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Informazione Corretta Rassegna Stampa
10.10.2016 IC7 - Il commento di Valentina Colombo: Islam politico, sono i Fratelli musulmani l'interlocutore scelto dall'Italia
Dal 2 all'8 ottobre 2016

Testata: Informazione Corretta
Data: 10 ottobre 2016
Pagina: 1
Autore: Valentina Colombo
Titolo: «IC7 - Il commento di Valentina Colombo: Islam politico, sono i Fratelli musulmani l'interlocutore scelto dall'Italia»

IC7 - Il commento di Valentina Colombo
Dal 2 all'8 ottobre 2016

Islam politico: sono i Fratelli musulmani l'interlocutore scelto dall'Italia

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Rached Ghannouchi

Il prossimo 20 ottobre a Roma si terrà un incontro promosso dalla Commissione Affari Esteri del Senato che vedrà protagonisti da un lato Rached Ghannouchi, leader del partito islamista tunisino Ennahdha, e dall’altro Pierferdinando Casini, Presidente della Commissione ospitante. Il titolo dell’evento sarà “Islam e democrazia: l’eccezione tunisina”.

D’altronde, Pierferdinando Casini era stato uno dei pochi politici italiani invitati al decimo congresso di Ennahdha lo scorso maggio e non aveva nascosto il proprio entusiasmo. “È una rivoluzione straordinaria, questo può essere il modello musulmano moderato che aspettavamo da anni. Oggi nasce una specie di PPE islamico. È una svolta che mi ricorda molto la DC degli anni 50: separare con chiarezza i ruoli della religione e della politica in una società moderna”, aveva dichiarato al Corriere della Sera.

Purtroppo ci si trova innanzi a un equivoco. In prima istanza, Ennahdha può essere definito un movimento islamista, non islamico, pragmatico, ma va rammentato che Ghannouchi si è sempre mosso nella galassia della Fratellanza Musulmana con un approccio sì edulcorato, sì tunisino, ma soprattutto che è stato frenato dalla società civile tunisina che gli ha imposto un passo indietro e numerosi paletti.

Nell’articolo “Partecipazione in un governo non islamico”, Ghannouchi affermava: “Bisogna sottolineare alcuni fatti: 1. Il fatto che il concetto di governo islamico esiste e che è dovere religioso dei musulmani, sia singoli che gruppi di persone, operare affinché questo governo si insedi; […] 3. Il fatto che le attuali circostanze non sembrano favorire l’insediamento di un governo islamico. […] E’ dovere di tutti i musulmani continuare nello sforzo e cooperare per ottemperare all’ordine di Allah e stabilire la Giustizia sulla terra.”(Ch. Kurzman, Liberal Islam, Oxford University Press, Oxford 1998, pp. 89 sg.).

Anche la separazione tra predicazione e politica annunciata durante il decimo Congresso di Ennahdha, è ancora tutta da chiarire e da verificare. La conferma di quanto appena affermato viene da un articolo pubblicato lo scorso 17 settembre dal sito Middle East Monitor, vicino alla Fratellanza, a firma di Azzam Tamimi, anch’egli vicino alla Fratellanza e autore della biografia ufficiale di Ghannouchi, dal titolo eloquente “Funzionerà davvero la trasformazione di Ennahdha dalla predicazione alla politica?”

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Dopo avere elencato tutte le trasformazioni dei movimenti fondati da Ghannouchi nel corso degli anni, Tamimi elabora la seguente riflessione sull’ultima evoluzione del partito tunisino: “Sono stato invitato a partecipare alla decima conferenza in Tunisia, e pensavo che sarebbe stata un'opportunità di sentire direttamente dal leader del movimento cosa si intendesse con il progetto di separare la predicazione dalla politica; la politica dal sociale; e - come alcuni hanno detto - la politica dalla religione. Tutti questi termini sono stati utilizzati in diverse occasioni per descrivere il processo che la dirigenza di Ennahdha sembrava decisa di intraprendere una volta approvato dall'assemblea. Decine di dignitari stranieri sono stati invitati all'evento, tra cui i pensatori politici islamici e rappresentanti di alcuni tra i movimenti islamici simili provenienti da Algeria, Marocco, Mauritania, Malesia e Turchia. Tuttavia, non c'erano rappresentanti delle principali organizzazioni mediorientali dei Fratelli musulmani in Egitto, Giordania, Siria e Iraq. Fiducioso di avere compreso quel che Ennahdha voleva raggiungere, poco prima di arrivare in Tunisia ho scritto il seguente post sulla mia pagina Facebook: "Si è vagato a destra e a sinistra nel tentativo di interpretare la separazione della politica dalla predicazione che Ennahdha in Tunisia pare si appresti a intraprendere. La verità è che la questione è molto più semplice e diretta di quanto alcune persone hanno ritenuto. Siffatta separazione è stata praticata per un bel po 'di tempo nei circoli islamici senza troppo rumore. Si tratta, in ogni caso, di un requisito stabilito da leggi e costituzioni di molti Stati moderni. Questa separazione implica per l'appunto che a chi tra i membri del movimento Ennahdha viene affidato il compito di impegnarsi nella sfera dell'azione politica dovrebbe specializzarsi in questo campo e non dovrebbe impegnarsi nelle attività sociali, perché così facendo potrebbe causare danni. Al contrario, chi sceglie di impegnarsi nelle attività sociali non dovrebbe assumere cariche politiche per la stessa ragione. In linea di principio, questa idea è ragionevole e persino prudente. Tuttavia, metterla in pratica richiede la compresenza di una serie di fattori importanti tra i quali spiccano impegno, integrità, sincerità, devozione e voglia di perfezionare il lavoro si sceglie di fare. Il più grande ostacolo alla riuscita di questa idea può venire solo da noi stessi in quanto è tipico della natura umana aspirare sempre maggiori guadagni ovunque e in ogni situazione. Siffatto approccio non dovrebbe avere nulla a che fare con la separazione del religioso dal politico o con una separazione tra religione e stato. Né ha nulla a che fare con ciò che alcuni hanno insinuato, vale a dire che il movimento sta cercando di prendere le distanze da un particolare percorso intellettuale o da una specifica scuola di pensiero.”

Questo era quello che pensavo di avere capito dal discorso pronunciato in apertura del decimo Congresso dal leader di Ennahdha, lo shaykh Rachid Ghannouchi. Tuttavia [...] un certo numero di miei vecchi amici, che conoscevo da vent'anni, dagli anni del loro esilio a Londra, iniziò a rilasciare dichiarazioni ai mezzi di comunicazione tunisini ed internazionali spiegando che il progetto di Ennahdha era molto di più di una semplice spartizione dei compiti. Lutfi Zeitoun e Rafik Abdessalam sono stati entrambi citati con affermazioni inequivocabili secondo le quali Ennahdha voleva prendere le distanze dall' "Islam politico" [...].

Alcune agenzie di stampa hanno citato queste due figure di spicco all'interno del movimento tunisino che rinnegavano i Fratelli Musulmani e cercavano di autoassolversi da eventuali peccati commessi da questi ultimi o di tenersene il più lontano possibile, come se si trattasse di una sorta di virus mortale. Sono andati anche oltre e hanno negato che Ennahdha sia mai stata affiliata ai Fratelli Musulmani, un'affermazione che loro sanno bene, così come lo so io, essere un'emerita menzogna. Dopo la rivoluzione, la Tunisia ha attraversato momenti eccezionalmente difficili, tanto più che Ennahdha è emerso come il principale partito politico del paese.

Le difficoltà sono aumentate in seguito alla feroce campagna contro i Fratelli musulmani in tutto il mondo dopo l'allontanamento del presidente democraticamente eletto in Egitto nel luglio 2013. In siffatte circostanze, era comprensibile che i leaders di Ennahdha avrebbero fatto ogni sforzo per proteggere il loro progetto e ridurre al minimo le perdite che il movimento avrebbe potuto subire a seguito delle rivoluzioni arabe abortite e del colpo di stato militare che ha inferto un colpo mortale alla democrazia in Egitto. Era anche comprensibile che avrebbero cercato di tessere alleanze politiche con l'obiettivo di proteggere la Tunisia dalla stessa sorte di Egitto, Siria e altri paesi vittime delle campagne controrivoluzionarie condotte dai nemici della democrazia e dell'umanità a livello locale, regionale e internazionale. L'adozione di misure straordinarie e il riposizionamento organizzativo sarebbe stato perfettamente comprensibile date le circostanze. E' stata, però, veramente scioccante e incomprensibile la solerzia di alcuni funzionari di Ennahdha a rinnegare i Fratelli Musulmani, i cui membri in tutto il mondo erano stati al loro fianco nella predicazione e li avevano sostenuti nei loro giorni più bui. [...] La dichiarazione di Ennahdha che stava diventando un partito puramente politico che non si sarebbe impegnato in attività religiose o nella predicazione, pur non menzionando lo struttura o l'entità preposti a questo genere di attività ha suscitato la curiosità di molti osservatori. [...] Molte domande rimangono senza risposta ad alcune settimane di distanza dalla storica dichiarazione. Questo movimento islamico è stato creato in origine come una missione per la riforma, che ingiunge ciò che è buono, vietando ciò che è male e chiedendo ciò che è giusto. Ora dichiara di avere deciso di trasformarsi in un partito puramente politico, anche se è vero che l'impegno in politica può essere uno strumento importante per invitare al bene, proibire il male e agire con giustizia. [...] Forse sarebbe stata una strategia più ragionevole per la leadership di Ennahdha mantenere il movimento come un progetto di predicazione islamica e creare un partito politico separato, che sarebbe diventato il mezzo per le attività politiche dei suoi membri o seguaci. Solo il tempo ci dirà se trasformare il movimento in una struttura puramente politica sarà stato pratico e prudente. Sarà molto interessante vedere come i due principali leaders del movimento, che guarda caso sono studiosi e pensatori islamici, riusciranno ad abbandonare ogni attività missionaria per dedicarsi alla politica e solo alla politica.”

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Le parole di Tamimi sono importanti poiché provengono da una delle persone che meglio conosce Ghannouchi e il suo movimento. Tamimi conferma che Ennahdha non solo è parte della Fratellanza musulmana, ma soprattutto che la separazione tra politica e proselitismo è pressoché impossibile in Ennahdha così come in tutta la galassia dell’islam politico. Pierferdinando Casini dovrebbe meditare su quanto affermato da Tamimi e soprattutto rammentare che sia Ghannouchi che Abdelfattah Mourou, numero due di Ennahdha, sono entrambi membri dell’International Union of Muslim Scholars, guidata da Yusuf Qaradawi, teologo di riferimento della Fratellanza e sostenitore degli attentati suicidi in situazione di resistenza, e che Ghannouchi ha firmato un appello al jihad in Siria nel 2013 ovvero quando lo Stato islamico non era ancora stato ufficialmente proclamato.

Quanto al paragone con il PPE europeo e la democrazia cristiana, la risposta viene data dall’egiziano Adel Guindy che nel 2007 scriveva che “il tentativo di paragonare quei partiti [democratici cristiani] ai partiti democratici islamici nei nostri paesi e nelle nostre nazioni è come voler paragonare l’acqua all’acido solforico.”

Concludendo, credo sia giunto il momento di riflettere su due definizioni di islam e scegliere quale delle due seguire e promuovere. Mohamed Charfi, ex Ministro dell’Educazione tunisino, scriveva che “l’islam non è un diritto, né uno Stato, né politica, né un’identità. L’islam è una religione.” Yusuf Qaradawi, referente teologico di Ghannouchi e dell’islam organizzato italiano, afferma invece, confermando i dubbi sollevati da Tamimi, che “l’islam tutto comprende: credo, legge, religione e Stato.”

Il primo esempio corrisponde all’islam apolitico, all’islam vissuto nel proprio intimo dalla maggioranza dei musulmani nella quotidianità che non ha alcuna mira di conquista, il secondo all’islam politico che invece concepisce l’islam come un’entità unica e indivisibile e che si prefigge di re-islamizzare il mondo islamico riportando all’islam globalizzante. A quanto pare la politica italiana ha scelto il secondo.

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Valentina Colombo


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