Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 18/10/2016, a pag. 50, con il titolo "La Shoah sfida il cinema", l'articolo di Emiliano Morreale.
Emiliano Morreale
Una indimenticabile scena di "Schindler's List", di Steven Spielberg
La Shoah non cessa di essere una sfida per il cinema. Ormai però si spinge anche verso la riflessione sull’attualità e sul senso della rappresentazione. In questi giorni alla Festa di Roma si sono visti due titoli che affrontano (con le armi della finzione o con quelle del documentario) entrambi non l’evento in sé, ma le sue interpretazioni, i problemi morali e conoscitivi che esso pone. La verità negata di Mick Jackson (che esce in Italia a novembre) è in pratica un legal thriller sulla causa che lo storico negazionista David Irving intentò alla studiosa americana Deborah Lipstadt, e che si trasformò in un caso etico-giuridico. Il film ricostruisce la vicenda secondo le regole del film di genere, forzando la suspense, e si trasforma nel duello tra due grandi attori: Timothy Spall nei panni di Irving e Tom Wilkinson in quelli dell’avvocato della Lipstadt.
Il documentario The last laugh di Ferne Pearlstein, invece, rimane per forza di cose attaccato al tema. Che però è ambivalente: l’umorismo nella Shoah. Ma in che senso? Se lo chiedono anche molti intervistati, e il film procede su un binario doppio o triplo. Da un lato, cosa accade al proverbiale humour ebraico durante e dopo la Shoah, come esso la affronta (con interviste a sopravvissuti dei campi). Dall’altro, i tentativi di cinema e tv d’ironizzare sul tema. Come una variante estrema dell’irrappresentabilità: se scrivere una poesia dopo Auschwitz è un atto di barbarie, come diceva Adorno, figurarsi gli sketch su Auschwitz.
Gli esempi sono noti o meno noti per lo spettatore italiano: da Seinfeld a Jack Benny, da Sarah Silverman a The day the clown cried, misteriosissimo film di Jerry Lewis su un clown nel lager, che l’attore-regista, ebreo, ultimò ma non volle mai mostrare al pubblico, forse travolto proprio dagli interrogativi che The last laugh evoca. Ovviamente, nel film si parla anche di Benigni. Per il severo Abraham Foxman, ex-presidente dell’Anti-Defamation League, La vita è bella è straordinario. Per Mel Brooks, che a suo tempo fece scandalo con Per favore non toccate le vecchiette, è semplicemente «il più brutto film mai realizzato».
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