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La Stampa Rassegna Stampa
07.11.2016 Turchia, la democrazia è morta, Erdogan l'ha uccisa
Davide Lerner intervista Hisyar Ozsoy, vicepresidente del partito curdo

Testata: La Stampa
Data: 07 novembre 2016
Pagina: 9
Autore: Davide Lerner
Titolo: «'In Turchia la democrazia è finita. Dopo le retate di Erdogan pronti a lasciare il Parlamento'»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 07/11/2016, a pag. 9, con il titolo "In Turchia la democrazia è finita. Dopo le retate di Erdogan pronti a lasciare il Parlamento", l'intervista di Davide Lerner a Hisyar Ozsoy, vicepresidente del partito filocurdo Hpd in Turchia.

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Hisyar Ozsoy

Hisyar Ozsoy, vicepresidente del filo-curdo «Partito democratico dei popoli» (Hdp), riveste la carica più alta nel partito dopo la decapitazione dei vertici avvenuta nei giorni scorsi. Il pomeriggio passato davanti alla sede di Cumhuriyet per dare manforte ai redattori del giornale, anch’esso decimato da una serie di arresti. La sera passata nella casa del deputato curdo Idris Baluken, uno dei parlamentari Hdp fermati per presunti legami col gruppo armato Pkk. «I familiari erano sconvolti - dice - ma orgogliosi delle parole rivolte agli agenti che lo arrestavano: toglietemi le mani di dosso, rappresento migliaia di cittadini».

Vicepresidente, l’Hdp ha annunciato l’interruzione delle proprie attività al Parlamento di Ankara mentre il leader Selahattin Demirtas manda messaggi di sfida dalla prigione.
«Per il momento abbiamo solo deciso di bloccare le nostre attività legislative, cioè i lavori di plenaria e commissioni. Ma non escludiamo di dimetterci definitivamente dal Parlamento, interrompendo anche le nostre riunioni di gruppo e smettendo di ricevere delegazioni. Tutte le opzioni restano sul tavolo. Si apre per noi una settimana di consultazioni con la società civile: saranno i nostri elettori a decidere come reagire, perché sono loro ad averci dato mandato. E, nel frattempo, vedremo anche le prossime mosse governative e i risultati dei primi ricorsi. L’unica speranza per noi risiede nelle pressioni internazionali su Erdogan, perché la questione è politica e non legale. Con le opposizioni fuori gioco il sultano avrebbe gioco facile a conquistare il sistema presidenziale, legittimando con il referendum costituzionale lo strapotere che già esercita in modo illegale».

Dopo la nomina presidenziale dei rettori universitari e l’attacco al giornale Cumhuriyet non sospettavate sarebbe arrivato il vostro turno?
«Ce l’aspettavamo fin dalla rimozione delle immunità parlamentari all’inizio della scorsa estate, realizzata proprio per incriminarci. E ancor di più dopo il recente arresto dei co-sindaci di Diyarbakır, Firat Anli e Gultan Kisanak, anch’essi accusati di commistione col Pkk. Certo, quanto avviene è ancor più grave dell’arresto dei nostri quattro deputati nel 1994. Rimasero in prigione per dieci anni, e ce ne vollero tredici perché i curdi tornassero ad essere rappresentati in Parlamento. Erdogan ha un’ossessione patologica per l’eliminazione di tutte le opposizioni, e sta agendo indisturbato grazie allo “stato di natura” che ha creato dopo il fallito coup. Ormai ci aspettiamo di tutto, anche che arrivi a chiudere l’Hdp. Il nostro quartier generale ad Ankara rimane sigillato dalla polizia, i membri del nostro comitato centrale sono stati aggrediti quando hanno provato ad entrarci».

Venerdì mattina è scoppiata un’autobomba nei pressi di una caserma di polizia a Diyarbakir, prima attribuita al Pkk e poi all’Isis.
«Lo Stato è evidentemente implicato nell’attentato di Diyarbakir, ma ha voluto accusare il Pkk per legittimare l’arresto dei membri del nostro partito. Nota bene che la nostra leader Figen Yüksekdag si trovava proprio nella caserma al momento dell’attacco e ha rischiato di perderci la vita. Il governatore generale della regione di Diyarbakir ha dichiarato subito che il Pkk avrebbe rivendicato l’azione, ma questo non è mai avvenuto! Ha forse contatti diretti con l’organizzazione, quel burocrate filogovernativo? Lo stesso era avvenuto nel caso dell’attentato a due poliziotti turchi nel 2015 a Ceylanpinar, che segnò definitivamente la fine delle trattative fra Stato e Pkk. Questo, e non credo di esagerare, segna la fine della democrazia in Turchia».

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