Il ruggito vigliacchetto del coniglio
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Cari amici,
ci sono state varie reazioni all’elezione di Trump, ne abbiamo lette tutti alcune. C’è stata la superbia europea, non solo dei giornalisti che dopo aver sbagliato tutte le previsioni hanno ripreso a far propaganda anti-Trump dal giorno dei risultati ma anche i politici più o meno alcolizzati (http://www.ilmessaggero.it/home/ue_juncker_problemi_alcol_media_inglesi-474504.html) che si sentono superiori a Trump per definizione. C’è stato l’entusiasmo del governo di Israele, l’attenzione dell’Egitto e dell’India, le frasi di circostanza di molti, c’è stato perfino l’ammonimento diplomatico dell’Iran a non cambiare i patti, peraltro sottoscritti da Obama e mai ratificati dal Senato, come richiede la Costituzione americana (https://www.algemeiner.com/2016/11/13/report-senior-iranian-cleric-warns-president-elect-trump-not-to-play-around-with-tehran-says-democrats-republicans-both-in-service-of-zionists/), le minacce di morte da parte di qualche bravo democratico giornalista inglese del Guardian (https://www.thesun.co.uk/news/2170017/guardian-journalist-sparks-fury-after-calling-for-donald-trumps-assassination-over-twitter/), c chi – la Fratellanza musulmana – ha descritto l’elezione come un disastro (https://www.middleeastmonitor.com/20161109-muslim-brotherhood-trump-victory-a-disaster/), più o meno come i giornali progressisti. Tutte cose più o meno prevedibili.
Donald Trump
Quel che era difficile prevedere era la reazione palestinista. Un non paese, che vive di aiuti internazionali e che, da quando da movimento esplicitamente terrorista ha provato a definirsi stato, ha contato massicciamente sul senso di colpa americano per contrastare le ragioni di Israele. Bene, sapete come ha reagito il rappresentante dell’Autorità Palestinese all’Onu alla notizia che era stato eletto alla presidenza degli Stati Uniti il candidato che si era impegnato a trasferire l’ambasciata americana in Israele a Gerusalemme? Semplice, l’ha minacciato. Sì, la formica che minaccia l’elefante, o se volete il ruggito del coniglio (http://www.jewishpress.com/news/breaking-news/pa-un-envoy-threatening-to-make-trumps-life-miserable-for-moving-embassy-to-jerusalem/2016/11/13/). “Vi rovineremo la vita”, ha dichiarato il fine diplomatico Riyad Mansour. E con un sussulto di prudenza ha aggiunto “alle Nazioni Unite”. Come se nell’organizzazione in cui l’Autorità Palestinese è solo un “membro osservatore” senza diritto di voto, essa potesse seriamente impensierire la prima potenza mondiale, che ha la possibilità non solo di votare, ma anche di impedire col veto ogni deliberazione del solo organismo esecutivo dell’Onu, cioè il Consiglio di Sicurezza.
Dunque, sono minacce a vuoto. Ma bisogna leggere in filigrana queste dichiarazioni. Dice Mansour: se trasferiscono l’ambasciata a Gerusalemme, vuol dire che accettano la presenza israeliana e dunque “they are showing belligerency towards us” mostrano di essere nostri nemici e dunque “if they do that nobody should blame us for unleashing all of the weapons that we have” se fanno così nessuno ci dovrebbe criticare se sfodereremo tutte le armi che abbiamo… e poi aggiunge “in the UN”, alle Nazioni Unite. Ma chi conosce il modo di parlare di questa gente, sa che non si tratta tanto delle armi alle Nazioni Unite, che non esistono, ma del terrorismo, che invece esiste. L’Autorità Palestinese sta minacciando Trump di usare il terrorismo contro obiettivi americani – il che è certamente nell’ordine delle possibilità. Sarà interessante vedere se lo faranno davvero. Il ruggito del coniglio resta conigliesco anche quando è realistico. Possiamo solo sperare che Trump abbia ricevuto il messaggio e ne abbia tratto le conseguenze giuste: quando un botolo (o un coniglio, se fosse possibile) ti ringhia contro, non va accontentato, non bisogna cedere, ma prenderlo a calci. State pur sicuri che non lo rifarà.
Ugo Volli