domenica 24 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






La Stampa Rassegna Stampa
10.10.2016 Iran, il Paese senza libertà: per un romanzo (non pubblicato) si finisce in carcere
Cronaca di Francesca Paci

Testata: La Stampa
Data: 10 ottobre 2016
Pagina: 13
Autore: Francesca Paci
Titolo: «In carcere per un romanzo nel cassetto: Teheran arresta la scrittrice Ebrahimi»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 10/10/2016, a pag. 13, con il titolo "In carcere per un romanzo nel cassetto: Teheran arresta la scrittrice Ebrahimi", la cronaca di Francesca Paci.

Francesca Paci riporta l'ennesimo caso di violazione dei più elementari diritti umani in Iran, dove si può finire in carcere semplicemente per aver scritto un libro - anche se non pubblicato. L'Iran con cui l'Occidente ha stretto accordi, decretando la fine delle sanzioni e il via libera verso il nucleare, opprime le donne e tutte le minoranze, propaga un antisemitismo di stato e minaccia Israele di distruzione.

Ecco l'articolo:

Immagine correlata
Francesca Paci

Immagine correlata
Golrokh Ebrahimi Iraee

Due anni fa la Guardia rivoluzionaria iraniana irrompe senza mandato in casa dello studente 30enne Arash Sadeghi e di sua moglie Golrokh Ebrahimi Iraee: arresta lui, già detenuto in passato, e sequestra computer, taccuini, cd. Lei viene interrogata per 20 giorni, durante i quali sente le urla del marito torturato nella stanza accanto, poi esce in attesa del verdetto. Martedì si fanno vive le autorità giudiziarie: Golrokh è condannata a 6 anni di carcere per il racconto mai pubblicato che i pasdaran hanno trovato nel suo pc. Non dunque per l’attivismo in favore di Narges Mohammadi e le migliaia di prigionieri politici di Tehran come il marito, che da giugno sconta 15 anni in una cella del famigerato Evin, ma per la sua fantasia. Ce ne vuole d’immaginazione: invece della lapidazione, finisce al bando chi la denuncia.

Cosa ha scritto Golrokh Ebrahimi per scatenare negli ayatollah una reazione che Amnesty International definisce «grottesca». Giudicato «offensivo dell’islam», il virtuale libro galeotto narra la storia di una giovane iraniana che guarda in tv il film «The Stoning of Soraya M», la vera storia di una connazionale uccisa a pietrate, e si indigna fino a bruciare una copia del Corano. Materia che scotta nell’Iran campione di violazioni dei diritti umani, dove il codice penale ha recentemente riconfermato la lapidazione perché ritenuta «effettiva nel prevenire i crimini e proteggere la moralità».

«Non hanno neppure presentato un mandato di comparizione, mi hanno chiamato dal cellulare del mio amico Navid Kamran dopo averlo arrestato e mi hanno detto di consegnarmi» ha raccontato Golrokh al canale in farsi di Voice of America subito dopo la telefonata con la sentenza di 6 anni, 5 per offese all’islam e uno per propaganda anti-governativa. Attivisti iraniani a lei vicini non sanno dire se la ragazza si trovi già a Evin perché sin dall’inizio le informazioni sul suo caso sono state poche e frammentarie, dei due avvocati difensori che avrebbero dovuto seguire il processo iniziato nel 2014 una è stata costretta a ritirarsi per le minacce ricevute e l’altra è stata estromessa. Una delle udienze si è svolta mentre Golrokh Ebrahimi era in ospedale per un intervento chirurgico.
«Golrokh Ebrahimi deve scontare questi anni per aver scritto una storia mai pubblicata, viene punita per la sua immaginazione» afferma Philip Luther, responsabile per la sezione Medioriente e Nord Africa di Amnesty International. Se la presidenza del riformista Rohuani con il suo record di almeno 2.277 esecuzioni a morte ha frustrato le speranze di chi sognava un altro Iran, l’intera regione assiste a un durissimo giro di vite contro gli intellettuali, non solo gli attivisti politici ma anche gli scrittori come il PEN Award Ahme Nàgy, condannato a 2 anni carcere in Egitto per il romanzo «Vita, istruzione per l’uso» (Il Sirente) in cui parla di sesso e droga.

Per inviare la propria opinione alla Stampa, telefonare 011/65681, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


direttore@lastampa.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT