Mentre Aleppo soccombe sotto i bombardamenti, l’Occidente dimostra ancora una volta la sua impotenza
Commento di Michelle Mazel
(Trdauzione di Yehudit Weisz)
http://www.jpost.com/Edition-Francaise/International/Jeux-de-princes-469054
In Siria, aerei sofisticati volteggiano come avvoltoi sulla martoriata città di Aleppo, prima di tornare tranquillamente alla loro base. Ogni giorno scaricano morte, senza risparmiare nessuno, né donne né anziani, né bambini.
Prendono di mira ospedali e convogli umanitari, pozzi d’acqua, linee elettriche. Gas tossici, barili esplosivi, bombe a grappolo; quelli che li mandano non badano a mezzi. Sanno di poter agire impunemente.
Che cosa rischiano? Chi potrebbe impedirglielo? E’ necessario far capire il più rapidamente possibile alla popolazione sunnita di Aleppo, un tempo la città più popolosa del paese, che è arrivato il momento di abbandonare le loro case in rovina, i quartieri devastati, i morti ancora sotto le macerie, e che devono lasciare la zona al più presto per far spazio agli alawiti fedeli al regime.
E’ quel che altrove si chiamerebbe pulizia etnica.
Curiosamente, in contemporanea, i rappresentanti di tutte le nazioni del mondo sono riuniti a New York, nel quadro dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Non possono non sapere, non vedere le immagini orribili che passano in rete sugli schermi dei loro televisori; non possono aver già dimenticato l’immagine di quel bambino stordito, insanguinato e coperto di polvere, miracolosamente salvo fuori dalle macerie, che solo poche settimane fa era sulla prima pagina di tutti i giornali del mondo.
Solo che loro non hanno tempo di occuparsene. Che volete, lì ci sono ben 190 delegazioni e ciascuna ha la sua agenda. E poi tra incontri bilaterali, tavole rotonde, pranzi, cocktail, cene e altri ricevimenti, sono così stressati!
D’altronde, cosa potrebbero fare? Per di più l’esempio viene dall’alto. I loro fraterni paesi arabi se ne stanno stranamente in silenzio, l’Iran la cui influenza è in crescendo, se la ride sotto i baffi.
C’è persino stata una diplomatica americana che ha avuto il coraggio di considerare barbari i russi! Non sono rimasti per nulla impressionati da questa dimostrazione di impotenza della prima potenza mondiale.
Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, lui, ha approfittato di questo grande incontro annuale per chiedere la ripresa dei negoziati al fine di elaborare una nuova tregua umanitaria. Si è dichiarato scioccato per l’inasprimento degli attacchi ed ha chiesto alla comunità internazionale di unirsi per inviare un messaggio chiaro al governo siriano, per fargli sapere che la suddetta comunità “non tollererà l’uso indiscriminato di armi sempre più potenti contro i civili”.
Che vergogna, che parole vuote; sa molto bene che le istanze internazionali non avranno alcun peso.
Con grande zelo lancia minacce al governo siriano, che ne ha già sentite altre e che ha ben altre preoccupazioni, senza nemmeno citare il governo russo i cui aerei fanno il lavoro sporco più evidente. E’ inutile chiedere al più alto funzionario dell’ONU ormai prossimo alla fine del suo mandato. Lui aveva destinato l’essenza della sua eloquenza e della sua indignazione, al conflitto israelo-palestinese, identificando in Israele l’unico responsabile.
C’è da notare che in poco più di un secolo, questo conflitto e le guerre che ha causato, sono ben lontani dal raggiungere l’atroce bilancio di cinque anni di combattimenti in Siria, che giorno dopo giorno si fa sempre più pesante e che rappresenta una catastrofe umanitaria senza precedenti.
Michelle Mazel è una scrittrice israeliana nata in Francia. Ha vissuto otto anni al Cairo quando il marito era Ambasciatore d’Israele in Egitto. Profonda conoscitrice del Medio Oriente, ha scritto “La Prostituée de Jericho”, “Le Kabyle de Jérusalem” non ancora tradotti in italiano. E' in uscita il nuovo volume della trilogia/spionaggio: “Le Cheikh de Hébron”. Le sue recensioni sono pubblicate sull’edizione settimanale in lingua francese del Jerusalem Post