Riprendiamo dal MANIFESTO di oggi, 10/11/2016, con il titolo "Su Gerusalemme 'qualcosa di sconvolgente' ", il commento di Michele Giorgio.
Le dichiarazioni di Massimo D'Alema a proposito di Gerusalemme sono in linea con la sua politica estera, da sempre filo-araba a oltranza (come dimenticarlo a braccetto dei terroristi di Hezbollah non molti anni or sono a Beirut?). E' significativo che sia il Manifesto a intervistarlo, un quotidiano schierato con il terrorismo palestinese contro Israele.
Il fatto che la sinistra israeliana incontri D'Alema, inoltre, spiega perché il partito laburista non governa più da molti anni. Che Herzog e Livni abbiano scelto come interlocutore della sinistra D'Alema,è molto grave. Ignoranza della politica italiana o mal consigliati. Non costituiranno mai un'alternativa credibile al governo Netanyahu se saranno la fotocopia israeliana di D'Alema. E una sinistra senza leader non è bene per la democrazia.
Ecco l'articolo:
Michele Giorgio
Massimo D'Alema con terroristi di Hezbollah
«I presidenti vanno giudicati all'opera e non sulla base delle dichiarazioni elettorali. Certo è che Trump in campagna elettorale ha detto di essere pronto a riconoscere il diritto di Israele di annettersi Gerusalemme, che sarebbe una ferita non solo per i palestinesi ma per l'intero mondo arabo e direi sarebbe un colpo alla libertà religiosa anche per i cristiani». Così l'ex presidente del consiglio Massimo D'Alema ha risposto a una domanda del manifesto sui riflessi in Medio Oriente della vittoria di Trump, durante la visita che ha fatto ieri alla scuola per i bambini beduini di Khan al Ahmar, costruita dalla ong Vento di Terra, minacciata di demolizione dalle autorità israeliane.
«Resto dell'idea che la Gerusalemme storica, dentro le mura, dovrebbe essere una città internazionale — ha aggiunto D'Alema - aperta a tutti e simbolo di convivenza e di pace. Invece l'ebraizzazione e la progressiva espulsione dei non-ebrei dalla città di Gerusalemme secondo me aprirà una ferita drammatica». L'ex presidente del consiglio si è perciò augurato che Trump non riconosca come parte di Israele tutta Gerusalemme, inclusa la zona araba (Est) occupata durante la Guerra dei Sei Giorni nel 1967, e che comunque possa essere dissuaso dal farlo.
«Il presidente americano - ha detto - contrariamente a quello che si pensa non è un uomo onnipotente ma deve tenere conto di un complesso di condizionamenti, di forze. Bisogna sperare che le premesse non divengano realtà perché se così fosse tutto diventerebbe più difficile, più drammatico. Soprattutto — ha sottolineato - avverrebbe una cosa dagli effetti imprevedibilmente sconvolgenti. Il conflitto diventerebbe definitivamente religioso. Finché si tratta di un conflitto nazionale attraverso la divisione del territorio può trovare una soluzione. Se invece diventa un conflitto religioso che ha al centro addirittura una città simbolo come Gerusalemme non ci sarebbero soluzioni possibili. E questo avrebbe conseguenze molto gravi compreso il fatto di rilanciare il fondamentalismo islamico».
Ytzhak Herzog, Tzipi Livni
D'Alema nei giorni scorsi ha avuto incontri con alcuni esponenti politici israeliani, tra i quali l'ex ministra degli esteri Tzipi Livni e il capo dell'opposizione laburista Yitzhak Herzog, e con il presidente dell'Autorità nazionale palestinese Abu Mazen.
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