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La Stampa Rassegna Stampa
04.10.2016 Polonia: le misure liberticide del governo catto-reazionario e le parole del Papa contro il divorzio
Cronaca di Monica Perosino

Testata: La Stampa
Data: 04 ottobre 2016
Pagina: 11
Autore: Monica Perosino
Titolo: «Polonia, donne in piazza per l'aborto»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 04/10/2016, a pag. 11, con il titolo "Polonia, donne in piazza per l'aborto", la cronaca di Monica Perosino.

Sono ore buie quelle che si consumano in Polonia per la stretta reazionaria e clericale del governo, che vuole imporre una legge che vieti in ogni circostanza l'interruzione della gravidanza, minando così alla base uno dei principi fondamentali che ogni società liberale deve avere. Ore buie come quelle di Baku, in Azerbaijan, quando papa Bergoglio ha condannato il divorzio: anche la Chiesa di Bergoglio è un pericolo, esattamente come i governi reazionari cattolici come la Polonia, quelli islamisti come la Turchia di Erdogan o ex comunisti come la Russia di Putin. A quando la cancellazione del voto alle donne?

Ecco l'articolo:

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Monica Perosino

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La protesta delle donne polacche contro le misure liberticide anti-aborto del governo

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Papa Bergoglio

Non hanno potuto nulla l’Unione europea, le Nazioni Unite, la comunità internazionale e le più influenti ong globali. Alla fine, per fermare la deriva sempre più autoritaria e conservatrice del governo polacco ci si sono messe le donne. Ieri a Varsavia, e in altre 50 città, si sono vestite a lutto e sono scese in piazza contro la proposta di legge in discussione al Parlamento che prevede il divieto totale di aborto e il carcere per chi lo pratica. In tutto il Paese insegnanti, casalinghe, studentesse, operaie e impiegate hanno dichiarato «sciopero totale». Il modello al quale si sono ispirate è la protesta lanciata nel 1975 dalle donne islandesi che per 24 ore si rifiutarono di lavorare, cucinare e accudire i figli per dimostrare il ruolo cruciale delle donne nella società.

La cattolica Polonia ha già tra le leggi più restrittive in Europa in materia di interruzione di gravidanza: allo stato attuale l’aborto è permesso solo in tre casi: se sussiste un rischio per la vita della madre, in caso di gravi e irreversibili malformazioni del feto e se la gravidanza è frutto di violenza o incesto (che però devono essere confermati da un pubblico ministero). La legge in discussione – fortemente sostenuta dalla Chiesa episcopale – prevede che l’aborto diventi legale solo se è in pericolo la vita della madre. Per le donne che decideranno di abortire illegalmente sono previsti fino a cinque anni di carcere (contro gli attuali due). Stesso trattamento per i medici che lo praticano. E non è finita qui: saranno indagate anche le donne che hanno un aborto spontaneo: un giudice dovrà verificare se si tratti effettivamente di un «incidente» o di un’interruzione «deliberata».

«Un invito all’aborto clandestino», dicono le associazioni di difesa dei diritti delle donne. Già oggi le stime indicano che gli aborti clandestini (100-150mila all’anno) sono di gran lunga più numerosi di quelli legali (1000 all’anno).
Ma ieri è successo qualcosa di epocale: per la prima volta nella storia della Polonia sono scese in piazza tutte le forze politiche e ideologiche del Paese. Insieme, in una inedita protesta trasversale, per dire no all’ennesimo strappo del governo, quello che dagli analisti è stato definito «il punto di rottura», oltre al quale «la società civile non permetterà che il partito di Jarosław Kaczynski si spinga». In piazza hanno sfilato donne di sinistra, femministe e attiviste per i diritti umani a fianco di conservatrici, cattoliche ed esponenti dei movimenti per la salvaguardia della famiglia.

A Czestochowa, forse la più cattolica città della cattolicissima Polonia, il 60% delle donne non si è presentata al lavoro e il sindaco ha invitato all’astensione totale tutte le dipendenti pubbliche. A Cracovia e Varsavia decine di ristoranti, bar e locali pubblici hanno deciso di chiudere per permettere al personale femminile di partecipare ai cortei. Nelle scuole di ogni ordine e grado, raccontano i presidi di Varsavia, non si sono assentate solo le insegnanti: sono state centinaia le giustificazioni dei genitori per l’assenza delle bambine «per sciopero contro il regime e per sostenere i diritti delle donne».

E ora la premier Beata Szydło ha un altro problema, che si somma a quelli che la tormentano dall’elezione di un anno fa: dovrà fare i conti non solo con le procedure di infrazione dell’Europa – che accusa il Paese dell’Europa Centrale di aver messo a rischio lo stato di diritto - ma con un terremoto politico interno che rischia di spaccare la sua – finora – granitica e compatta maggioranza.
E anche la Chiesa – se si eccettuano le frange più conservatrici – rischia di essere una spina nel fianco del governo: gli articoli che vorrebbero il carcere per le donne che abortiscono e inchieste giudiziarie sulle interruzioni spontanee sono stati giudicati «eccessivi». L’intensità delle cosiddette «proteste nere» di ieri ha investo in pieno il Pis, tanto che Jarosław Kaczynski ha suggerito che il governo potrebbe accettare un «compromesso»: rendere legale l’aborto in caso di stupro e incesto.

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direttore@lastampa.it

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