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Corriere della Sera Sette Rassegna Stampa
21.10.2016 Yair Lapid, idee per l'Israele di oggi e di domani
Commento di Davide Frattini

Testata: Corriere della Sera Sette
Data: 21 ottobre 2016
Pagina: 55
Autore: Davide Frattini
Titolo: «Passi a destra»

Riprendiamo da SETTE di oggi, 21/10/2016, a pag. 55, con il titolo "Passi a destra", il commento di Davide Frattini.

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Davide Frattini

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Yair Lapid

Prima di entrare in politica, conduceva il programma giornalistico più popolare del venerdl sera, teneva una rubrica settimanale sul quotidiano Yedioth Ahronoth, era stato attore nella commedia romantica Il canto della sirena. Agli ospiti del suo show chiedeva sempre «che cosa rappresenta Israele per te?» e il padre malato—sarebbe morto pochi mesi dopo—gli aveva risposto «Sei tu».

Adesso che i sondaggi lo innalzano al primo posto, unico possibile contendente alla poltrona che il premier Benjamin Netanyahu controlla da tre mandati di fila, ha aggiornato l'aneddoto. «Per anni ho domandato "che cosa rappresenta Israele per te". Mentre arrivavo qui, ho ricevuto il responso: ho telefonato a mia madre e per venticinque minuti ha protestato perché non avevo chiamato ieri». II pubblico ha riso alla battuta di quello che è considerato uno degli uomini più sexy del Paese.

Yair Lapid gira le città grandi e piccole in campagna elettorale permanente, il suo Yesh Atid (C'è un futuro) è stato il partito-sorpresa nel voto di tre anni fa: lui si è presentato come un cittadino semplice semplice, vicino a quella classe media che fatica a pagare l'affitto e nel 2011 si è accampata sotto le jacarande di viale Rotschild per protestare contro i tagli e le tasse troppo alte. Anche se frequenta i banchieri (è stato testimonial per un istituto) e vive nel sobborgo elegante di Ramat Aviv Gimmel, a nord di Tel Aviv, che negli Anni 80 ha dato il titolo a una soap opera sull'adolescenza affluente. Ammira Raymond Chandler e ha scritto undici gialli, da ministro delle Finanze (licenziato da Netanyahu) non è riuscito a imporre tutte le riforme che aveva promesso, è convinto di riuscirci da capo del governo. E per conquistarlo sta spostando il partito verso la destra dove - spiegano i sondaggisti - stanno in questo momento gli elettori israeliani.

Esclude qualunque alleanza con i laburisti, cerca di sottrarre i sostenitori al Likud di Netanyahu, si posiziona al centro conservatore: attacca Breaking The Silence (l'organizzazione raccoglie le testimonianze dei soldati che vogliono denunciare gli abusi contro i palestinesi) e allo stesso tempo condanna la «gioventù delle colline», i coloni più radicali. Resta un abitante della città in cui è nato, laico e cosmpolita come Tel Aviv, vuole che la religione e i religiosi ebrei non influenzino le decisioni dello Stato. E' favorevole alle trattative con i palestinesi, ripete di non voler fare concessioni. «Mio padre Tommy (anche lui giornalista diventato politico e ministro, ndr) non è arrivato dal ghetto su una nave per vivere in una nazione con due popoli». Lapid vuole che l'accordo di pace sancisca la separazione dagli arabi, anche se preferisce non rispondere a chi gli chiede di Gerusalemme: da oratore ripete che la città resterà «la capitale unica e indivisibile», da pragmatico sa che dovrà accettare compromessi. «L'errore è rivelare da subito la nostra offerta, come fa la sinistra. In Medio Oriente bisogna proclamare "non avrete niente" e poi condurre la mediazione». 

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sette@corriere.it

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