Il mea culpa dell’Occidente
Commento di Michelle Mazel
(Traduzione dal francese di Yehudit Weisz)
http://www.jpost.com/Edition-Francaise/Politique/Le-mea-culpa-de-lOccident-4
69907
Le esequie di Shimon Peres hanno avuto una risonanza planetaria.
La cerimonia sobria e perfettamente scandita, è stata trasmessa in diretta dalla BBC, CNN, France 24 fino ad Al Jazeera, ed è stata la notizia di apertura dei telegiornali. Erano presenti il Presidente francese attorniato dal suo predecessore ma anche dall’attuale Ministro degli Esteri; il Principe ereditario Charles con il Ministro degli Esteri britannico; il Presidente tedesco Joachim Glauck; il Presidente rumeno e il Primo Ministro ungherese; il Primo Ministro canadese; il Presidente del Consiglio europeo e Federica Mogherini, capo della diplomazia europea; la Direttrice Generale dell’UNESCO, Irina Bokova; il Presidente palestinese venuto da Ramallah; l’Egitto aveva inviato il suo Ministro degli Esteri. La lista è ancora molto lunga: erano arrivate sessanta delegazioni dall’Africa, dalla Cina e dall’America Latina. E in prima fila c’era il Presidente americano, Barack Obama. Tutto questo nel momento in cui la stampa araba si scatenava contro il vecchio leader e i rappresentanti eletti dagli arabi alla Knesset, si rifiutavano con ostentazione di partecipare a questo lutto nazionale. Non c’è dubbio che tutti erano venuti per rendere omaggio a Shimon Peres, personalità eccezionale, che ha rappresentato la sua epoca e che ha difeso instancabilmente lo Stato d’Israele. Ultimo dei Padri Fondatori, Premio Nobel per la Pace, artefice degli Accordi di Oslo… Quest’uomo di 93 anni, che si rifiutava di invecchiare e che avrebbe detto scherzosamente che voleva che sulla sua tomba fosse scritto “Morto prematuramente”, ha continuato fino all’ultimo giorno a lottare per la pace. Non era più Presidente, non occupava più una carica pubblica. La presenza di tanti uomini politici, tra cui alcuni che non l’avevano mai incontrato, non era prevista da un protocollo specifico. E l’ammirazione di cui lui godeva a giusto titolo, non spiegherebbe tutto. Certamente in questo o quel Paese ci saranno le elezioni e potrebbe essere importante “essere visti” a un funerale così importante. È lecito però pensare che questa presenza massiccia occidentale costituisca un mea culpa silenzioso, per per l’accanimento diplomatico senza precedenti contro lo Stato ebraico; un mea culpa di questi Paesi, in maggioranza cristiani, per la vergognosa dichiarazione dell’UNESCO, che nega ogni legame tra il Monte del Tempio, gli ebrei e il giudaismo e quindi anche tra Gerusalemme e il Cristianesimo; un mea culpa per non aver fatto abbastanza per arrestare l’ondata di antisemitismo e gli attacchi contro gli ebrei, permettendo la crescita dei movimenti che si appellano al boicottaggio e alla delegittimazione di Israele. Un mea culpa -ahimé! Silenzioso - che i Paesi occidentali non hanno il coraggio di pronunciare con chiarezza. Sanno perfettamente che dal punto di vista politico non cambierà nulla. Gli obiettivi strategici, gli interessi sono troppo forti. Eccoli allora lì, ben in vista, sul Monte Herzel, il cuore di Gerusalemme, a lasciar parlare soltanto la loro presenza. Le riprese delle telecamere indugiavano a lungo sui loro volti, e il mondo, con stupore, scopriva all’improvviso, che nonostante tutto quest’odio, lo Stato d’Israele non era solo, c non era emarginato come i media raccontano, è stato persino capace di organizzare in meno di quarant’otto ore, e malgrado i rischi relativi alla sicurezza, quello che resterà nella memoria come una spettacolare dimostrazione di solidarietà nei confronti dello Stato ebraico.
Michelle Mazel è una scrittrice israeliana nata in Francia. Ha vissuto otto anni al Cairo quando il marito era Ambasciatore d’Israele in Egitto. Profonda conoscitrice del Medio Oriente, ha scritto “La Prostituée de Jericho”, “Le Kabyle de Jérusalem” non ancora tradotti in italiano. E' in uscita il nuovo volume della trilogia/spionaggio: “Le Cheikh de Hébron”. Le sue recensioni sono pubblicate sull’edizione settimanale in lingua francese del Jerusalem Post