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Informazione Corretta Rassegna Stampa
31.10.2016 IC7 - Il commento di Lia Levi: Roma, 16 Ottobre 1943: battaglia civica e fiorire dei ricordi
Dal 23 al 29 ottobre 2016

Testata: Informazione Corretta
Data: 31 ottobre 2016
Pagina: 1
Autore: Lia Levi
Titolo: «IC7 - Il commento di Lia Levi: Roma, 16 Ottobre 1943: battaglia civica e fiorire dei ricordi»

IC7 - Il commento di Lia Levi
Dal 23 al 29 ottobre 2016

Roma, 16 Ottobre 1943: battaglia civica e fiorire dei ricordi

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Qualcosa sta cambiando sul cammino di ricerca della Memoria? E’ per comprendere meglio se questa sensazione corrispondeva a una, seppur limitata, verità che ho proposto di scrivere per I.C. sul tema del 16 Ottobre una decina di giorni dopo da che erano avvenute le celebrazioni commemorative più e meno ufficiali. Non avevo (e non ho) certo pretese di indagine statistica, cercavo solo conferme a certe percezioni che mi si erano presentate in ordine sparso. E la conferma l’ho avuta.

Sempre di più mi sembra che la tragedia del 16 Ottobre 1943 stia catalizzando in crescendo l’attenzione e la riflessione di ampie parti della cittadinanza romana e non solo. Si è raccontato, si sono cercati testimoni, sono state tirate fuori incredibili storie di fuga, disperazione, salvataggio, sono apparsi nuovi documenti, schizzi e qualche foto. Personalmente e per quello che vale, devo dire che ho diviso l’esperienza con un pubblico in una vecchia e gloriosa cittadina laziale: era la prima volta in tanti anni che quel Comune ricordava quella razzia.

Furio Colombo, mente e braccio inflessibile nella battaglia per l’istituzione di un Giorno della Memoria anche in Italia, si era battuto perché fosse proprio il 16 Ottobre la data prescelta. Era questa l’opzione che avrebbe potuto sottolineare al meglio il suo concetto di “la Shoah come delitto Italiano”. Colombo non aveva mai mancato di ribadire in ogni occasione che l’Italia era stata parte attiva dello Sterminio, bisognava prenderne atto. Era avvenuta il 16 Ottobre la grande raffle romana, con l’arresto di più di mille ebrei poi avviati all’annientamento. Mille e più, in massa e in una sola giornata (altri ne sarebbero seguiti nei giorni a venire). In Bulgaria un analogo provvedimento, in analoga situazione di occupazione tedesca, non aveva avuto seguito: “noi non toccheremo e rifiuteremo di toccare i nostri concittadini ebrei” aveva scandito a voce alta il rappresentante della camera Dimitar Peshev e gli ebrei bulgari non erano stati toccati. Si poteva. Si sarebbe potuto anche in Italia.

La memoria ha un senso soltanto se è elaborazione, altrimenti sono chiacchiere, parole vacue acchiappate nell’aria e spendibili con facilità. E' proprio su questa puntualizzazione che si era speso Furio Colombo nella sua martellante campagna. Era tempo che gli italiani si guardassero allo specchio sotto una luce non schermata dall’auto-indulgenza. Che tipo di memoria si può coltivare se non si è fatta chiarezza? E la chiarezza costringeva a prendere atto che il governo e il popolo dell’Italia fascista non erano state le vittime sottomesse al mostro nazista, ma al contrario, facevano parte della schiera dei Volenterosi complici di Hitler. Le Leggi razziali del 1938 approvate dal parlamento all’unanimità al grido di “viva il duce” privavano gli ebrei italiani di possibilità basilari come scuola, lavoro e proprietà, schedavano i loro nomi in appositi registri, li trasformavano di colpo in “non cittadini”, ombre prive di connotazione già destinate a diventare preda. Molti anni prima dell’invasione tedesca. Va da sé che a questa accanita e persistente “preparazione” delle vittime alla scure nazista si sommò, dopo l’invasione, il ruolo concreto e attivo dei collaborazionisti repubblichini che affiancarono i tedeschi nei rastrellamenti e negli arresti.

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Nell’anno 2000, quando il parlamento italiano istituì finalmente il Giorno della Memoria, prevalse per la data un’inquadratura europea. Si scelse, come tutti ormai sanno, il 27 Gennaio (giorno della liberazione di Auschwitz). Una polemica sulla data non esiste più, il Giorno della Memoria ha acquistato progressivamente in Italia sempre più consistenza e attenzione, specie nell’ambito delle scuole. Anche il 16 Ottobre, seppur non “ufficializzato”, ha continuato negli anni a connotarsi come appuntamento fisso con la sofferenza ebraica. Non era un appuntamento troppo frequentato però, riguardava solo la parte più sensibile dell’ebraismo romano. Ma non si può non essersi accorti oggi della specie di svolta avvenuta negli ultimi tempi. Qualcosa si è sbloccato. Le commemorazioni all’interno dell’ambiente ebraico si moltiplicano riempiendosi di significato, rafforzate anche dall’energia propulsiva della Comunità di S. Egidio (un appuntamento fisso la loro marcia silenziosa fino al ghetto di Roma).

E accanto a questo risveglio, da un’altra parte, ha preso inizio una campagna di stampa cui hanno dato forza e vibrazione dal Corriere della Sera i giornalisti Paolo Conte e Pierluigi Battista, seguiti naturalmente dall’immediata adesione dello stesso Furio Colombo. “Che il 16 Ottobre sia proclamato ufficialmente lutto cittadino” la frase portante di questa campagna. Certo, come si dice, le vie dello spirito sono misteriose. Sarebbe naturale sostenere che è stata questa specifica e coraggiosa battaglia civica a mettere in moto il maggior fervore con cui negli ultimi tempi a Roma viene sentito il 16 Ottobre.

Sia chiaro, nessuno si sognerebbe di sminuire l’importanza e la portata morale di quest’iniziativa giornalistica, ma c’è dell’altro. Qualcosa era nell’aria e ha camminato per proprio conto. Forse perché sono lunghi i tempi della memoria che vuole diventare “costruzione”. Ed è piano piano che si è arrivati a far proprio quello che Primo Levi, Appelfeld e gli altri scrittori della Shoah hanno sempre spiegato: il macrocosmo di una tragedia non si può delineare a tratti grandi e indefiniti. Si deve partire dalle micro-storie, da un singolo individuo, con la sua specifica faccia e con un padre e una madre che gli hanno dato un nome. Quel nome. E questo rappresentarsi in uno, più un altro uno, più un altro è capire che il mondo si regge sulla persona che ti da la chiave per entrare ... in un flusso di continue variazioni e aggiustamenti. Ed è stato questo che ha funzionato a Roma. La gente ha cominciato a cercare i testimoni, ad ascoltare i loro racconti di persone qualsiasi, sorprese dalla tragedia nel corridoio di casa, incredule, sballottate, in fuga verso rifugi non ancora messi a fuoco ma perseguiti con la forza vitale di chi deve salvare i figli. La Storia è diventata un brulicare di tante storie. Ho sentito raccontare la storia da un non ancora testimone. Quel 16 Ottobre aveva vissuto la tragedia all’interno del ventre materno. Oggi ne porta ancora i segni.

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Lia Levi, scrittrice. Le sue opere, tra cui il bestseller "Una bambina e basta" in cui racconta anche la razzia del 16 Ottobre 1943, sono pubblicate dall'editore e/o


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