Riprendiamo da BELLUNOPRESS, con il titolo "Intervista al Professor Ugo Volli", l'intervista di Roberto De Nart a Ugo Volli, in occasione della presentazione del suo libro "Israele, diario di un assedio". I lettori bellunesi di informazione corretta sono caldamente invitati!
Ugo Volli
Sabato 12 novembre ai Grandi incontri di Liberal Belluno sarà ospite il professor Ugo Volli, Ordinario di semiotica del testo, vicedirettore alla ricerca – Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’Educazione Direttore – Circe (Centro interdipartimentale di Ricerca sulla comunicazione) Coordinatore – Indirizzo in semiotica e media del dottorato in Lettere all’Università di Torino. Lo abbiamo contattato per porgli alcune domande sullo Stato di Israele, i confini, l’antisemitismo e la recente risoluzione Onu che ha disconosciuto il legame tra ebrei e cristiani.
Professor Volli, in un suo articolo pubblicato su Mappeser.com lei fa alcune considerazioni sulla frase di monsignor Giuseppe Germano Bernardini, arcivescovo di Izmir in Turchia: “Grazie alle vostre leggi democratiche vi invaderemo; grazie alle nostre leggi religiose vi domineremo”. E anche su quella riportata dal cardinale Oddi, attribuita a un noto capo di Stato islamico che gli disse: “Voi ci avete fermato a Lepanto nel 1571 e a Vienna nel 1683. Noi invaderemo l’Europa, senza colpo ferire, grazie alla vostra democrazia.” Ebbene, in Italia c’è un’opinion leader che invece non ritiene quello dell’immigrazione e quindi dell’Islam un problema reale e dunque apre alla costruzione di moschee in forza del principio della libertà di religione. Vi sono solo rare posizioni controcorrente, come quella di Magdi Allam e Mario Giordano che mettono in guardia sulle possibili conseguenze di questa islamizzazione. Chi ha ragione? Io sono assolutamente a favore della libertà di religione. Non vi è democrazia senza diritto a esprimere le proprie idee, la propria fede, la propria identità. E’ un pensiero oggi condiviso da tutti. I soli paesi in cui la libertà di religione non esiste sono quelli islamici. Provi a girare con una croce al collo in Arabia Saudita, a essere a Teheran un Ba’hai (una setta islamica dissidente che è nata un paio di secoli fa in Iran e che è duramente repressa), un cattolico in Pakistan o un ebreo nei territori amministrati dall’Autorità Palestinese. Si rischia la vita. Quanto alle moschee, il discorso è più complesso. Perché non si tratta di qualcosa di simile alle nostre chiese, cioè di luoghi dedicati esclusivamente alle preghiere. Sono centri politici e sociali, in cui si diffonde non tanto una fede religiosa ma un’ideologia che incita alla guerra santa contro gli “infedeli”, cioè tutti coloro che non sono musulmani. Il risultato in questi anni si è visto largamente in Europa. Bisogna aggiungere che è largamente noto che in mezzo agli immigranti vi sono gruppi terroristi, che vengono in Europa per combatterci. Non bisogna confondere la libertà di religione con quella di praticare e propagandare il terrorismo, come negli anni Settanta non bisognava confondere la libertà di associazione politica con quella di organizzare la “lotta armata”.
L'antisemitismo violento risorge con l'aiuto dell'islamismo
L’antisemitismo degli europei che lei percepisce è rappresentato dall’uomo qualunque che cammina per la strada, oppure dall’intellighenzia o parti dello Stato? Vi è una tradizione europea dell’antisemitismo che risale ai tempi delle rivolte ebraiche contro il dominio romano in terra d’Israele (sotto Tito, Vespasiano, Adriano) e all’azione della Chiesa che combatteva la maggioranza del popolo ebraico che aveva rifiutato l’attribuzione a Gesù del ruolo di Messia e Figlio di Dio. Sono passati quasi due millenni, vi sono stati periodi più duri e più tolleranti, ma non vi è stato quasi secolo senza persecuzioni, stragi, reclusioni, interdetti contro gli ebrei, per il semplice fatto di ostinarsi a sopravvivere come popolo, che doveva essere superato dal cristianesimo, dall’islam, dal marxismo… Sono pochissimi i teologi e i filosofi di tutte le tendenze che non abbiano predicato contro l’ebraismo. Questa storia infinita, piena di lutti non si è conclusa col genocidio nazista, ma prosegue. Vi sono pregiudizi radicati nella mentalità collettiva, che per lo più oggi non si rivolgono ai singoli ebrei, che ormai in Europa sono molto pochi, ma allo stato di Israele. Come gli ebrei erano dipinti come un popolo abusivo, dannoso, “perfido”, così oggi si parla di Israele come qualcosa che non dovrebbe esistere. E le sue realizzazioni scientifiche, letterarie, industriali, economiche, non fanno cambiare idea agli antisemiti. Bisogna dire che dato che Israele è piuttosto lontano e la gente comune non si occupa di politica estera e inoltre gli ebrei in Italia sono molto pochi, tanto che la maggioranza dei cittadini non ne ha mai incontrato uno, l’antisemitismo attuale contro lo stato di Israele è più questione di élites politiche, giornalistiche e di militanti.
70 anni fa, il 29 novembre 1947, l’Onu vota la risoluzione con la quale nasce lo Stato di Israele. Con 33 sì, 13 no, 10 astenuti (l’Italia non aveva diritto di voto) l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite stabilisce il piano di spartizione della Palestina con la creazione dello Stato arabo e di quello ebraico. Una decisione rifiutata da arabi e palestinesi che avvia una serie di conflitti mai cessati definitivamente. In Italia nessuno ha mai rivendicato territori come Istria e Dalmazia ceduti in forza del Trattato di Parigi del 10/02/1947. Cosa impedisce la stabilità e il rispetto dei confini in Palestina? Quel che impedisce la pace è il rifiuto arabo di accettare uno stato ebraico in un territorio che considerano musulmano, dato che una volta l’hanno conquistato. La pace in Europa negli ultimi settant’anni è stata garantita dal fatto che per lo più si è smesso di cercare di modificare i confini con la forza, anche per ritornare a vecchie frontiere. Ogni eccezione (Ex Jugoslavia, Ucraina) ha portato a ferite che non si sono davvero chiuse. Il giorno in cui gli arabi accettassero i confini attuali come definitivi e si rassegnassero a convivere fianco a fianco con una popolazione non islamica, la pace sarebbe immediata.
Secondo quanto riportato dal sito israeliano Ynet, il viceministro israeliano Kara (Likud) avrebbe detto che “il terremoto è una punizione divina per l’astensione dell’Italia all’Unesco”. Lei cosa ne pensa? Se i giornali hanno riferito le cose in maniera esatta, il viceministro in questione ha detto una sciocchezza colossale e dal mio punto di vista una bestemmia. Purtroppo gli imbecilli sono diffusi dappertutto, anche nel governo israeliano.
Qualche giorno fa all’Unesco è stata votata una risoluzione in cui viene negato il legame millenario tra gli ebrei e i cristiani con i luoghi sacri di Gerusalemme. Il voto si è svolto a scrutinio segreto: 10 a favore, 2 contrari e 8 astenuti. Che significato ha questo voto? E’ una delibera molto grave, il cui scopo è delegittimare la presenza ebraica, mostrare gli ebrei come invasori invece che come gli antichi abitanti di quelle terre. Dunque danneggia anche la pace: come si fa a riconciliarsi con invasori abusivi? Il fatto è che la pretesa che Gerusalemme sia stata “musulmana dalla Creazione” va contro non solo la Bibbia e il Vangelo (se a Gerusalemme non c’era un Tempio, dove avrebbe predicato e da dove avrebbe cacciato i mercanti Gesù? dove avrebbe salvato l’adultera?). Ci sono un’infinità di testimonianze storiche indipendenti, di ritrovamenti archeologici, c’è il buon senso: Maometto vive e fonda l’Islam nei primi decenni del VII secolo dopo Cristo; il Tempio risale a mille e seicento anni prima, Gesù vi è passato sei secoli prima. Come avrebbe potuto essere preventivamente islamico quel luogo? Sarebbe come pretendere che il Partenone o il Colosseo fossero stati fondati come chiese o che Giulio Cesare avesse aderito al movimento di Grillo. Purtroppo falsità del genere sono state usate spesso dalla propaganda antisraeliana. Consola il fatto che queste mozioni assurde passano con sempre maggiore difficoltà, come testimonia anche il risultato che lei cita.