Chi fa da sponda
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Cari Amici,
Come IC vi ha informato, in una località del deserto della Giudea si è trovato un papiro ben conservato, in cui si legge distintamente il nome di Gerusalemme (http://www.israele.net/scoperta-la-piu-antica-menzione-di-gerusalemme-in-ebraico-antico ), anzi, per essere più completi, si ha notizia della spedizione a Gerusalemme per il re di un trasporto di vino, a firma di un personaggio, il cui nome è identificabile nella Bibbia (http://www.israel21c.org/ancient-papyrus-includes-earliest-reference-to-jerusalem/ ).
La datazione al carbonio data il papiro al VII secolo prima della nostra era, per intenderci ai tempi in cui in Italia dominavano gli Etruschi e Roma era appena stata fondata e in cui Atene era ancora nella preistoria, un secolo prima delle leggi fondative di Solone.
Come ha detto Netanyahu, sarebbe utile spedire il frammento all’Unesco, perché prendano atto che è scritto in ebraico, non in arabo, in aramaico, in latino o in greco (http://www.israelhayom.com/site/newsletter_article.php?id=37447 ).
Temo però che questo non modificherebbe le posizioni dell’organizzazione, perché è vero che si tratta della più antica menzione di Gerusalemme che ci è documentata, ma vi sono tracce ben precedenti: i re di Casnaan parlano del pericolo dell’ingresso nei loro territori degli “hapiru” (la cui somiglianza fonetica con il nome “ivrì” o “ebreo” è impressionante: https://www.usc.edu/dept/LAS/wsrp/educational_site/ancient_texts/elamarna.shtml ). Del Tredicesimo secolo è una lapide monumentale egizia in cui il farone Merneptah si vanta (un po’ prematuramente in verità) di aver distrutto Israele con tutta la sua discendenza: https://en.wikipedia.org/wiki/Merneptah_Stele .
Del IX secolo è la stele di Moav, in cui un re di quella popolazione si vanta di aver sconfitto Omri re di Israele, personaggio che effettivamente compare nel libro delle cronache (https://it.wikipedia.org/wiki/Stele_di_Mesha ).
Lo stesso dice il re Hazel di Damasco qualche anno dopo nella stele di Tel Dan, in cui anche lui dice di aver sconfitto la “casa di Davide” (http://www.veja.it/2009/12/01/la-stele-di-tel-dan-i-re-davide-e-salomone/ ).
Vi è poi l’iscrizione di Siloam, trovata a Gerusalemme stessa e risalente all’Ottavo secolo, in cui si celebra la conclusione dello scavo di un tunnel che portava acqua alla cittadella di Gerusalemme (https://it.wikipedia.org/wiki/Iscrizione_di_Siloam ) E si potrebbe continuare ancora con i numerosi ritrovamenti archeologici che testimoniano con continuità delle vicende del popolo di Israele nella sua terra, sempre continuando a non chiamare in campo la testimonianza della Bibbia, che pure ha un peso enorme non solo per i credenti, ma anche per storici e filologi.
Per la cronaca, la quasi totalità di questi reperti sono stati ritrovati da archeologi non ebrei, per lo più un secolo fa e oltre, quando di Stato di Israele potevano parlare solo i visionari come Herzl o Ben Jehuda. Ma anche questo non impressionerebbe certo l’Unesco. Pensate che dopo tutto quel che è successo intorno alle due mozioni che negano il rapporto fra il popolo ebraico e Gerusalemme e al loro sostanziale fallimento (dato che in entrambi i casi la somma di astenuti e contrari, cioè di chi non è d’accordo supera per la prima volta i sostenitori della mozione), la Siria (la Siria di Assad, cioè il fantoccio dell’Iran, che ha le mani sporche del sangue di centinaia di migliaia di suoi cittadini!) ha fatto notificare dall’Unesco la protesta per gli scavi archeologici che Israele starebbe conducendo sul Golan, dov’erano presenti città e fortificazioni ebraiche risalenti ai tempi di Davide (http://www.jpost.com/Israel-News/Syria-to-UNESCO-Stop-Israeli-Golan-dig-471078 ).
Il problema evidente in questa storia non è la falsità evidentissima della pretesa, ma il perché palestinisti e loro alleati si stiano impiccando a una tale contraddizione con la chiara e incontrovertibile documentazione storica.
La ragione, ci spiegano i loro apologeti, è che stanno compiendo un’”intifada diplomatica” (http://www.al-monitor.com/pulse/originals/2015/02/israel-palestinians-egypt-alone-elections-arab-initiative.html , per un’analisi critica leggete qui: https://www.jewishpolicycenter.org/2015/02/28/palestinians-diplomatic-intifada/ ). Essi ci invitano ad apprezzare questa guerriglia condotta all’Onu, all’Unesco, alla corte di Giustizia Internazionale ecc., perché starebbe al posto della “lotta armata”. In realtà non è così, il terrorismo come tutti sanno continua, nei limiti in cui sfugge all’autodifesa attiva di Israele (cioè non è che sia diminuito per conto suo, è semplicemente ben combattuto).
L’”intifada diplomatica” sta invece al posto delle trattative, e può avvenire perché trova delle sponde, cioè chi ne accetta gli obiettivi immediati e si sforza di aiutare i palestinisti a raggiungerli. Sono i traditori dell’estrema sinistra israeliana ed ebraica-americana (ve ne ho parlato di recente: http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=&sez=280&id=64141 , ma guardate qui l’ultima di J Stretìet, che dichiara di sperare che la Clinton, se vincesse, non sia meno antisraeliana di Obama (http://www.jpost.com/Diaspora/J-Street-prepares-for-shift-in-approach-under-Clinton-471075 ).
Sono innanzitutto le Nazioni Unite (http://www.jpost.com/Israel-News/Politics-And-Diplomacy/UNHRC-official-Palestinians-must-have-security-and-civil-control-of-Area-C-471095 ), poi l’amministrazione americana di Obama, l’Europa di Mogherini, la Francia di Hollande.
Ma anche il Vaticano. Guardate qui in che maniera indiretta e obliqua il Papa ha scelto di dire l’ovvia verità per biblica che la terra di Israele è assegnata al popolo ebraico nel disegno provvidenziale e quindi è assurdo dichiarare che non vi sono relazioni fra Gerusalemme e il popolo ebraico: http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/Pope-Francis-God-promised-the-land-to-the-people-of-Israel-470918 . Le ragioni raramente dichiarate negli ultimi tempi, ma ancora molto presenti e attive della posizione vaticana su Israele si ritrovano in un articolo (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=999920&sez=120&id=64226 ) di Fulvio Scaglione su “Avvenire”, il giornale dei vescovi italiani, che IC ha pubblicato qualche giorno fa e che vi invito a leggere con molta attenzione, se non l’avete fatto.
La conclusione è questa: “E per la città sacra alle tre religioni, l'idea tuttora più saggia e anche concreta resta quella sempre sostenuta dalla Santa Sede: affidarne i luoghi santi a uno statuto speciale internazionalmente riconosciuto che consenta alle tre fedi di convivere nella massima serenità possibile, assicurando loro parità di condizione giuridica e tutelando anche così il carattere assolutamente unico della città. Che Israele ha eletto a sua capitale, ma non appartiene a nessuno in esclusiva per il semplice fatto che appartiene all'umanità.”
Scaglione nega i diritti del popolo ebraico su Gerusalemme qualificandola come “sacra alle tre religioni” (su quella islamica certamente si potrebbe discutere e le immagini degli eroici “difensori di Al Aqsa” che usano la spianata del Tempio (o delle moschee, qui non importa la distinzione) per giocare a pallone sono eloquenti in questo senso: http://elderofziyon.blogspot.com/2012/04/sacred-soccer-stadium-on-temple-mount.html . Ma il punto non è questo. Gerusalemme è la capitale del popolo ebraico, non di una vaga e indistinta entità che sarebbe la “religione ebraica”. Il culto ebraico e il sistema di credenze e di regole dell’ebraismo sono certamente connessi nella maniera più intima al popolo ebraico, l’hanno costituito all’inizio e sostenuto per trentacinque secoli. Ma proprio per questo non possono essere staccati da esso, non sono una pura “fede” come per l’islam e il cristianesimo, sono la forma di vita di un popolo determinato che è il titolare dei diritti politici, prima di tutto quello a vivere in pace nella propria patria, di cui Gerusalemme è il centro.
La mossa di negare l’esistenza del popolo ebraico e di ammettere solo una religione (naturalmente “superata” dagli sviluppi cristiani o islamici) è la mossa di base per l’eliminazionismo religioso che ha portato alle persecuzioni.
La sua riproposizione attuale è la continuazione di una guerra millenaria contro gli ebrei. Nessuna meraviglia dunque che la Chiesa (almeno la chiesa ultrasinistra degli Scaglione) faccia da sponda alle pretese palestiniste, perché la distruzione del popolo di Israele (non necessariamente la distruzione fisica, ma quella culturale e religiosa) è un punto centrale del suo programma religioso. E per eliminare finalmente dopo duemila anni i “perfidi giudei” che hanno avuto il torto di restare se stessi rifiutando l’incarnazione (e con essa l’assimilazione) è disposta a ignorare non solo le menzogne palestiniste sul Monte del Tempio, ma anche a non cercare le radici teologiche per la persecuzione cui gli stessi palestinisti, come tutti i musulmani, infliggono dove comandano ai cristiani come l’hanno fatto agli ebrei.
Ugo Volli