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Ugo Volli
Cartoline
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Voltare pagina 22/11/2016
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Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

A destra: Alan Dershowitz

Cari amici,

probabilmente non tutti se ne sono accorti, i giornali non l’hanno raccontato, ma stiamo vivendo un momento storico. O se volete, il passaggio di cui siamo testimoni è una discontinuità così rilevante nel mondo occidentale, da superare la semplice cronaca politica. Che cosa sta accedendo? Abbiamo davanti il tramonto di un’egemonia politica che dura da alcuni decenni, quella del pensiero che si è autodefinito progressista (nel gergo politico americano liberal). La vittoria di Trump dopo la Brexit, i risultati anche recentissimi delle elezioni nei paesi dell’Europa orientale, quel che si sa dell’orientamento dell’opinione pubblica nei paesi dove si voterà nei prossimi mesi (fra l’altro Germania, Francia, Olanda, Austria) mostrano questo cambiamento: i partiti e i personaggi che si richiamano alla continuità con il pensiero e l’azione politica di Obama e Merkel (per caratterizzarli con questi due nomi, ma si dovrebbe andare ben più indietro) sono in difficoltà dappertutto. Gli elettorati non accettano più la “decrescita felice” (uno slogan degli estremisti di questo schieramento) dell’Occidente né sul piano politico né sul piano economico, non vogliono lasciarsi invadere e islamizzare, non sono disposti ad affogare le loro identità in un mondialismo burocratico, sono stufi del confuso neo-socialismo con cui sono stati catechizzati in questi anni.

E’ una reazione strana al paradosso per cui la vittoria sulla sfida del socialismo reale, ottenuta negli anni Ottanta da Reagan, Tatcher, Woijtila è stata seguita solo per poco dall’affermazione dei loro valori liberali (non liberal all’americana) e poi dall’ondata antioccidentale, terzomondista, assistenzialista, neosocialista che ha raggiunto anche le istituzioni guida dell’Occidente, dal vertice della Chiesa alla presidenza degli Stati Uniti. Bergoglio ha dichiarato di recente, grosso modo, che gli ideali del comunismo sono portati avanti dalla Chiesa e Obama ha spesso definito la tradizione politica occidentale come sbagliata e criminale, bisognosa di scuse e di riparazioni. Che sia stato l’Occidente ad assicurare la libertà delle persone (e in particolare di quelle tradizionalmente oppresse come le donne), che le innovazioni scientifiche tecnologiche ed economiche da cui dipende l’enorme aumento del benessere o almeno la diminuzione radicale della povertà a livello mondiale, che siano state regolarmente smentite le previsioni apocalittiche dell’ecologismo (per esempio l’esaurimento delle risorse energetiche che il Club di Roma nel 1972 profetizzava con grande clamore prima della fine del millennio: https://it.wikipedia.org/wiki/Rapporto_sui_limiti_dello_sviluppo) a questa ideologia non importa. Il capitalismo è sbagliato, il liberalismo è sbagliato, l’”accoglienza”, l’intervento pubblico e il terzomondismo sono la risposta obbligatoria.

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Donald Trump

E’ questa fase masochistica della politica occidentale che sta finendo, questo è il segnale forte della presidenza Trump. Il problema è che l’egemonia politica del neosocialismo ha nel frattempo divorato o inglobato anche i partiti di destra. Così è accaduto, per fare un esempio solo, in Germania, dove la CDU, una volta solida destra democratrica, è quella che porta avanti oggi con Merkel la causa dell’immigrazione selvaggia. E dunque l’alternativa che gli elettori cercano non può che essere estranea alle formazioni politiche tradizionali, si tratti di personaggi molto particolari come Trump o di partiti relativamente nuovi come l’AfD in Germania e i liberali di Wilders in Olanda. In queste condizioni c’è naturalmente il rischio di legami più o meno diretti con forze politiche e personaggi legati alle vecchie ideologie fasciste. Questo è per esempio il caso di Marine Le Pen in Francia, il cui padre rappresenta la continuità con un passato fascista che la figlia si sforza invece di spezzare. Ma questo rischio è già stato corso con i neocomunisti (che ereditano una tradizione politica altrettanto criminale di quella fascista), conservando anch’essi nostalgie e legami col passato. Se è andato al governo D’Alema, può certamente andarci anche Marine Le Pen.

La storia è fatta di dettagli, di singole azioni politiche, di scelte di persone e di azioni. E’ interessante in questo momento vedere come gli sconfitti reagiscano alla rottura, in Europa e negli Stati Uniti. E’ interessante per esempio vedere che da ogni sostenitore di Trump, ogni scelta di collaboratori che egli fa emerga l’accusa di antisemitismo, regolarmente smentita. E’ il caso, per fare solo un esempio, di Steve Bannon, che è stato nominato da Trump responsabile della strategia politica delle nuova amministrazione, violentemente attaccato dal leader dell’Antidefamation League, l’organizzazione che tradizionalmente combatte l’antisemitismo (https://www.washingtonpost.com/news/acts-of-faith/wp/2016/11/15/anti-defamation-league-decries-stephen-bannon-while-other-jewish-groups-stay-silent/) e in particolare dal suo presidente nazionale Jonathan Greenblatt. Un’accusa puntualmente ripresa dai giornali europei. Sennonché Bannon è stato difeso da una delle star più significative del mondo progressista americano, il grande avvocato Dershowitz (http://www.washingtontimes.com/news/2016/nov/16/alan-dershowitz-defends-steve-bannon-i-havent-seen/) e la stessa ADL ha dovuto ammettere che non c’era alcun elemento concreto per accusare Bannon (http://www.breitbart.com/big-government/2016/11/17/bannon-breitbart-anti-defamation-league-backs-down/) ed è venuto fuori che lo stesso Greenblatt è un vecchio dipendente di Soros, che negli ultimi anni ha fatto carriera nell’amministrazione Obama (http://www.jewishpress.com/news/breaking-news/greenblatt-headed-obama-admin-agency-soros-funded-initiative-before-adl/2016/11/20/). Insomma è un avversario politico, che specula sulla tradizione storica dell’ADL per combattere Trump.

E’ lo stesso che ha annunciato con clamore che si registrerà come musulmano se l’amministrazione schederà i fedeli islamici americani, che è un provvedimento adesso ovviamente inesistente, dato che fino a fine gennaio comanda Obama, il quale ha proibito all’amministrazione di usare le parole terrorismo islamico. Trump le userà, le farà usare e farà sorvegliare i gruppi pericolosi, come del resto avviene già in Italia col risultato di aver reso il nostro paese più sicuro per il momento di Francia, Belgio, Germania (nonostante gli interventi della magistratura). Il fatto è che i nostalgici del vecchio neosocialismo cercano di rendere la vita impossibile a Trump come lo fecero con Berlusconi (è un paragone che è stato fatto spesso: https://www.theguardian.com/world/2016/nov/21/if-berlusconi-is-like-trump-what-can-italy-teach-america). Il problema è che l’America non è l’Italia, che Trump sembra molto più desideroso di rovesciare il vecchio sistema di quanto lo fosse Berlusconi, legato com’era ai socialisti di Craxi e nostalgico della Dc (http://www.ilfoglio.it/politica/2016/03/05/news/qualche-verita-su-trump-e-berlusconi-93437/), e che probabilmente resteranno senza effetto sia l’interdizione demagogica di cui è oggetto, sia i consigli pelosi di diventare un “fake Trump” simil-Clinton per governare bene (così sorprendentemente Giuliano Ferrara, per esempio: http://www.ilfoglio.it/esteri/2016/11/15/news/il-paradosso-di-trump-nel-suo-passaggio-da-bully-a-fake-106939/, ma anche altri). Trump è stato eletto per voltare pagina e possiamo essere ragionevolmente sicuri che lo farà.

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Ugo Volli


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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