Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 12/11/2016, a pag. 3, l'editoriale "Erdogan tira ancora la corda".
Nessun cenno da parte dell'Europa e dell'Occidente intero di fronte alla continua repressione delle libertà e dei diritti in Turchia. Ma anche chi tace oggi sarà chiamato a rendere conto del proprio silenzio di fronte ai crimini di Erdogan.
Ecco l'articolo:
Recep Tayyip Erdogan
Non ha fatto in tempo a toccare il suolo turco che già le manette gli si stringevano ai polsi. Akin Atalay, presidente del consiglio di amministrazione del quotidiano turco d’opposizione Cumhuriyet, è stato arrestato con l’accusa di terrorismo al suo arrivo in Turchia dalla Germania. Un veicolo della polizia lo attendeva ai piedi della scaletta dell’aereo all’aeroporto di Istanbul.
L’arresto di Atalay arriva dopo che, a fine ottobre, era stato imprigionato anche il direttore del quotidiano, Murat Sabuncu, ed era stato spiccato un mandato nei confronti di Atalay e di 13 giornalisti di Cumhuriyet. La vicenda riguarda presunti legami del quotidiano liberale con il partito curdo dei lavoratori Pkk, nella lista nera del terrorismo di Ankara, e con l’imam Fethullah Gülen, accusato da Erdogan di essere il mandante del tentato golpe del 15 luglio. Dieci giorni fa, la polizia turca aveva fatto irruzione nella sede del quotidiano, arrestando il direttore Sabuncu, insieme ad altri nove giornalisti.
Perquisizioni erano state compiute in diversi abitazioni, compresa quella di Atalay che in quel momento si trovava in Germania. Gli attacchi del governo a Cumhuriyet iniziarono quando il quotidiano pubblicò informazioni su un camion dell’intelligence di Ankara carico di armi e diretto ai ribelli islamisti in Siria. Il direttore di allora, Can Dündar, fu condannato in primo grado a cinque anni e dieci mesi per spionaggio, e insieme a lui il caporedattore Erdem Gul. Oggi Dündar è rifugiato in Germania. Dopo l’arresto di Atalay, le organizzazioni di difesa dei diritti umani hanno nuovamente manifestato la loro preoccupazione per il rispetto della libertà di espressione, ma la risposta dell’Unione europea, come al solito, è stata debole.
Oltre a imprigionare o far licenziare centinaia di migliaia di oppositori e dipendenti pubblici accusati di aver partecipato al golpe, al punto che decine di giornali e media sono stati costretti a chiudere negli ultimi mesi, Erdogan sta in questi giorni spingendo il suo piano di riforma costituzionale per ottenere poteri quasi assoluti nel paese, e prepara inoltre un disegno di legge per reintrodurre la pena di morte. Il ricatto migratorio ancora regge: l’Europa, e soprattutto la Germania, hanno bisogno che il sultano tenga chiuso il corridoio dei Balcani, ma fino a quando potranno sopportare l’istituzione di una dittatura autocratica ai loro confini?
Per inviare la propria opinione al Foglio, telefonare 06/589090, oppure cliccare sulla e-mail sottostante