Riprendiamo dal TEMPO di oggi, 21/09/2016, a pag. 11, con il titolo "Cronista italiano allontanato perché ritenuto filo-Hezbollah", l'analisi di Dimitri Buffa.
Dimitri Buffa
Michele Monni - a sinistra, i suoi sodali di Hezbollah
In Israele è scoppiato un caso che rischia di stare all'Ansa, l'agenzia più importante d'Italia come quello di Riccardo Cristiano nell'ottobre 2000 stava alla Rai. Protagonista un bravo free lance, Michele Monni, «allontanato» dopo l'apertura di un'inchiesta da parte dell'esercito israeliano che aveva scoperto come il giovane (che ha anche un «blog» filopalestinese su «L'Espresso» e un profilo facebook in quella medesima sintonia) avesse usato filmati e interviste - questa l'ipotesi d'accusa israeliana - fatte a politici e militari israeliani, tra cui una vittima miracolosamente scampata nel luglio 2006 a un'imboscata dei terroristi sciiti libanesi, in un documentario autoelogiativo degli hezbollah.
Andato in onda afine luglio per «celebrare» i dieci anni dall' ultima guerra tra Israele e il Libano. Che ovviamente gli hezbollah dicono e propagandano di avere vinto. Il problema, sempre a detta degli israeliani, è che Monni non avrebbe intervistato gente come l'ex ministro della Difesa Amir Peretz, la parlamentare Tzipi Livni, il deputato Eyal Ben-Reuven e tantomeno il militare Tomer Weinberg (rimasto gravemente ferito mentre era di pattuglia con i soldati israeliani rapiti e poi uccisi, Eldad Regev e Ehud Goldwasser), presentandosi come inviato della tv al Manar (il Faro) organo del movimento politico terroristico di Hassan Nasrallah. No, Monni avrebbe detto a tutti quello che poi era in realtà: un free lance ripetutamente usato dall'Ansa per servizi in Israele e nei Territori occupati.
Ramallah, 11 ottobre 2000: due soldati israeliani sbagliano strada e vengono fatti a pezzi. La Rai con Riccardo Cristiano cerca di insabbiare
Di qui il caso. Che assomiglia in sedicesimo, e mutatis mutandis, a quello che ebbe per protagonista Riccardo Cristiano, corrispondente, stavolta ufficiale, della Rai in Israele. Era l'11 ottobre del 2000, quando vennero linciati a Ramallah due soldad israeliani che avevano avuto l'unico torto di sbagliare strada. E dopo che le tv Mediaset trasmisero quello stesso giorno il cruento filmato che fece il giro del mondo, Cristiano sentì il bisogno di scrivere una lettera ufficiale al più importante quotidiano palestinese per spiegare che le immagini e la loro diffusione «non erano responsabilità della Rai». Scusandosi in pratica per la loro messa in onda da parte delle tv concorrenti.
Con il free lance dell'Ansa la situazione è diversa ma egualmente imbarazzante. Tanto che sia la redazione esteri Ansa di Roma sia il responsabile a Gerusalemme si sono trincerati dietro una specie di «no comment» un po' grottesco. Adducendo motivazioni di «privacy interna aziendale». Che di per sé è una risposta da ministero più che da grande agenzia giornalistica in cui tutti sanno benissimo che un giornalista che scrive di una materia così delicata è obbligato a sentire tutte le parti in causa. Peraltro anche lo stesso Monni, benchè rintracciato su facebook, non ha voluto fornire la sua versione. C'è anche un giallo su una lettera di scuse che il sito del maggiore quotidiano israeliano Yedioth Aronoth (http://www.ynet-news.com/articles/0,7340,L4852084,00.html) sostiene sia stata mandata dall'agenzia all'ambasciata romana di Israele. In questo caso la massima discrezione è stata tenuta anche dai diplomatici israeliani a Roma, che hanno invitato a «sentire direttamente l'Ansa». Ma sul caso Monni la versione ufficiale del capo degli esteri Luigi Ambrosino è quella di minimizzare non solo le responsabilità dell'agenzia ma anche quelle di Monni. Definito «un ragazzo che si sarebbe fatto imbrogliare da un reporter palestinese che lo ha convinto a fare quelle interviste tacendogli il particolare che sarebbero finite sulla tv degli hezbollah». Di certo c'è solo che Monni si è presentato a tutti gli intervistati come collaboratore Ansa.
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