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La Stampa Rassegna Stampa
17.11.2016 Primo Levi, gli inediti del chimico scettico
Analisi di Ernesto Ferrero, Ada Treves

Testata: La Stampa
Data: 17 novembre 2016
Pagina: 24
Autore: Ernesto Ferrero - Ada Treves
Titolo: «Il chimico scettico che distilla il Male - Tra Torino e New York»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 17/11/2016, a pag. 24, con il titolo "Il chimico scettico che distilla il Male", l'analisi di Ernesto Ferrero; a pag. 25, con il titolo "Tra Torino e New York", l'analisi di Ada Treves.

Ecco gli articoli:

Ernesto Ferrero: "Il chimico scettico che distilla il Male"

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Ernesto Ferrero

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Primo Levi

Quanti fraintendimenti e semplificazioni hanno accompagnato la ricezione delle opere di Primo Levi. Il prossimo 11 aprile cadranno i trent’anni della sua scomparsa, eppure non è mai stato così vivo e presente in tutto il mondo, a partire dagli Stati Uniti, dove la benemerita edizione delle Opere complete uscita da Norton Liveright in tre volumi ne propizierà ulteriormente la diffusione. A lungo è rimasto prigioniero del cliché riduttivo del testimone, come se le cose che aveva raccontato fossero più importanti del come le aveva raccontate, come se Se questo è un uomo non fosse in primo luogo un capolavoro letterario (se ne erano accorti sin dalla prima uscita del 1947 Antonicelli, Calvino, Cajumi e Cases). Pesava su di lui l’autoadesivo del chimico che scrive la domenica, come se la chimica fosse una disabilità lieve ma evidente, uno strabismo, una zoppìa, e non invece un arricchimento di strumenti conoscitivi. Aveva ben ragione lo stesso Primo quando spiegava con la sua infinita pazienza (quanta ne ha dovuto spendere con tutti, a partire dal suo stesso editore) che la chimica è una buona metafora della scrittura. Compie le stesse operazioni, distinguere, pesare, filtrare; predispone allo scrivere chiaro, esatto e conciso.

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Un mondo a parte
Ma è anche vero che la leggenda del libro composto di getto sotto l’urgenza del rendere testimonianza l’aveva accreditata lui stesso, come confesserà nel 1985 a Germaine Greer. Per modestia e understatement, perché si sentiva estraneo alla malevola corporazione degli scrittori di professione, per non confessare a se stesso che ancora prima di partire per Auschwitz aveva coltivato sogni di scrittura e scritto poesie e racconti, lui che al D’Azeglio era stato rimandato a ottobre in italiano, anche se aveva assimilato gli ottimi insegnamenti della scuola di Gentile. Era uno scrittore, quello che era partito da Fossoli nel vagone piombato, nutrito di mentalità e letture scientifiche, un antropologo, un linguista, un etologo in piena allerta intellettuale. L’umanità non poteva mandare miglior inviato nel cuore della macchina dello sterminio, nei tragici misteri dell’uomo.

Resistenza ebraica
Dopo che nel 1963 La tregua aveva dato misura del suo talento di affabulatore, Levi ha continuato a fornire prove delle sue qualità di scrittore poliedrico con la consueta, forse eccessiva discrezione: i racconti «fantabiologici» (come li chiamava Calvino), favole morali che si interrogavano su un uso distorto della tecnologia assai simile a quello del Lager; l’autobiografico Sistema periodico, romanzo in forma di racconti; La chiave a stella, gustosa riproposta della felicità del lavoro manuale, quasi scandalosa nel 1978 ideologizzato; il romanzo-romanzo Se non ora quando?, epopea di resistenza ebraica; le poesie, accorati microracconti del disincanto; gli incantevoli racconti e gli elzeviri pubblicati su questo giornale, e sottesi dal più amabile degli enciclopedismi; sino a quel capolavoro antropologico che è I sommersi e i salvati, che introduce la fondamentale categoria della «zona grigia». Un libro che lo Stato dovrebbe consegnare ad ogni cittadino al conseguimento della maggiore età, perché parla di noi oggi.

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Con gli anni si è finalmente capito che Levi è un continente più vasto e sorprendente di quanto andavano rivelando gli stessi copiosi lavori critici in corso: l’edizione delle Opere complete curata da Marco Belpoliti per Einaudi nel 1997 con un saggio introduttivo di Daniele Del Giudice che metteva il lettore sulla strada giusta; il numero monografico della rivista Riga (Marcos y Marcos, 1997); l’intenso lavoro avviato a partire dal 2008 dal Centro Studi Primo Levi di Torino, esemplarmente diretto da Fabio Levi; le otto «Lezioni Primo Levi» promosse sino ad oggi dal Centro; il gran volume in cui Belpoliti ha raccolto le sue ricerche (Levi di fronte e di profilo, Guanda 2015); ed ora i due primi tomi di una nuova edizione delle Opere complete, che escono da Einaudi sempre curati da Belpoliti. Vi si possono trovare la prima edizione di Se questo è un uomo, la sua versione teatrale e l’adattamento radiofonico, le note informative redatte dallo stesso Levi per le edizioni scolastiche, la tesi e la sottotesi di laurea, testi di argomento tecnico, l’antologia personale La ricerca delle radici, venti nuovi testi di pagine sparse e ritrovate. Inoltre le note ai testi si arricchiscono sensibilmente degli studi intrapresi negli ultimi vent’anni e del confronto con i dattiloscritti disponibili (vol. I, pp. LXXXVIII-1536, vol II pp. XVI-1854, €160).

Il terzo volume
In attesa del terzo e conclusivo volume, dedicato alle conversazioni e alle interviste, il lettore ha così a disposizione un corpus imponente, che facilita nuove esplorazioni ed aumenta ancora il numero delle facce del poliedro Primo Levi, molto più imprevedibile dell’immagine «buonista» che ce ne siamo fatta. Spietato con se stesso e con gli inganni della memoria, bastian contrario che non teme di navigare controcorrente, maestro di ossimori, affascinato e angosciato dalle asimmetrie che sembrano governare il cosmo, studioso di vortici e di fenomeni estremi, non offre conclusioni tranquillizzanti e catartiche, ma semmai vuole tenerci svegli, allarmati, dubitosi, reattivi. Auschwitz è sempre, se è stata può ancora essere, e difatti è stata ed è. Siamo noi, i presunti «normali», i potenziali abitanti della città del Male.

Ada Treves: "Tra Torino e New York"

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Ada Treves

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Ann Goldstein

Sono diversi i percorsi che hanno portato all’uscita, a distanza di poco più di un anno, dell’edizione americana e poi italiana delle Opere complete di Primo Levi, segno entrambe in un interesse che non scema. Differenti anche i profili delle persone che vi hanno lavorato: Ann Goldstein, apprezzata traduttrice e redattrice del New Yorker, oltre che ricercata editor, ha avuto il compito di uniformare la lingua, ritraducendo alcuni testi di Levi e coordinando il lavoro del team che ha lavorato su The Complete Works of Primo Levi (Liveright, 2015). Marco Belpoliti è scrittore e saggista, studioso dell’opera di Levi da decenni, nonché curatore della prima edizione delle Opere, uscita nel 1997, anch’essa per Einaudi. Allo scrittore torinese, di cui ha curato per la stessa casa editrice diverse raccolte di articoli e racconti, ha dedicato anche La prova, narrazione del viaggio compiuto insieme al regista Davide Ferrario sui percorsi de La tregua (uscito per Einaudi è in ristampa per Guanda), e il più recente Primo Levi di fronte e di profilo (Guanda), in cui ha raccolto quanto scritto nel corso di decenni.

È di poche settimane fa l’incontro tra Goldstein e Belpoliti avvenuto negli Stati Uniti in occasione dell’assegnazione del premio italo americano «The Bridge/Il ponte», vinto da Primo Levi di fronte e di profilo, che ha portato sullo stesso palcoscenico due diverse esperienze. Ann Goldstein nel 2004, coinvolta nel progetto dei Complete Works, si è resa conto che raccogliere quanto pubblicato fosse insufficiente. «Si trattava di traduzioni fatte in epoche diverse. In particolare quella di Se questo è un uomo risaliva a cinquant’anni fa. Quando con Bob Weil, il direttore di Liveright, siamo riusciti a contattarne l’autore, Stuart Wolf, abbiamo scoperto che da tempo avrebbe voluto farne una revisione. In altri libri, penso in particolare alle raccolte di racconti, si trovavano testi tradotti in maniere stilisticamente del tutto differenti. Un lavoro molto frammentario». Una frammentarietà inadatta a un lavoro di tale portata. «Abbiamo allora deciso - ha spiegato - di seguire l’edizione delle Opere del ’97, che sapevamo essere in corso di revisione».

Le Opere complete sono in effetti molto più che una revisione, come ha chiarito Belpoliti: «Ho raccolto materiale che era conservato in archivi o da amici di Levi, e ho potuto lavorare sui dattiloscritti delle prime opere, ora accessibili grazie al riordino dell’archivio Einaudi». Nelle note, più di duecento pagine che sono un distillato di vent’anni di lavoro e in cui Belpoliti ha voluto ringraziare il Centro internazionale di studi Primo Levi e i tanti studiosi che si sono dedicati allo scrittore torinese, molte sono le idee nuove con cui, una volta di più, il mondo della critica letteraria dovrà fare i conti. Una in particolare gli è cara: «L’ho realizzato solo a posteriori, ma ora sono convinto che si possa affermare che Se questo è un uomo, sempre considerato un punto di partenza del lavoro di Levi, è invece un punto di arrivo».

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