Riprendiamo da NAZIONE/GIORNO/CARLINO di oggi, 19/09/2016, a pag. 8, con il titolo "Berlino vota, stangata alla Merkel, in arrivo un governo rosso-verde", l'analisi di Roberto Giardina.
Roberto Giardina
I populisti dell'Afd entrano anche al parlamento di Berlino. Ma non trionfano, bloccati tuttavia dall'estrema sinistra della Linke. E non da Frau Angela. La metropoli è storicamente città rossa, perfino sotto Hitler, e non ha ceduto, o non troppo, alla protesta xenofoba: i postcomunisti balzano dall'11,7 al 15,7, e probabilmente entreranno al governo 27 anni dopo la caduta del Muro. Cedono i grandi partiti: i socialdemocratici rimangono in testa, ma crollano al 21,5 per cento (meno 6,8), mai un partito ha vinto un'elezione regionale con un risultato così basso. Dopo quindici anni di un borgomastro Spd, i berlinesi cominciano a esserne stanchi. La Cdu della Merkel piomba al 17,6 (meno 5,7), il risultato peggiore di tutti i tempi in un voto di Land, da quando esiste la Repubblica Federale.
Si temeva che l'Afd bissasse il risultato di due settimane fa nel Mecklenburg-Vorpommern, la Pomerania anteriore, dove si era piazzato al secondo posto, scavalcando la Cdu, ma è stata fermata intorno al 14 per cento. Non troppo, ma sempre preoccupante. E, come previsto, contribuisce alla sconfitta della Grosse Koalition, un segnale pericoloso a livello nazionale per la Merkel. Per la prima volta, non sarà possibile formare un governo a due, sarà necessaria una triplice alleanza.
E I VERDI, che hanno contenuto le perdite in due punti e spiccioli (dal 17,6 al 15,2), tornano ago della bilancia. Il borgomastro uscente Michael Müller sarà tentato di formare una coalizione rosso-rosso-verde, mandando all'opposizione la Cdu. Il modello che potrebbe essere replicato dopo il voto nazionale nell'autunno del 2017, anche se Berlino rimane una realtà molto diversa dal resto del paese. Ma l'Spd non avrebbe molti più mandati dei due partiti alleati, e governare la metropoli potrebbe diventare complicato. Più ragionevole una coalizione rosso-verde-nera, benché sempre costretta a continui compromessi.
Angela Merkel
Una delicata partita si apre ora nella Cdu. La Merkel non si nasconde, non volerà a New York all'assemblea Onu per affrontare colleghi e amici di partito, di cattivo umore e pronti a chiedere radicali cambiamenti per arginare l'avanzata populista dell'Afd. Spariscono i simpatici Piraten, impropriamente considerati i grillini teutonici, che dall'8,9 di cinque anni fa scendono sotto il 2. Ai loro 15 deputati non è bastato rifiutare l'auto di servizio andando in bicicletta per conservare gli elettori. Ma ritornano i liberali dell'Fdp, che passano dall'1,8 al 6,5, così al Senato di Berlino saranno rappresentati ben sei partiti. Anche questa una novità assoluta. Una Prussia quasi all'italiana. Diminuito l'assenteismo, il 66 per cento dei 2,5 milioni di elettori è andato a votare, a causa dell'Afd.
«IL 90 PER CENTO ha voluto dimostrare di non essere razzista», dichiara il vicecancelliere socialdemocratico Sigmar Gabriel. La metropoli è multiculturale, oltre il 10 per cento dei berlinesi sono stranieri, almeno il doppio ha radici non tedesche, e ha ben assorbito 24mila profughi nel 2016, ma i problemi sociali sono gravi, anche se la disoccupazione in sei anni si è dimezzata. Mancano le case, esplodono gli affitti, anche a causa di italiani, spagnoli, danesi che hanno fatto incetta di appartamenti. Le scuole sono in uno stato disastroso. Il borgomastro Müller ha chiesto un intervento di 5,5 miliardi per gli interventi più urgenti, difficilmente li otterrà. Già adesso la capitale rossa e luterana sopravvive con i 4 miliardi l'anno che riceve grazie al sistema di compensazione federale dalla Baviera conservatrice e cattolica.
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