Riprendiamo da LIBERO di oggi, 19/09/2016, a pag. 3, con il titolo "Bocche cucite: se dici 'Isis', vince Trump", il commento di Carlo Panella.
Le cronache sono su tutti i media, giornali e Tv, come sempre non le riprendiamo dandole per conosciute.
Carlo Panella
Donald Trump, Hillary Clinton
Una bomba a New York, che secondo il sindaco Bill de Blasio e il governatore Mario Cuomo (con troppa fretta e senza minimamente spiegare su quale base) non è «riconducibile al terrorismo internazionale e un feroce accoltellamento di 8 persone in Minnesota al grido di «Allah Akbar!», subito rivendicato dall’Isis. Da ieri, la campagna presidenziale Usa è cambiata. Anche perché non è affatto escluso che questa domenica insanguinata sia solo un’anteprima. L’Isis ha ampiamente dimostrato di saper fare politica e poco conta quel che sostengono de Blasio e Cuomo, palesemente tesi a proteggere la propria capacità di garantire sicurezza: l'autore della tentata strage di Chelsea può infatti essere il solito «lupo solitario», «acceso» a distanza dalla regia jihadista.
Tre gli obbiettivi politici evidenti di questa domenica di sangue: innanzitutto il clamore doppio che l’esplosione e le vittime destano negli americani in piena campagna presidenziale. Poi, i gay. Chelsea, il quartiere di New York colpito infatti è il luogo di ritrovo dei gay della upper class. Un non piccolo indizio a favore della pista jihadista. Infine, oggi si apre la sessione annuale dell’Assemblea Generale dell’Onu e arrivano a New York Barack Obama e tutti i capi di stato e di governo del pianeta. Dimostrare davanti agli occhi dei grandi del mondo che la città è permeabile al terrorismo, umiliare Cia, Fbi e la polizia di New York, è un risultato più che appetibile.
Non è la prima volta e non sarà l’ultima che un attentato sconvolge una campagna elettorale e rischia di mutarne il corso. In Italia, durante gli Anni di Piombo è accaduto in più occasioni. Ma il caso più clamoroso avvenne in Spagna l’11 marzo 2004, con l’attentato alla stazione di Atocha che fece 192 vittime. Un attentato politicamente mirato, come quelli di ieri, perché si era a tre giorni da un voto in cui era sicurissimo il trionfo del Partito Populare di Luìs Marìa Aznar (che però non si candidava alla guida del governo) e tutta la Spagna sapeva che il Partito Socialista aveva candidato Luìs Zapatero solo per bruciarlo, perché non aveva alcuna chance di vittoria. Ma Aznar commise un errore fatale, diede subito e con certezza all’Eta basca la colpa della strage per impedire che gli elettori pensassero che la Spagna pagava un prezzo terribile di sangue per aver partecipato all'invasione dell’Iraq del 2003. Ma la polizia dovette presto abbandonare la pista basca, su cui la spingeva il governo, per arrivare a una indubitabile responsabilità di Al Qaeda. Il partito di Aznar ebbe un tracollo e Zapatero colse un del tutto immeritato trionfo.
A questo precedente ha sicuramente pensato Hillary Clinton, con le sue prudentissime prime dichiarazioni, ma non di certo Donald Trump, che ha subito dispiegato tutte le sue argomentazioni apocalittiche. Non è detto, però, che il clima di paura porti acqua e voti a Trump. E non solo perché è evidente che Hillary Clinton - che somma la sua esperienza personale nel contrasto al terrore, a quella del marito Bill Clinton - ha una caratura professionale su questo terreno ben maggiore del suo tonitruante avversario. Trump infatti, dopo l’attentato al locale gay di Orlando, ebbe un deciso calo di consensi per una ragione scabrosa: apparve chiaro che era contento e soddisfatto di una strage che pensava gli fosse favorevole.
Si vedrà nei prossimi giorni come reagirà un elettorato americano che oggi appare imprevedibile e disorientato come non mai. Ma un dato è certo: questi attentati ricadranno pesantemente sul prestigio di Barack Obama. L’attentato di Orlando ha colpito la immensa provincia americana. Ieri, invece, una bomba ha insanguinato New York, il cuore della potenza yankee. Uno sfregio anche alla Casa Bianca. Obama ha per di più appena fallito l'ennesimo tentativo di dare una «soluzione politica» alla crisi siriana, epicentro del jihadismo, col fallimento della nuova tregua nei bombardamenti concordata con la Russia. Assad lo ha addirittura appena accusato di bombardare volutamente l’esercito siriano (l’aviazione Usa ha effettivamente ucciso 69 suoi soldati) e non le basi dell’Isis. La Russia lo ha schernito all'Onu: «Gli Usa si sono alleati all’Isis!». Insomma, Obama si presenta oggi agli occhi degli americani come un presidente uscente che non garantisce la sicurezza interna e che contro l’Isis, sviluppa una politica confusionaria. E questo può danneggiare Hillary, perché l’Obama che fa campagna per lei ha chiaramente fallito nel contrasto al terrorismo jihadista.
Per inviare la propria opinione a Libero, telefonare 02/999666, oppure cliccare sulla e-mail sottostante