Linguaggio cifrato: sostituire Francia con Italia, il risultato è identico
Commento di Michelle Mazel
(Traduzione di Yehudit Weisz)
http://www.jpost.com/Edition-Francaise/Politique/Du-bon-usage-de-la-langue-française-471817
Per capire la lingua francese, oggi occorre una profonda conoscenza dell’attualità, tante sono le parole che tendono a cambiare significato. Ad esempio bisogna adeguarsi alla nuova ideologia del “politically correct” importata dagli USA, per cui può succedere che un individuo colpevole di un delitto sia presentato dalla stampa come “un giovane immigrato”. Fino a poco tempo fa “giovane” era qualcuno con al massimo una ventina d’anni; oggi invece lo si è tra l’adolescenza e i quaranta. Ma il giornale non riferisce nulla sull’immigrazione da cui proviene, anche se tutto fa pensare che abbia origine in un paese non europeo.
Ma più interessante ancora è l’evoluzione della parola “radicale”. In politica, questo termine ha per molto tempo indicato il partito radicale. Creato nel 1901, il che lo rende il più antico in Francia, questo partito rivendica la paternità della legge del 1905 che stabilisce “la separazione tra Chiesa e Stato”. Oggi si parla tanto degli effetti della “radicalizzazione” ma il partito radicale non c’entra proprio nulla. Infatti è difficile immaginare che i “radicalizzati” di cui parlano i media siano fautori della separazione tra laico e religioso, dal momento che ad alta voce si appellano alla loro religione. In realtà, di cosa si tratta? I giornali si mostrano stranamente reticenti a questo proposito. Questo è dovuto al fatto che per quanto il fenomeno riguardi solo persone di confessione musulmana, non si deve pensare che la loro religione sia implicata.
L’Islam è una religione di pace, è noto a tutti. Quel che si sa, è che gli individui “radicalizzati” hanno tendenza a dedicarsi a delle attività in varia misura riprovevoli; alcuni cercano in ogni modo di lasciare la Francia per unirsi alle forze di un autoproclamato Stato Islamico che continua a commettere atti di una crudeltà inaudita, altri si limitano a commettere attentati sul suolo francese. Comunque la “radicalizzazione” colpisce sia gli uomini che le donne. Si nota anche che famigliari, vicini di casa e amici dei sospetti non nascondono il loro stupore quando scoprono quello di cui sono accusati i suddetti sospetti. Spesso si rifiutano di credere alle rivelazioni della polizia e ripetono fino alla nausea che mai e poi mai, avrebbero potuto immaginare come delle persone così dolci e così gentili avrebbero potuto essere colpevoli dei misfatti a loro attribuiti. Cosa che lascia un’altra domanda senza risposta.
Quali misure si stanno adottando di fronte alla “radicalizzazione”? Lo Stato destina dei fondi consistenti per contrastarla e delle risorse più importanti ancora per “ de -radicalizzare” buona parte della popolazione carceraria del Paese. Non c’è dubbio che centinaia di ricercatori siano chini a studiare in questo stesso momento questo tema scottante. E’ evidente infatti che si tratti di un’importante problema nazionale che va trattato con urgenza. Il tempo stringe e l’annunciata disfatta dello Stato Islamico rischia di accelerare il rientro di quegli individui “radicalizzati” in modo misterioso, pronti a mettere in pratica sul suolo francese le nuove tecniche terroristiche apprese e applicate sul campo.
Michelle Mazel è una scrittrice israeliana nata in Francia. Ha vissuto otto anni al Cairo quando il marito era Ambasciatore d’Israele in Egitto. Profonda conoscitrice del Medio Oriente, ha scritto “La Prostituée de Jericho”, “Le Kabyle de Jérusalem” non ancora tradotti in italiano. E' in uscita il nuovo volume della trilogia/spionaggio: “Le Cheikh de Hébron”. Le sue recensioni sono pubblicate sull’edizione settimanale in lingua francese del Jerusalem Post