Riprendiamo da ITALIA OGGI, a pag. 14, con il titolo "I populisti AfD non sono nazisti", l'analisi di Roberto Giardina.
Roberto Giardina
Per bloccare l'AfD, il movimento populista che inquieta Frau Angela, bisognerebbe conoscere chi lo vota, al di là dei pregiudizi. Sicuro che siano tutti razzisti, xenofobi, nostalgici di Adolf, o disoccupati e pensionati al minimo? Diciamo i poveri della nazione più ricca d'Europa. Siamo sicuri che l'Alternative für Deutschland, sia nazionalista, e voglia difendere la patria contro gli invasori, in gran parte, arabi, musulmani, con la missione di conquistare la Germania e l'Europa nel nome di Maometto?
Die Zeit, il settimanale d'élite che esce ancora nel formato a lenzuolo e con la carta del vecchio Espresso, dedica il suo inserto all'Heimat, parola che non occorre tradurre. Una delle poche in tedesco conosciute dagli italiani, con Panzer, Kaputt, e Führer, e sicuramente anche Liebe, e Koalition. La serie tv di Edgar Reitz, risale agli anni Ottanta, ed ebbe forse più successo in Italia che in Germania. Noi non ne abbiamo un equivalente, e va spiegata. Vaterland, è la patria solenne, neutro nella lingua di Goethe, la patria per cui si muore in battaglia. Heimat, femminile, è la piccola patria, diciamo casa nostra, alla lontana, la Home degli inglesi. E il luogo dove siamo nati, ma non sempre, e non solo. Di Vaterland ne abbiamo una. Di Heimat, io ne ho almeno cinque: la Palermo dove nacqui, benché oggi sia ben diversa dai miei ricordi, e forse non è mai esistita; Roma, ma quella degli anni Cinquanta, di Pasolini e di Moravia, più il secondo che il primo, nelle borgate di «Ragazzi di Vita», da ragazzino non misi mai piede; Torino, dove cominciai l'avventura da cronista; e Amburgo, poi Berlino. E in ogni città ho il mio angolo: una Heimat è fatta di ricordi e di amori, per persone e cose.
Manifestazione di Pegida, il movimento neonazista tedesco
I populisti che rischiano di essere il terzo partito tra un anno, non difendono la Vaterland, ma il paese loro, o il quartiere dove vivono nelle grandi città, il Kietz, altra parola intraducibile. Il loro slogan è Deutschland bleibt Deutschland, contro chi vorrebbe che anche l'Islam faccia parte della Germania. Affrontarli, pensando che siano nostalgici di Adolf, porta fuori strada, e non porta da nessuna parte. Quelli dell'AfD appartengono in maggioranza alla classe media, non hanno tutti preoccupazioni finanziarie, e molti, fino a ieri, hanno votato a sinistra. Le loro parole, spesso, sono le stesse dei cristianosociali, i conservatori bavaresi, o dei sindacalisti con la tessera dell'Spd, i socialisti.
Forse tutti i neonazi l'anno venturo voteranno per l'AfD, ma non tutti i loro elettori sono nazisti. Sono sempre un pericolo, confuso e ambiguo, tuttavia diverso da Pegida, il movimento violento che dà alle fiamme i centri di accoglienza. E' vero, sventolano il tricolore, il rosso, il nero e l'oro, ma in formato ridotto, bandierine, e non vessilli, come è piccola la loro patria. Non è facile cambiare la Germania che l'anno venturo si appresta a festeggiare i 500 anni delle tesi di Lutero. Ma l'Heimat è fragile come una porcellana di Meissen. Paragone sbagliato, perché le piccole cose, in genere sono poco costose, però basta poco e svaniscono. La birreria all'angolo, il giardinetto davanti a casa, lo scivolo e l'altalena dove abbiamo giocato noi, e dove oggi portiamo i nostri bambini.
L'invasione dei profughi cambia l'atmosfera, nelle metropoli si avvertono poco, dipende dalle strade, ma molti sono ospitati in provincia, dove c'è più posto. A Diessen, 10 mila abitanti, paese della Baviera, dove ho trascorso qualche giorno in estate, il vecchio albergo Vier Rosen, quattro rose, è stato trasformato in residenza per i Flüchtlinge, gli immigrati. Sono tutti giovani e maschi, mi dicevano le signore anziane, stupite, non spaventate. Si lamentavano perché di sera gli ospiti venuti da lontano parlavano a voce troppo alta. In Baviera, i tramonti sono silenziosi. A Diessen amano cucinare sul barbecue cotolette di maiale e würstel, e scolarsi un boccale di birra, anche due. E' vero, cinquant'anni fa, temevano che fossimo noi a turbare l'Heimat, gli italiani con i fiaschi di Chianti e gli spaghetti. Ma negli anni hanno finito per imitarci, li abbiamo sedotti o contagiati, a seconda dei punti di vista, con i nostri pregi e i difetti. Non si può fare un paragone. Molti profughi non desiderano integrarsi, come è loro diritto, se l'accoglienza fosse limitata nel tempo. A Diessen, e altrove, hanno paura di perdere l'Heimat, e si difendono. Non sono i fans del superuomo ariano, non difendono il IV Reich, sono quelli che mettono i nanetti nei loro giardini. Ed è un paradosso che i Gartenzwerge non piacessero a Hitler che li voleva vietare. Ma non ci riuscì.
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