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Il Fatto Quotidiano Rassegna Stampa
17.10.2016 La congiura del Cointreau contro Hitler
Commento di Danny Orbach, intervista di Giampiero Calapà

Testata: Il Fatto Quotidiano
Data: 17 ottobre 2016
Pagina: 12
Autore: Danny Orbach - Giampiero Calapà
Titolo: «Bottiglie di Cointreau per uccidere Hitler - 'Da nazisti a cospiratori, così diventarono eroi'»

Riprendiamo dal FATTO QUOTIDIANO di oggi, 17/0/2016, a pag. 12, con il titolo "Bottiglie di Cointreau per uccidere Hitler", il commento di Danny Orbach; a pag. 13, con il titolo "Da nazisti a cospiratori, così diventarono eroi", l'intervista di Giampiero Calapà a Danny Orbach.

Danny Orbach: "Bottiglie di Cointreau per uccidere Hitler "

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Danny Orbach

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La copertina (Bollati Boringhieri ed.)

Alla fine del 1941 il gruppo delle armate nord non riuscì a conquistare Leningrado. Il colonnello Henning von Tresckow progettò di sfruttare le difficoltà della Wehrmacht permettere inattoun colpo di stato. "Questa guerra nella quale tu ancora credi è irrevocabilmente perduta - disse Tresckow a suo cugino, che lo seguiva nella cospirazione, il luogotenente Alexander Stahlberg - e noi siamo al servizio di un arci-criminale, lo ripeto un arci-criminale. Ho informazioni certe che mi dicono che unità delle Ss stanno commettendo massacri che sono al di là di ogni possibile immaginazione".

Tresckow continuò a vivere una doppia vita. Fece il suo dovere nella sua qualità di ufficiale al servizio del regime, e nello stesso tempo progettava di rovesciare quello stesso regime. La situazione militare peggiorò alla fine del 1942. La sesta armata, circondata a Stalingrado, si arrese nel gennaio 1943. L'omicidio era previsto per il 13 marzo, il giorno in cui Hitler avrebbe dovuto visitare il gruppo di armata centro.

IL MAGGIORE Fabian von Schlabrendorff modificò il plastico mortale dandogli la forma di due rotoli, confezionati in maniera magnifica perché somigliassero a due bottiglie di Cointreau. Hitler arrivò al quartier generale del gruppo di armata centro accompagnato da molte guardie delle Ss, dal suo autista, dal suo cuoco e dal suo medico personale. All'inizio Tresckow pensò di mettere la bomba nell'auto del Führer, ma si rese conto che il veicolo era costantemente sorvegliato dalle Ss; era quindi necessario trovare un'altra soluzione. Schlabrendorff ebbe a pranzo l'occasione di vedere da vicino la sua preda: "A Hitler venne servito un pranzo speciale, preparato in ogni sua parte dal cuoco personale. Il suo medico personale, prof. Morell, lo assaggiava personalmente davanti ai suoi occhi. Tutta la procedura ricordava la figura di un despota orientale dell'antichità. Guardare Hitler mentre mangiava era il più rivoltante degli spettacoli. La sua mano sinistra era poggiata con decisione sulla coscia; raccoglieva il cibo, che consisteva in un miscuglio di verdure, con la mano destra, e se lo portava alla bocca. Lo faceva senza sollevare il suo braccio destro, che rimaneva piegato sulla tavola durante l'intero pranzo. Portava invece la bocca verso il cibo, sul piatto".

Durante il pranzo, Tresckow si avvicinò al luogotenente colonnello Heinz Brandt, uno degli ufficiali del seguito di Hitler, e gli chiese se potesse portare due bottiglie di liquore al colonnello Helmut Stieff, uno dei suoi amici presso l'alto comando. Stieff era un ufficiale antinazista che si era allontanato dal regime in seguito ai massacri degli ebrei polacchi, ma non sapeva nulla della cospirazione. Brandt acconsenti. Schlabrendorff andò al telefono e comunicò al capitano Gehre, il suo contatto a Berlino, la parola d'ordine "flash". Era iniziato il conto alla rovescia. In seguito Schlabrendorff scrisse: "Attesi fino a quando Hitler si congedò dagli ufficiali del gruppo di armata centro accingendosi a imbarcarsi sul suo aereo. Con l'aiuto di una chiave spinsi con forza sulla spoletta, innescando così la bomba, e diedi il pacchetto al colonnello Brandt che si imbarcò sull'aereo poco dopo Hitler. Pochi minuti dopo l'aereo di Hitler e quello che portava gli altri membri del suo partito partirono verso la Prussia orientale, scortati da numerosi caccia. Il destino doveva ora fare il suo corso. Tresckow e io tornammo ai nostri alloggiamenti, da dove io chiamai nuovamente Gehre a Berlino fornendogli la seconda parola d'ordine, che significava che l'Operazione flash era iniziata".

HITLER SEDEVA in uno scompartimento corazzato all'interno del suo aereo. Forti delle prove effettuate, i cospiratori erano certi che l'esplosione sarebbe stata sufficientemente grande da devastare anche quell'ambiente insieme al resto dell'aereo. Tresckow e Schlabrendorff si misero all'ascolto della radio in attesa di sentire notizie relative alla caduta di un aereo da qualche parte nelle vicinanze di Minsk. Ma non accadde nulla. Schlabrendorff raccontò gli avvenimenti con queste parole: "Dopo aver atteso per più di due ore, ricevemmo la notizia disastrosa che l'aereo di Hitler era atterrato tranquillamente sulla pista di volo di Rastenburg, nella Prussia orientale, e che Hitler stesso aveva raggiunto sano e salvo il suo quartier generale. Non riuscivamo a capire cosa non avesse funzionato. Malgrado la sconfitta Tresckow non si lasciò prendere dalla depressione e riprese l'iniziativa rapidamente. Chiamò il luogotenente colonnello Brandt, che era nel frattempo arrivato al quartier generale, e gli disse che era stato commesso un errore e che erano state inviate le bottiglie di liquore sbagliate. Chiese quindi all'ufficiale di tenere il pacchetto per il tempo necessario a inviare il vero Cointreau. Tresckow doveva evitare che la bomba venisse recapitata a Stieff, che non sapeva nulla del complotto. Schlabrendorff partì quindi per il quartier generale dell'alto comando, consegnò a Brandt due vere bottiglie di Cointreau e chiese indietro il pacchetto originale. Brandt, che non sapeva nulla del contenuto del pacchetto, ci giochicchiò con noncuranza. Schlabrendorff, che temeva un'esplosione ritardata, fece di tutto per nascondere la sua paura e il nervosismo. Portò quindi il pacchetto alla stazione ferroviaria dove lo attendeva un treno espresso militare notturno per Berlino.

UNA VOLTA ENTRATO nella carrozza-letto si chiuse nello scompartimento e aprì il pacchetto con una lametta da barba. Rimosse l'involucro e fece una scoperta sconcertante: "Vidi che l'esplosivo era completamente intatto. Smontai con attenzione la bomba, estrassi la miccia e la esaminai. Capii immediatamente qual era stata la ragione della mancata esplosione: aveva funzionato tutto, a parte per un piccolo elemento. La bottiglia con la sostanza corrosiva si era rotta, l'acido era colato lungo la molla, il percussore era stato innescato e aveva funzionato, ma il detonatore non era esploso".

Giampiero Calapà: "Da nazisti a cospiratori, così diventarono eroi"

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Adolf Hitler

La passione di Danny Orbach per lo studio della cospirazione contro Hitler nella Germania nazista nasce quando era un giovane studente liceale: "Entrambi i miei nonni - racconta - sono sopravvissuti all'Olocausto, in Romania. Volevo capire come tutto fosse cominciato e le motivazioni di chi si è opposto. Solo per caso ho scoperto la congiura del 20 luglio 1944, il tentativo di Claus von Stauffenberg di uccidere Hitler con una bomba nascosta in una ventiquattrore: l'operazione Valchiria. Mi sembrava eroico. Gli storici, però, tendevano ad essere molto sprezzanti verso i cospiratori, presentati come un gruppo di opportunisti che volevano salvarsi il collo all'ultimo momento. Questo mi sembrava ingiusto. Ho continuato la ricerca nel mio tempo libero quando ero soldato dell'esercito israeliano, poi come studente alla Tel Aviv University e alla Harvard Graduate School".

Lei definirebbe "nazisti" i cospiratori anti-Hitler? No. Anche se in precedenza hanno sostenuto il regime, il loro progetto politico è stato quello di rovesciare Hitler, quindi sarebbe giusto definirli "antinazisti". Un piccolo numero di cospiratori erano ancora coinvolti in crimini di guerra orribili, ma la stragrande maggioranza aborriva l'Olocausto e altri crimini nazisti. Avevano dei limiti, certo, ma credo che fossero eroi: gli eroi del mondo reale non sono cavalieri in armature scintillanti, come nelle leggende, ma persone con debolezze umane.

Gli stessi cospiratori in precedenza hanno condiviso, però, i crimini di Hitler... Nel 1933, e anche molto più tardi, la maggior parte delle persone non sapevano le cose che sappiamo oggi sui crimini nazisti. Molti dei cospiratori credevano, in precedenza, che Hitler fosse un leader conservatore e che avrebbe recuperato i territori tedeschi e il prestigio persi dopo la prima guerra mondiale. Per molti di loro ci sono voluti molti anni per capire la vera natura del regime nazista. Sono convinto che solo nell'esercito si poteva organizzare la resistenza e tentare un golpe.

Per scrivere "Uccidere Hitler" è stato in Germania, Inghilterra, Russia e Stati Uniti, ha trovato documenti inediti negli archivi? È stata la parte più emozionante. E imparare il russo, oltre al tedesco, è stata la decisione più importante: nell'Archivio di Stato della Federazione russa a Mosca, ho trovato la testimonianza del colonnello Hans Crome, un cospiratore relativamente sconosciuto che era molto vicino al cerchio interno della resistenza tedesca. Crome è stato catturato dopo la battaglia di Stalingrado nei primi mesi del 1943. Dopo il fallimento del complotto del 20 luglio 1944, raccontò ai russi la cospirazione nel dettaglio: i metodi interni di comunicazione nella resistenza, le loro tattiche di reclutamento, i codici che hanno usato, oscure trame su cui sappiamo molto poco, e come le decisioni più importanti, tra cui quella di uccidere Hitler, sono state prese. In Germania ho avuto l'onore di intervistare la figlia di Carl Goerdeler, il leader civile della resistenza, e uno degli ultimi superstiti della congiura, Philipp Freiherr von Boeselager. Era un giovane ufficiale allora, ma è stata un'esperienza eccezionale poter parlare con un uomo che ha lavorato con Claus von Stauffenberg, Henning von Tresckow e gli altri leader famosi della resistenza.

La resistenza a Hitler era un unico movimento o erano gruppi separati e scollegati tra loro? I combattenti della resistenza all'inizio erano una minoranza nella Germania nazista, ma sparsi e attivi in tutto il Reich: esigui, disarmati, non rappresentavano un vero pericolo per il regime. Ma il "movimento di resistenza tedesco" (Deutsche Widerstandsbewegung) diventa poi una coalizione di cellule: gruppi civili e militari, per lo più appartenenti alla destra conservatrice, a volte anche alla sinistra socialdemocratica. Poi nel '44, sotto la guida carismatica di Claus von Stauffenberg, la resistenza è stata organizzata come "rete", un'organizzazione gerarchica. Tuttavia, il controllo dei leader non è mai stato così forte come si credeva.

Qual è stata la difficoltà più grande che ha dovuto affrontare per realizzare questo libro? Trovare ordine nel caos. Protocolli, diari, appunti scritti a mano, memorandum, lettere: una marea di dettagli. Serviva una narrazione ordinata, ma accurata e fedele ai fatti storici. Questo è ciò che rende il lavoro dello storico così difficile, ma alla fine così gratificante.

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