alla liberazione di Mosul e i peshmerga hanno un ruolo chiaro nella battaglia. Ma il presente e il futuro della città sarà deciso dalla sua popolazione. I peshmerga sono entrati a Kirkuk quando era esposta al rischio di un attacco dell’Isis. Per quanto riguarda il rapporto, è importante sottolineare che nessuno è autorizzato a espellere un cittadino dalla sua residenza e che Kirkuk ha uno statuto speciale che sarà definito in base alla Costituzione e con il dialogo politico».

La leadership curda parla apertamente di indipendenza.
«Non crediamo che sia nell’interesse curdo seguire questa strada. La natura della crisi economica regionale, le loro divisioni politiche e gli sviluppi nell’intera regione non incoraggiano questo tipo di progetti. Siamo convinti che la migliore prospettiva per questo popolo generoso sia far parte di un Iraq federale».

L’Iraq ha il pieno appoggio degli Stati Uniti e dell’Iran. Un equilibrio ideale, ma durerà anche dopo la disfatta dell’Isis?
«Speriamo che i nostri alleati e amici continuino e rafforzino il loro appoggio all’Iraq dopo la vittoria sul terrorismo, specialmente per quanto riguarda la ricostruzione e la stabilizzazione. Siamo aperti, pronti a mantenere le nostre relazioni con ogni Paese che rispetta i nostri interessi e gli interessi del nostro popolo. In questo quadro, Iran e Usa erano e sono ancora alleati importanti e protagonisti nella lotta al terrorismo».

Con il presidente eletto Donald Trump l’America sembra più vicina alle posizioni della Russia. Influirà in Medio Oriente?
«Speriamo che la presidenza Trump sia caratterizzata da uno sforzo ancora maggiore nel combattere ed eliminare il terrorismo globale. Ogni riavvicinamento fra America e Russia è il benvenuto e ci conforta».

Come giudica il ruolo dell’Italia in questo contesto?
«L’Italia è stata fermamente con noi nella lotta al terrorismo, la Storia lo ricorderà, e anche gli iracheni. Gli sforzi nell’addestramento dell’esercito e della polizia federale e locale, l’impegno nella riparazione della diga di Mosul sono un esempio chiaro del tipo di sostegno dell’Italia all’Iraq. Speriamo in un ruolo ancora maggiore in futuro, specialmente per le aziende italiane, nella ricostruzione nelle aree liberate».

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