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Dune e sabbie mobili del Medio Oriente Non c'è nulla di stabile in Medio Oriente, nulla a cui aggrapparsi, nulla a cui rinunciare. Poco più di due anni fa, a metà agosto, avevo concluso il mio articolo settimanale con la seguente frase: Peccato che da allora le dune di sabbia su cui era stata costruita quella “coalizione”, si siano spostate sulla scia dei venti del nord provenienti dai campi di battaglia della Siria, capovolgendo la situazione di quella che sembrava vincente solo poco tempo prima. Si può affermare sebza ombra di dubbio che la Russia sia diventata la principale fonte di potere dell’esercito siriano, soprattutto con l'aiuto aereo, e che lo è ancora di più da quando una buona parte della marina russa, armata di razzi e portaerei, si concentra di fronte alla coste della Siria. I sistemi di difesa aerea che la Russia ha collocato lungo la costa siriana minacciano le attività degli aerei da guerra americani, israeliani e turchi nella zona. Nell’arena politica, la Russia è riuscita a costringere Erdogan di aiutare i ribelli e a concentrarsi invece nell’impedire ai curdi siriani di fondare un proprio Stato indipendente che potrebbe minacciare la stabilità turca. La decisione degli Stati Uniti di rimanere fuori dalla mischia ha anche aiutato a convincere Sisi che il potere in Medio Oriente è nelle mani della Russia e dei suoi alleati iraniani, e che era ancora in tempo ad unirsi alla squadra vincente abbandonando i perdenti. La votazione dell’8 ottobre al Consiglio di Sicurezza, ha visto il delegato egiziano sostenere la risoluzione suggerita dalla Russia e non quella dei sauditi. In risposta, il delegato ONU dell’Arabia Saudita ha detto che il sostegno dell’Egitto alla Russia è una “cosa brutta” e i sauditi hanno prontamente fermato una spedizione di petrolio diretta all’Egitto e posto restrizioni sui voli dell’Egypt Airlines verso l’Arabia Saudita. La polizia in Egitto ha rimosso le barriere di cemento che proteggevano l’ambasciata saudita al Cairo, sostenendo che proprio in quel punto è in costruzione un tunnel per il traffico. L’ambasciatore saudita ha tenuto conto del suggerimento, abbandonando il Cairo e tornando in patria. Sisi, in una cerimonia militare, ha annunciato che “l'Egitto si inchina solo ad Allah”, cioè a nessun uomo o altro Paese, alludendo al regime saudita. L’Autorità nazionale palestinese (Anp) ha anche aderito alla lista della “coalizione sunnita moderata” con la quale, secondo gli esperti, Israele avrebbe dovuto raggiungere un accordo di pace. Solo che si scopre che la stessa Anp, a dir poco, poggia su gambe traballanti. Negli ultimi dieci anni, siamo stati abituati a una spaccatura politica e territoriale nel settore arabo-palestinese, Gaza come Stato di Hamas e gli arabi di Giudea e Samaria favorevoli all’OLP. Così era fino al mese scorso, quando il sogno dell’OLP ha dimostrato di essere completamente avulso dalla realtà, dato che la stessa organizzazione è divisa tra i sostenitori di Abbas e chi che appoggia Mohammed Dahlan; questo equivale a uno scisma crescente tra gli arabi che vivono in città e quelli che vivono nei campi profughi. Durante l’anno passato, e in particolare il mese scorso, ci sono stati scontri tra civili e le forze di sicurezza dell’Anp, in cui il comportamento della polizia palestinese verso i civili, è stato di un livello di crudeltà e di violenza pari a quello diffuso nel mondo arabo, fino a quando la “primavera araba” si è ribellata. La ragione è ovvia: le organizzazioni di sicurezza sono piene di personale proveniente dalla Tunisia, non di nativi palestinesi, e pertanto non sono considerate come legittime dai residenti locali. Quel che sta succedendo oggi nell’ Anp può essere considerato da parte delle istituzioni pubbliche e politiche la preparazione per il dopo Abbas: L’OLP resterà in futuro un’organizzazione unita? E’ difficile da prevedere, ma le dinamiche del Medio Oriente perpetuano le controversie e le aggravano, quindi è del tutto possibile che questa guerra intestina distruggerà l’OLP, come la sua lotta con Hamas ha distrutto il sogno di uno Stato palestinese, ancor prima della sua nascita. Gli sviluppi all’interno dell’OLP dimostrano ancora una volta che l’unica soluzione possibile per quanto riguarda gli arabi che vivono in Giudea e Samaria è quella dell’Emirato, che ne richiede la creazione nelle città di Giudea e Samaria, governati da hamoulot (clan) locali . Per farlo bisogna consentire che l’Anp cada a pezzi in modo che sulle sue rovine possano essere costruiti sette Emirati: Jenin, Sichem (Nablus), Tulkarem, Qalqilya, Ramallah, Gerico e la parte di Hebron popolata da arabi. L’ hamoula, che alcuni chiamano clan e altri tribù, è un’entità stabile, l’unica solida e affidabile nella realtà sociologica del Medio Oriente, l’unica in grado di costituire un organo politico legittimo e stabile per molti anni. Stati in stile occidentale, fondati sulle sabbie mobili di sogni che vanno alla deriva con il soffio del vento, portano soltanto distruzione delle loro popolazioni. Un esempio: Israele ha un trattato di pace con la Giordania dal 1994. Ciò non impedisce che questo Stato artificiale, che non esisteva prima del 1921, sostenga la risoluzione dell’Unesco che nega il collegamento, antico di 3.000 anni, tra il popolo ebraico e Gerusalemme. E’ questo che si chiama pace? Israele ha richiamato l’ambasciatore giordano e si è lamentato del comportamento del suo Paese in sede UNESCO? E’ questo il tipo di “coalizione” a cui Israele può appartenere? Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi. |
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