Scorpion dance, di Shifra Horn
Recensione di Giorgia Greco
La copertina
“I ricordi della felicità vanno tenuti a freno, perché rischiano di diventare una fonte di tristezza che serve solo ad accrescere il dolore”.
Autrice israeliana di fama internazionale, Shifra Horn colpisce per lo sguardo profondo in cui si intuisce un’anima sensibile e per i modi gentili con i quali accoglie il suo interlocutore. Dopo una lunga corrispondenza, quando ci siamo incontrate al Salone del Libro di Torino nel 2008, gli occhi le brillavano di gioia e orgoglio nel mostrarmi i suoi splendidi capelli neri. Non era una semplice civetteria femminile ma la consapevolezza di aver affrontato e sconfitto una terribile malattia grazie alla generosità della sorella Zvia alla quale ora dedica il suo ultimo romanzo “Scorpion Dance” “…per il suo dono della vita, grazie al quale sono qui”.
Nata a Tel Aviv nel 1951 da una madre sefardita e da un padre russo sopravvissuto alla Shoah, Shifra Horn, paragonata a Isabel Allende e Garcia Marquez per il suo stile immaginifico, è apprezzata in Italia per i romanzi appartenenti al realismo magico come “Quattro madri” e “La più bella fra le donne” oltre che per il libro “Inno alla gioia” del 2005 in cui narrando la drammatica vicenda di Yael affronta per la prima volta la tragedia del terrorismo. Nel 2007 pubblica, sempre con la casa editrice Fazi, una spassosissima raccolta di racconti, “Gatti”, nei quali con uno stile brillante e una prosa che regala esplosioni di comicità esilarante ci racconta dell’ amore, ricambiato, per i suoi amici felini.
L’ ultimo atteso lavoro è un viaggio affascinante e poetico attraverso la memoria che tocca i temi scottanti della Shoah, dello sradicamento, della ricerca dell’identità, del lutto, del perdono sullo sfondo della storia di Israele, dalla Guerra dei Sei Giorni a quella del Kippur per arrivare ai giorni nostri passando per il campo di sterminio di Auschwitz. In un continuo alternarsi di ricordi, sensazioni, odori e immagini la narrazione prende avvio con la voce di Orion, un giovane bibliotecario cresciuto a Gerusalemme nel quartiere di Old Katamon con due donne, la madre Aviva, disordinata e imprevedibile, e la rigorosa nonna Johanna, ostetrica tedesca emigrata in Israele dopo la Seconda Guerra Mondiale con il figlio Ulrich.
Orion, che nasce quando il padre è già morto appena ventenne il primo giorno della Guerra dei Sei Giorni, viene in realtà allevato dalla nonna Johanna quando la madre lo abbandona per trasferirsi in Australia con il nuovo marito e continua la sua esistenza fra fobie e ricerca d’identità sotto la protezione della nonna che veglia sulla sua crescita raccontandogli del passato nella Germania nazista e ribadendo il rifiuto di tornare in quel paese e di acquistare qualsivoglia oggetto proveniente da “laggiù”. Nella vita di Johanna si cela un mistero, un segreto sconvolgente che Orion riuscirà a penetrare ormai adulto dopo una lunga conversazione con un vecchio amico della nonna il dottor Hirschensohn, ginecologo dell’ospedale dove lei lavorava, disposto a rivelargli “la verità”. Il vaso pieno di ceneri nere custodito gelosamente nella credenza contiene davvero le ceneri dei libri bruciati nel rogo a Berlino? E’ proprio per preservare la memoria di quelle opere che Orion diventa gestore di una stravagante libreria ambulante e con uno sgangherato camion – in precedenza destinato alla vendita dei gelati - distribuisce in lungo e in largo per il paese nuove copie dei libri che i nazisti avevano distrutto nel loro progetto di morte.
Sin da bambino Orion che non ha mai conosciuto il padre, cerca di superare il senso di vuoto dopo l’abbandono della madre conservando i ricordi all’interno di provette di vetro: pezzi di stoffa, granelli di terra, lacrime e gocce di neve sciolta in una costante ricerca della propria identità. Ne deriva una vita affettiva costellata da paure e insicurezze che sfociano nella difficoltà di legarsi seriamente ad una donna fino a che una giovane e avvenente cantante lirica, Christina-Anna, bussa alla sua porta. “La mia Basherte, in yiddish, la mia promessa, il mio destino”. “Continuo a rievocare il nostro incontro fatale, e nell’immagine hai sempre un sorriso imbarazzato, quasi di scusa. Non mi stanco mai di deliziarmi nel ricordo di quel giorno in cui, di prima mattina, un certo numero di fattori cosmici si combinarono tra loro, portando al nostro incontro sugli scalini di casa mia”. E’ in quella casa sulla collina che Orion compera poco dopo la morte della nonna proprio per la presenza di un enorme glicine – simbolo di un amore soffocante - che il giovane bibliotecario trascorre momenti di pura felicità con la sua Basherte, condividendo emozioni e sensazioni fisiche intense. Ma Christina-Anna, di origini tedesche e in Israele per “espiare” le colpe del nonno nazista al tempo della guerra, riceve una proposta allettante per cantare in un teatro di Berlino. Orion non può seguirla perché per lui, fedele ad una promessa fatta a Johanna, la Germania è “verboten”.
Eppure da questo nuovo abbandono Orion trarrà la forza per sciogliere alcuni nodi drammatici della sua vita, affrontare verità dolorose come la sofferenza degli ebrei sopravvissuti alla Shoah e chiudere definitivamente i conti con il passato della sua famiglia per accettare il proprio destino e aprirsi alla gioia di una “nuova vita”. A far compagnia a questi personaggi indimenticabili, zampettando e chiacchierando per tutto il romanzo, c’è Sarah, un pappagallo parlante e saggio che ha adottato la pronuncia tedesca di Johanna e le si affeziona al punto che quando il proprietario arabo che abitava nella casa prima del 1948 torna per riprenderselo non esita ad appollaiarsi sulla spalla di Johanna esprimendo chiaramente la sua preferenza. E come un essere umano dotato di sentimenti si lascerà morire per il dolore di essere stato abbandonato.
Con una scrittura immaginifica, di raffinata sensualità in cui i ricordi dolorosi della Shoah, narrati con delicato pudore, si intrecciano alle suggestioni, ai profumi, agli odori della Terra d’Israele, Shifra Horn si conferma magistrale creatrice di storie e ci consegna un’opera i cui potenti rintocchi rimarranno a lungo nella mente e nel cuore del lettore.
Giorgia Greco