Zemmour uguale a se stesso
di Michelle Mazel
(Traduzione di Yehudit Weisz)
La copertina
La fascetta rossa che avvolge il nuovo libro di Eric Zemmour, “Un quinquennat pour rien”, annuncia “Cronache della guerra tra civiltà”. Giornalista, polemista, spesso capzioso ospite degli studi televisivi, Zemmour miete sempre consensi. Ahimè, delle 540 pagine che compongono questo spesso volume, solo le prime trenta, dal titolo “La Francia di fronte alla sfida dell’Islam” hanno un respiro di novità: tutto il resto è una mera compilazione di episodi di cronaca avvenuti tra gennaio 2013 e luglio 2016.
Certo, questo periodo coincide con la maggior parte del quinquennio del governo di François Hollande, entrato in carica nel maggio del 2012, ma queste cronache giorno dopo giorno non consentono di analizzare l’impatto dell’azione di governo o di farne un bilancio. E soprattutto, alcune hanno perso la loro freschezza e oggi non hanno più alcun interesse. Per trovarne altre più pertinenti, occorre sfogliare parecchie pagine. Peccato, perché ci sono delle osservazioni interessanti.
Parafrasando De Gaulle che schernisce Lebrun, Zemmour scrive “Moltiplicando gli interventi in Africa, Hollande voleva darsi la stoffa di un grande capo delle forze armate. Sempre che sia un capo e che abbia un esercito” (v. “Petit Baton” 7 gennaio 2014). O ancora: “La solidarietà dei popoli e dei dirigenti europei riscalda il cuore, ma è l’Unione Europea con i suoi giudici cavillosi, con il suo stato di diritto estensivo e Schengen, che ha trasformato le nostre frontiere in un colabrodo e complica il lavoro dei nostri poliziotti” (v. “Père de la Nation” 25 gennaio 2015) e “Chiamare i propri figli Swelen o Mohamed, è un chiaro segno di auto segregazione che permetterà in seguito di lamentarsi per la segregazione che hanno subìto” (v. “Le prénom” 31 maggio 2016).
Eric Zemmour
E’ evidente che, come alla Samaritaine, con una penna sveglia e vigile alla politica e sempre di grande attualità, si trova di tutto in queste cronache che hanno fatto scorrere fiumi d’inchiostro e alimentato controversie, suscitando vive reazioni da parte dei sostenitori e dei detrattori. Resta questa introduzione. E’ difficile parlare della prima parte, che rappresenta meno del dieci per cento del libro. Eppure ha il merito di mettere quel che l’autore definisce “La Francia di fronte alla sfida dell’Islam” al centro del dibattito. E denunciare le sue verità. “Il musulmano è un uomo politico che non esiste.
L’islam (senza maiuscola nel testo) è allo stesso tempo una religione, una legge, una nazione e una civiltà.” Ancora: “Questo problema d’identità, questa sfida che l’islam lancia alla Francia e all’Europa è l’“impensato” della vita politica francese… è di vitale importanza rispondere alla guerra tra civiltà condotta nei nostri Paesi dall’Islam, ma non c’è più nessuno pronto a combatterla.” Zemmour rimprovera a François Hollande di non aver capito niente, e di aver detto “Noi non siamo impegnati in una guerra di civiltà.” Da cui deriva l’amara conclusione, annunciata all’inizio: “Un quinquennio inutile.”
Michelle Mazel è una scrittrice israeliana nata in Francia. Ha vissuto otto anni al Cairo quando il marito era Ambasciatore d’Israele in Egitto. Profonda conoscitrice del Medio Oriente, ha scritto “La Prostituée de Jericho”, “Le Kabyle de Jérusalem” non ancora tradotti in italiano. E' in uscita il nuovo volume della trilogia/spionaggio: “Le Cheikh de Hébron”. Le sue recensioni sono pubblicate sull’edizione settimanale in lingua francese del Jerusalem Post