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La Stampa Rassegna Stampa
25.10.2016 Stato islamico come Hamas: un titolo azzeccato sulla Stampa
Cronaca di Giordano Stabile

Testata: La Stampa
Data: 25 ottobre 2016
Pagina: 11
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «Tunnel, kamikaze e blitz: così l'Isis organizza la guerriglia»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 25/10/2016, a pag. 11, con il titolo "Tunnel, kamikaze e blitz: così l'Isis organizza la guerriglia", la cronaca di Giordano Stabile.

Complimenti alla Stampa per il titolo, che riguarda i terroristi dello Stato islamico e le tecniche da loro utilizzate, le medesime che impiega anche Hamas a Gaza. Isis e Hamas si comportano nello stesso modo, come mai i quotidiani e i media in genere non li paragonano mai? La Stampa l'ha fatto!

Ecco l'articolo:

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Giordano Stabile

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A sinistra, terroristi di Hamas, a destra terroristi Isis

Bisogna mettersi un fazzoletto alla bocca perché i corpi sono stati lasciati lì, da cinque giorni, stesi con le braccia aperte e la mano destra che sembra ancora impugnare il fucile. Quando ci si avvicina all’entrata del tunnel quasi non si respira. Si trova nell’edificio sul retro della moschea di Baskhira, un villaggio attaccato a Bartella ma a maggioranza musulmana. Una volta almeno, perché dei duemila abitanti non c’è più nessuno. Incrociamo solo una signora che è venuta a cercare qualcosa tra le macerie della sua casa e un uomo con un furgoncino che raccatta bombole di gas, con il rischio di saltare in aria perché solo la strada principale è stata sminata.

I peshmerga hanno combattuto duramente a Baskhira, hanno perso compagni. E il motivo principale è la rete dei tunnel. «Sparivano e riapparivano da tutte le parti, sono diavoli». Alla fine sono stati una paio di pesanti raid aerei a spezzare la resistenza dell’Isis. Del villaggio sono rimasti in piedi solo la scuola elementare e il corpo principale della moschea. Gli ingressi principali dei tunnel erano lì, nei luoghi dove erano più improbabili i bombardamenti per ragioni umanitarie. Alle pareti della moschea ci sono ancora due file di sacchetti di sabbia e le postazioni dei cecchini. Poi un pozzo di due metri per due con una lunga scala di legno. In fondo comincia il tunnel, alto meno di due metri.

Due chilometri scavati nella roccia calcarea. Un filo elettrico e lampadine al led a distanza di una decina di metri una dall’altra. Si può percorrere solo per un centinaio di metri. La tecnica dei tunnel non è nuova. Ma i comandi non si aspettavano una rete così estesa. Così come il numero dei veicoli kamikaze. Nascosti nei piccoli garage dei villaggi. Solo sabato e domenica ci sono stati 50 attacchi di questo tipo fra Bartella e Bashiqa. Altro che ritirata strategica verso Raqqa. I primi otto giorni di battaglia a Mosul dicono che lo Stato islamico vuol vendere cara la pelle e si è preparato con metodo. Non è il lavoro di una banda di terroristi. C’è una mano più esperta che sfrutta tutte le possibilità della guerra ibrida: asimmetrica e tradizionale.

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Per l’Intelligence irachena, e i peshmerga confermano, la mano è quella «degli ex ufficiali di Saddam Hussein» cooptati dal califfo Abu Bakr al-Baghdadi. Mosul è stata dal 1991 al 2003 una città in prima linea: il regime di Saddam controllava il territorio fino al fiume Zab, sull’altra riva c’erano i guerriglieri curdi. Il piano di difesa ha radici antiche. E sfrutta il fatto che i peshmerga sono costretti a muoversi su un terreno amico fino a un certo punto. Parte della popolazione è araba, molti cristiani ma anche sunniti. Le decine di chilometri di tunnel, la conoscenza del terreno permette agli islamisti di lanciare ancora attacchi a sorpresa. E finché le truppe irachene e curde non hanno il controllo assoluto del territorio non possono avanzare verso Mosul. Mentre dai racconti dei pochi civili riusciti a fuggire dalle aree sotto il controllo dell’Isis traspare una situazione d’inferno: una «tassa» di 500 dollari per poter uscire, rastrellamenti, uccisioni di massa.

Anche se il comando dei peshmerga ribadisce che «non distraggono forze dal fronte», i blitz dell’Isis sono il segno di una battaglia preparata nei dettagli. Dopo quello a Kirkuk, ieri c’erano ancora combattimenti a Rutbah, la cittadina sulla superstrada Baghdad-Amman. E di primo mattino una colonna di fuoristrada, anche kamikaze, ha attaccato le forze peshmerga a Est della città di Sinjar, quella del massacro degli yazidi due anni fa. Gli islamisti sono stati respinti, quindici uccisi. Alla fine sarà l’implacabile logica dei numeri ad avere ragione dell’Isis. Che siano 5 o 10 mila, i jihadisti sono destinati a soccombere di fronte all’armata di 50 mila combattenti curdi e iracheni. Ma le speranze di un crollo rapido, che risparmi i civili ed eviti la distruzione della città, diventano sempre più tenui ogni giorno che passa.

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direttore@lastampa.it

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